8 Aprile 2010 – Musica, News
Con il brano «Mio zio» Carmen Consoli vince l’ottava edizione del Premio Amnesty Italia 2010
di anna nolli
«Gli abusi sui minori si consumano in famiglia, molto in famiglia, troppo in famiglia. La famiglia è il luogo fisico e ideale nel quale dovremmo trovare sempre rifugio e protezione e invece diventa troppo spesso il teatro di mostruosità»: così Carmen Consoli, autrice di «Mio zio», un brano sulla violenza domestica, ha ringraziato Amnesty Italia per il premio indetto nel 2003 dalla Sezione Italiana di Amnesty International e dall’Associazione culturale «Voci per la libertà» per premiare il migliore brano sui diritti umani pubblicato nell’anno precedente.
«Sono onorata e felice di questo premio – ha aggiunto la Consoli -. Appoggio Amnesty International ogni volta che posso.
Parlare apertamente degli abusi sui minori è il modo migliore per sgretolare questo teatro dell’orrore. Grazie, Amnesty, per dare un megafono al grido di dolore dell’innocenza perduta».
Il brano «Mio Zio», contenuto nell’ultimo album «Elettra», racconta la sofferenza, l’impotenza e la vergogna di una bambina violata da una persona perbene. «E’ ora di riconoscere che la violenza di genere è la violazione dei diritti umani più diffusa nel mondo, che donne e bambine hanno bisogno di solidarietà nel loro cammino verso l’autodeterminazione vera. La canzone di Carmen Consoli può dare coraggio e consapevolezza», ha commentato Christine Weise, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International.
L’artista catanese riceverà il premio a Villadose (Rovigo), nel corso della serata finale del concorso «Voci per la libertà – Una canzone per Amnesty», in programma dal 22 al 25 luglio.
Gli altri brani in concorso quest’anno erano: «Carovane» (Sergio Cammariere), «Anja del settimo cielo» (Grazia Di Michele), «Date a Cesare» (Dolcenera), «Parole che fanno bene» (Niccolò Fabi), «A sangue freddo» (Il Teatro degli orrori), «Scappa» (Piotta), «Tancredi e Clorinda» (Radiodervish), «Non possiamo chiudere gli occhi» (Eros Ramazzotti) e «Donna che parla in fretta» (Marina Rei).