Maurilio Riva, Un provetto Pasquino operaio

Umane r/esistenze

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Dall’epoca delle passioni tristi all’era dei testimoni dell’agire

 

Un provetto Pasquino operaio

 

Le mie notti sono di frequente attraversate da persone del passato che mi vengono a trovare, non parlano ma mi fanno intendere che vogliono essere ricordate. Appena il mattino arriva, mi siedo alla scrivania, accendo il computer e scrivo una storia, una delle tante che urgono per trovare una forma leggibile da tutti.

2.jpgOggi è la volta di un operaio “riconvertito” e messo come un pacco dentro un Info Center, dopo essere stato spogliato delle sue competenze professionali di abile costruttore di macchine speciali, impoverito della sua cultura e della sua dignità di mestiere, invecchiato anzitempo.

Lui, che ogni tanto estraeva dal portafoglio una foto in camice blu di provetto operaio del Rima,3.jpg schiuso sull’ispido petto, catenina d’oro di non so quale santo o madonna, un bel ciuffo da anni ’70, jeans a zampa d’elefante e chiedeva: <<Hai visto che bel figliolo?>> e forse riandava col pensiero a tutti i cuori infranti dalla sua maschia avvenenza cremasca.

Ora caracollava di capannone in capannone, scortato da un bel giovane ribelle a sufficienza ma già sulla strada di un imprevisto intruppamento.

Il mattino pilotava la moglie al parcheggio dei capannoni aziendali, poi con una scusa puerile ogni giorno differente si dirigeva verso il bar di Monzoro dove lo attendeva un ricco panino farcito e un sano bicchiere di vino, l’ennesimo caffè e chissà quale numero delle quotidiane sigarette.

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Non è appurato se accompagnasse il tutto con un cicchetto, più veritiero che raddoppiasse o triplicasse la bevuta di un “bianco

 

Tornava all’appuntamento lavorativo con grande fatica e, fra sé e sé, si domandava cosa diavolo avessero tracannato tutte le persone che incontrava, dentro il recinto aziendale, per il loro procedere incerto e ballonzolante.

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Recuperava il suo smalto quando gli veniva l’ispirazione di scrivere.

 

Oggi, 2 novembre, GIORNO DEI MORTI, ho preso ufficialmente possesso della mia nuova scrivania. Sarà anche una coincidenza ma ho l’impressione che il futuro non mi arrida troppo!

 

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Sì, poiché lui era il famoso “Pasquino” dello stabilimento di San Siro e i suoi testi sulle malefatte aziendali avevano raggiunto un grado elevatissimo di audience nel numero di lettori e sostenitori spesso femminili.

Chi era Pasquino? Leggiamo dalle sue parole:

Pasquino era un ciabattino che viveva all’epoca della Santa Inquisizione. Tipo ribelle e molto anticlericale, si dilettava nottetempo a scrivere insulti e contumelie nei confronti del Papa sulle mura del Vaticano. Un giorno però fu scoperto in flagrante dalle Guardie e venne appeso per i pollici in Piazza S. Pietro finché morte non sopraggiunse.Le pasquinate però non finirono con Pasquino perché  figli, nipoti e pronipoti ne proseguirono la rischiosa tradizione.

 

 

Ai piedi della statua, ma più spesso al collo, venivano  appesi  nella notte fogli contenenti satire in versi, dirette a pungere i personaggi pubblici più importanti. Erano le cosiddette “pasquinate”, dalle quali emergeva, non senza un certo spirito di sfida, il malumore popolare nei confronti del potere e l’avversione alla corruzione e all’arroganza dei suoi rappresentanti.Durante il fascismo, in occasione dei preparativi per la visita di Hitler a Roma, Pasquino riemerse da un lunghissimo silenzio per rilevare la vuota pomposità degli allestimenti scenografici  che avevano messo la città sottosopra per settimane:

Povera Roma mia de travertino!

T’hanno vestita tutta de cartone

pè fatte rimirà da ‘n’imbianchino

tuo prossimo padrone”.

 

Il “nostro” Pasquino pontificava su tutto e lo faceva con un’arguzia encomiabile, un’acuminata ironia, un sarcasmo corrodente e, innanzi tutto, un corretto italiano.

Le “pasquinate” che scriveva nottetempo le appendeva di buonora, a tutela dell’anonimato, in un punto strategico della fabbrica.

