Sara Ficocelli, Misteri precolombiani

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da LA REPUBBLICA 30 GIUGNO 2008

di SARA FICOCELLI
Un ingegnere messicano ha ricostruito gli strumenti dell’epoca
Realizzati in pelle e creta, potevano provocare uno stato di trance
Il mistero dei suoni precolombiani
uno studioso li riporta alla vita

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Uno degli strumenti
SE il passaggio dalla vita alla morte avesse un suono, sarebbe il sibilo sordo dei “whistles of death”, i “fischi di morte” delle civiltà precolombiane. A ricostruirli meticolosamente ci ha pensato un ingegnere di 66 anni, di Città del Messico, appassionato di musica e archeologia. Roberto Velazquez ha dedicato gli ultimi anni della sua vita a rimettere insieme i pezzi – non solo in senso metaforico – di una civiltà che a partire dal 1800 a. C. ha riempito il Messico di mistero.

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FOTO: GLI STRUMENTI RICOSTRUITI DA VELAZQUEZ

Creta, piume di tacchino, canne da zucchero, pelle di rana. I materiali naturali venivano modellati, tirati e cuciti per dar vita a un un “whistle of death”, strumento musicale scoperto per la prima volta, accanto a uno scheletro, dall’esperto di archeologia di musica preispanica Arnd Adje Both. Finora questi oggetti, usati da Maya e Aztechi, erano stati relegati al ruolo di gingilli ornamentali, declassati nei musei tra tra i pettini da donna e gli attrezzi da caccia. Una fine che all’ingegnere meccanico Roberto Velazquez non è mai andata giù, “e non parlo solo dei musei messicani ma di quelli di tutto il mondo”, spiega.

Da qui la decisione di ricostruirne l’aspetto e la storia. Ma sopratutto di andare a scavare nel mondo di quella musica oscura che, secondo alcuni, veniva utilizzata per definire strategie di guerra, secondo altri per terrorizzare il nemico durante la stagione della caccia. Secondo Velazquez, i fischi di morte erano la porta “tascabile” per dialogare con dio, per annunciargli l’arrivo del sacrificio e confermargli che il raccolto, quell’anno, era andato bene. Un suono terrificante, sinistro e pieno di energia, tanta quanta ne serve per accompagnare il defunto nel cammino verso l’aldilà.

Velazquez, per ricostruire gli strumenti, ha percorso il Messico in lungo e in largo, maneggiando oggetti datati 400 a. C. e rileggendo tutta la documentazione scritta sull’argomento. Un lavoro da maestro, che però non sarebbe servito a niente senza lo sforzo ultimo e più affascinante, quello della riproduzione del suono. Cercare il punto di equilibrio che trasforma un rumore in musica non è stato facile, anche perché questi oggetti non sembrano fatti per celebrare momenti di festa, o almeno non nel senso moderno inteso da noi.

Roberto Velazquez ha tenuto per anni fra le labbra un’ancia di pelle di rana, prima di scoprirne il segreto. A tutt’oggi nessuno può sapere se il risultato sia davvero quello riprodotto dagli antichi. Quel che è certo è che, soffiando, stringendo e tappando questi strumenti alla ricerca della loro anima, Velazquez è riuscito a estrarre da loro un suono che a tratti sembra una melodia di festa e a tratti un canto di morte. La loro forma, che spesso richiama sagome animali o maschere divine, lascia spazio all’interpretazione.

Il lavoro del ricercatore è stato affiancato da un’equipe di studio tutta messicana composta da archeologi, storici e musicisti, e da esperti come il direttore del dipartimento di archeologia della Del Valle University del Guatemala, Tomas Barrientos. “Fino a dieci anni fa – racconta il professore – non si sapeva nulla di questi oggetti. Oggi questo è un settore che interessa moltissimo: merito della rivalutazione delle collezioni museali e della passione di qualche collezionista privato”.

Secondo l’archeologo Paul Healy, che nei primi anni Ottanta scoprì preziosi strumenti musicali di origine Maya nel Belize, molti di questi sono ancora in grado di funzionare e, anzi, riportarli in vita è più che possibile. “Trovarne alcuni rotti è stata una fortuna – spiega – perché ci ha permesso di capire come sono stati fabbricati e quindi anche con quale logica”.

Secondo il parere di altri specialisti, la musica dei fischi di morte serviva per mandare il cervello in trance, ricreando una sensazione vicina all’effetto delle moderne droghe. Allucinogeni, dunque, e molto più efficaci di un antifurto per tenere lontani i nemici. Eppure, come ricorda Roberto Velazquez, il segreto della civiltà precolombiana resta sepolto sotto millenni di storia. Forse la musica, come solo lei sa fare, riuscirà a riportarlo in vita.

(30 giugno 2008)

Sara Ficocelli, Misteri precolombianiultima modifica: 2008-07-01T17:06:42+02:00da mangano1
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