Paolo Flores D’Arcais Artisti, impegno e volgarità

Paolo Flores D’Arcais
Artisti, impegno e volgarità
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29 maggio 2010
Che scelta esistenziale è (rispetto alla serietà e allo svago) dedicarsi alla “dissacrazione” di una delle poche vici civili che ancora si levano in questo paese? Che rischia la vita anche per noi?

Beato il paese che non ha bisogno di eroi, questo si sa. E, in subordine, il paese che, avendo la disgrazia di aver bisogno di eroi, riesce a fare a meno, almeno, dei dissacratori di eroi. Nell’Italia ridotta a macerie, materiali e morali da quasi un ventennio di regime, siamo costretti invece all’eroismo di qualcuno, con annessa e puntuale dissacrazione del medesimo: ignobile e insopportabile. Roberto Saviano ha quasi trentun anni. Da quando ne ha ventisette vive sotto scorta, praticamente come un esiliato in patria. Anzi peggio, molto peggio. In quotidiano pericolo di vita. È un privilegiato, però (dicono): scrive, fa conferenze, ha successo, può andare in tv con la gratificazione di ascolti altissimi. Che vuole, di che si lamenta? Veramente Saviano non si lamenta affatto, sono altri che si lamentano di lui.

Del suo essere simbolo di eroismo civico, mentre in realtà svolge una “certa funzione, in fondo consolatoria e rassicurante, in un mondo in cui il conflitto politico è stato sostituito dalle contrapposizioni morali o moralistiche”. Ho citato dalla “quarta” di un saggio appena pubblicato da Manifestolibri, “Eroi di carta”, di Alessandro Dal Lago. Reazionari di ogni risma ci si sono buttati a pesce, golosamente.

Sia chiaro, si può criticare chi si vuole, da Gesù a Maometto, figuriamoci se non si può fare a pezzi un libro di Saviano, o anche di Salman Rushdie. Dal Lago tuttavia non intende far opera di critica letteraria. Dal Lago è un sociologo, uno dei migliori, anzi. Vuole demolire un libro-mito e un autore-simbolo, per motivi sociologici, di sociologia civile. Perché? In che cosa consiste, per una democrazia calpestata e umiliata come la nostra, a rischio non più di regime (ci siamo dentro da tempo) ma di un ulteriore tracollo verso forme di fascismo post-moderno, il pericolo costituito da Saviano e dal suo libro, per quel che della democrazia resta, al punto da dedicarvi il tempo e l’intelligenza di scriverci un libro sopra?

In soldoni: perché ethos e pathos di Saviano e del suo libro sarebbero perfettamente dentro un orizzonte compiutamente mediatizzato, speculari al fenomeno berlusconiano, che è riuscito a trasformare realtà e coscienze in spettacolo onnipervasivo. Saviano, dunque, con tutto il suo anticamorra e antiberlusconismo ex-professo, sarebbe saturato di logica e di affabulazione berlusconiana, compreso il narcisismo ipertrofico, visto che il vero oggetto di Gomorra sarebbe non già la camorra ma l’io narrante. Desumo questa sintesi dai tanti commenti già usciti, che su questa caratterizzazione sono tutti concordi.

Nel libro ci sarà certamente molto di più, per spiegare e giustificare le tesi. Parla dopo averlo letto, allora, con cognizione di causa, non accodarti a difendere aprioristicamente il solito santino giustizialista, ammonirà pronto il cerchiobottista d’ordinanza, altrimenti sei un dogmatico. No, non lo leggerò, e spero che siano davvero pochi, nell’Italia che vuole resistere e anzi passare all’offensiva – MORALE e di conseguenza politica – per liberarsi da un regime sempre più cupo, quelli che dissiperanno il loro tempo per leggerlo. Perché c’è una sola risorsa che nell’esistenza umana è ontologicamente scarsa: il tempo, visto che comunque prima o poi (il che significa comunque sempre troppo presto) la vita si chiude mentre infinite restano le cose che vorremmo fare o aver fatte.

Scegliere di leggere un libro, o di scriverlo, fa parte perciò delle scelte esistenziali. Se dedichiamo qualche ora della nostra vita a leggere un libro contro Saviano, o alcune settimane a scriverlo, le sottraiamo a qualcos’altro. Ovvio che abbiamo bisogno anche di distrarci, che la giornata non può essere tutta serietà e impegno. Ma che scelta esistenziale è – rispetto alla serietà e rispetto allo svago – dedicarsi alla “dissacrazione” di una delle poche voci civili che ancora si levano in questo paese? Che rischia la vita anche per noi? Che non può farci niente se questo rischio sembra retorica, fino a che – speriamo cent’anni – non diventa tragedia? Francamente, meglio leggere Saviano, meglio scendere in piazza contro Berlusconi e le sue camorre, meglio condividere pizza e gelato con gli amici. Per non parlare del sesso.

Da il Fatto Quotidiano del 29 maggio

Paolo Flores D’Arcais Artisti, impegno e volgaritàultima modifica: 2010-05-29T19:32:50+02:00da mangano1
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