Il trasferimento del suo storico reparto da Milano a Castelletto di Settimo M.se, il lento ma inesorabile smantellamento, la messa in mora di tanti compagni di lavoro, il suo progressivo cambio di mansioni e di collocazione gli hanno sottratto questo ruolo.

Di tanto in tanto si concedeva il ritorno alla scrittura e tratteggiava fulminei ritratti di persone e episodi che ti strappavano il sorriso o, meglio, una cospicua risata.

Quando si diverte a mettere un compagno di lavoro alla berlina:

Oggi Centemeri (abbrev.: “Cent”) mi ha pregato vivamente di non chiamarlo più “Nuantacinc” perché si sente sminuito!

Quando prende in giro le difettose competenze di un collega:

Oggi E.A., con l’atteggiamento di chi la sa lunga, mi fa: – vedi Paolo, per svolgere bene il nostro lavoro sono indispensabili due virtù: ordine e memoria.

Dopo un paio di minuti E.A. interrompe le mie attività per chiedermi imperturbabile:

– Paolo, sai dove ho messo le istruzioni per fare i Dump che non mi ricordo più come si fa?

 

Quando racconta le proprie vicissitudini nella nuova attività lavorativa:

Ieri mi è stato chiesto di “killare un file”. Considerata l’indole mansueta, il mio rifiuto è stato categorico e fermo. Perché a questo punto i miei colleghi si sono dati le gomitate?

Quando prende in giro innanzi tutto se stesso:

Da qualche giorno si sta osservando Pasquino smanettare furiosamente la tastiera del suo terminale. La cosa incuriosisce il popolo che non comprende ragione per tale frenetica attività. Finché, con notevole diplomazia, al fine di non turbarne la suscettibilità, E.A. lo interpella sull’argomento. Risposta di Pasquino: – Sto cercando di trasformare i “bit” in “BOT”!

Sgomento generale.

Teneva alle sue scritture, tanto da averle fascicolate in un opuscolo fai-da-te che tuttora conservo, intitolato:

1980

Vita, morte e miracoli della fauna del reparto “Macchine Speciali”, raccontata giorno dopo giorno.

N.B. Chi lo ruberà “ci” possa morire la mamma e il papà.

Pasquino

È il resoconto fantastico e picaresco, lungo quattro mesi, sulle vicissitudini del suo reparto a giornaliero confronto con il trasferimento, armi e bagagli, dallo shed di S. Siro all’8° capannone di Castelletto di Settimo M.se.

Inconfutabile che si stesse chiudendo una memorabile stagione e, in modo confuso, si intuisse che se ne stava aprendo un’altra – foriera di profonde modificazioni al modo di lavorare, alla forma di organizzazione e di lotta, al concetto di gruppo coeso, affiatato, propizio – in fondo a cui ognuno sarebbe ridiventato un solitario numero in balia degli eventi.

Quasi come il primo giorno di lavoro, solo che allora eri giovane e pieno di belle speranze e avevi comunque un alveo sperimentato ad attenderti. Avevi la storia in carne e ossa con i suoi riti e i suoi miti che ti accoglieva a braccia aperte nonostante il lungo periodo di gavetta da dover scontare.

Una storia che subiva fendenti feroci e quelle carni, quelle ossa oggi erano costrette alla ritirata.

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Improvviso calo di prezzo del sangue a causa delle eccedenze sul mercato. Un tale crollo non si registrava dalla data dell’ultimo sciopero generale!

M. intenzionato seriamente a denunciare P. e L. per diffamazione aggravata: mettevano in dubbio, oltre alla efficienza erotica, la sua posizione circa lo sciopero di domani.

Giuàn, ribattezzato “Giuda Iscariota” si vende per 30 miseri denari colpendo alle spalle l’ignaro amico. Da oggi si ritirano gli ambasciatori e cessano i rapporti diplomatici.

N. si “prostituisce” all’Avis per mantenere la sua “Golf”.

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Dramma nella notte a Settimo Milanese.

La famiglia “Cina” è proprietaria dal giorno del matrimonio di una radiosveglia. Questo diabolico strumento è molto utile a chi è duro di orecchi e pesante di sonno ma combina scherzi allucinanti in casi di mancanza di corrente. La notte scorsa, “Cina” e consorte, dopo aver ottemperato con zelo agli obblighi coniugali, alle 23.30 prendevano sonno; alle 00.30, un imprevisto black-out mandava in tilt la radiosveglia che si metteva a suonare il “buongiorno” a tutto volume. La signora “Cina”, abituata da sempre alle levatacce, dopo essersi lavata i capelli, fatto il “biderino” e truccata con cura, sollecitava il “Cina” a sbrigarsi che la colazione era pronta. Dopo che il “Cina” aveva consumato il consueto spuntino di 14 michette “pucciate” in un calderone di latte, i due a braccetto come sempre si avviavano alla fermata dell’ATM.

I “Cina” cominciano ad avere qualche sospetto quando alla fermata non vedono nessun pendolare. Alle 2.00, all’uscita del terzo turno della “Fedeli S.p.a.” un gruppo di operai in bicicletta passava frettoloso davanti a loro; qui i due già davano segni di smarrimento. Alle 3.00, la guardia notturna, mossa da umana compassione li avvertiva che il primo pulmann sarebbe passato fra 4 ore cioè alle 7.00!!! Mentre i due ritornavano verso casa, il “Cina” era di tanto in tanto colto da crisi isteriche.

Lei, con vigorosi scrolloni lo riportava alla realtà. Il giorno dopo, il “Cina” aveva due borse sotto gli occhi così grosse che ci stava anche la spesa.

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Marinella, l’impiegata bella, spende 36.000 lire per farsi mettere un po’ di trucioli sulla testa da un effemminato “coiffeur-pour-dames”. Si fosse rivolta a M. il tornitore avrebbe di sicuro risparmiato!

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Violenze razziali nei confronti di Pasquino perché considerato di “razza gnogna”.

Soprattutto nello spogliatoio, il poverino è costretto sovente a subire le angherie e le violenze di un gruppo di giovinastri i quali, aizzati da Giuàn (che di recente si è iscritto al Ku-Klux-Klan) sfogano i loro bestiali istinti anti-razzisti. Invano il Pasquino si appella alla Costituzione. Uno dei giovinastri l’ha costretto a ballare il “reggae” sparacchiandogli con la P38 fra i piedi. Pasquino subisce ma nel suo sguardo si intravede la vendetta “Vudù” che a breve scadenza si abbatterà sugli sciagurati.

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Visto che la Direzione Aziendale non si fa sentire circa i nomi dei disagiati, l’Ayatollah-Pierino decide di fissare per le 10,15 l’inizio della rivoluzione. Intanto le macchine cominciano a partire. M. segue con sguardo attonito il suo tornio che di forza viene strappato dalla sua sede. Una lacrima luccica nel suo sguardo.

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Il reparto Rima, detto anche “Circo Barnum” approda a Castelletto.

Animali-operai con sguardo attonito si aggirano per l’8° capannone; qualcuno piange senza ritegno. Pasquino ride con i denti che non ha più e uno strano alone di zolfo aleggia intorno a lui; al posto dei piedi gli stanno crescendo degli zoccoli equini e pare cominci a spuntargli la coda.

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M., dato per disperso, fa giungere sue notizie da Arese dove è stato trasportato e messo a lavorare in catena di montaggio. Infatti, il poveretto giungeva in P.le Lotto più “indormentato” che mai e invece che sui pulmann della Sit-Siemens, si infilava su quello diretto all’Alfa Romeo di Arese.

Preoccupazione in tutto il reparto.

Oggi, con grande stupore, abbiamo scoperto che a Castelletto, c’è un’infermiera con la barba e sette etti abbondanti di attributi in mezzo alle gambe.

Il R., sottoposto a cura dimagrante intensiva, da tre giorni non ha più “erezioni”. Sorpreso nel cesso a parlare col suo pisello che apostrofa con parole dolci. Farà un ultimo tentativo con “Maria-Tripirla” dopodiché comincerà a pensare al suicidio.

Man mano che il tempo avanza ci rendiamo tragicamente conto che la fauna femminile è scadente. Qualcuno comincia ad abbracciare i pali. Rosanna sottoposta a corte serrata da parte di un branco di mandrilli infoiati.


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Pasquineide” ovvero: La tragedia di Pasquino.

La vicenda incomincia all’alba con Pasquino che viene investito da una valanga di epiteti irripetibili dalla “Jena” perché nottetempo aveva provocato un buco di 10 mm. nella trapunta Bassetti con la sua “Nazionale”.

Recatosi dal dentista, questi gli sbatacchia sotto il naso la parcella che ammonta a L. 1.000.000 (un milione).

Pasquino reagisce con apparente indifferenza. Poi, prende a schiaffi una vecchietta che gli chiedeva di aiutarla ad attraversare la strada.

Alle 10.00, Pasquino arriva a Castelletto e, non trovando altro spazio, posteggia la macchina sotto un cartello “senza sacco”. A mezzogiorno, ennesima umiliazione a scopa con perdita economica di L. 100 (cento lire). Alle 15.00 Radio-Castelletto lancia un annuncio drammatico: tre gnogni del Rima hanno preso la multa: R., N. & Pasquino. R. tenta il suicidio annegandosi nella doccia; N. prende il Pierino per il collo e non lo abbandona finché il poverino non assume un colorito “blu violetto”. Pasquino, ormai al limite della disperazione, viene bloccato miracolosamente dalle guardie quando era ormai giunto quasi in cima al “Fungo”, da dove, con un volo spettacolare, avrebbe posto fine alla sua disperata esistenza.

Sono solo alcuni brani di quell’opuscolo in cui si avverte una stanchezza ideale rincuorata da una ragguardevole ironia.

Spiace che non siano riproducibili i manifestini precedenti di Pasquino, quelli incentrati sulle lotte sindacali e sui comportamenti aziendali.

È un’altra storia dal basso che è venuta meno.

Quando Paolo è arrivato nel Centro, nel 1990, mi è stato affidato affinché gli facessi da tutore. Ho cercato di insegnargli quel poco o tanto che sapevo e quel poco o tanto che lui era disposto a voler apprendere. Ho provato a trasmettergli un metodo di apprendimento che avevo sperimentato su me stesso ma ho constatato che non gliene importasse granché.

Sono stato male per colpa sua quando chiedeva ad altri le nozioni che non aveva memorizzato perché si vergognava di doverle richiedere a me. Con il duplice risultato di farmi adombrare e di espormi a una brutta figura come tutore incaricato.

Abbiamo fraternizzato e ci siamo incazzati in modo vicendevole come spesso capita fra caratteri forti, tanto più se in caduta libera, come eravamo entrambi.

Tuttavia, sono convinto che avrei potuto dedicare maggiore comprensione alle sue difficoltà e al suo spaesamento che, in parte, era uguale al mio.

Ho trovato fra le sue carte questa frase:

È strano, quando Riva è incazzato a me scappa da ridere, quando sono incazzato io, lui scoppia a ridere! Dov’è finita l’uguaglianza?

Provo a consolarmi pensando che quando una nave imbarca acqua fino al punto di inabissamento nulla e nessuno possono farci nulla.

 

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Eppure, fuori dall’azienda, era una persona attiva, orgogliosa di ricoprire la carica di Presidente della Cooperativa Edificatrice.

Più di una volta gli ho sentito dire con un moto di fierezza che la Società di cui era la figura più rappresentativa aveva saputo procurare la casa, a prezzi popolari, a più di 800 famiglie in poco tempo.

Qualche anno dopo, cinque per l’esattezza, mi sorprenderà la sassata dell’annuncio della sua morte. Ero stato trasferito dal medesimo tempo in un’altra divisione aziendale, collocata dalla parte opposta dei capannoni dove lui era rimasto.

Ci si incontrava poco per ragioni di scarsa mobilità fra reparti l’uno dall’altro separati da guardiole e cancellate.

Se n’è andato a 53 anni. Il fegato spappolato dall’abuso di pernod. Un compagno di stanza racconta che è morto solo, nel letto d’ospedale, sul fare di un nuovo giorno, mentre stringeva stizzito i pugni.

Al cimitero lo hanno accompagnato in tanti.

Da “uomo dei necrologi” ne ho scritto, per lui, uno schietto:

Non sarà il “Rima” ma nel posto in cui sei andato chissà quante pasquinate scriverai ancora.

tanto che sua moglie ha chiesto a una terza persona di informarmi che avrebbe gradito parlarmi. Non me la sono sentita e, come al solito, ho sbagliato.

L’anno successivo la Cooperativa Edificatrice di cui era stato fra i suoi illuminati presidenti ha istituito un premio di Pittura a suo nome che ha già raggiunto l’undicesimo anno di attiva esistenza.

Maurilio Riva

Maurilio Riva, Un provetto Pasquino operaioultima modifica: 2009-04-30T11:56:00+02:00da mangano1
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