Paolo Franchi, La sfida di Vendola

Il Pd sbaglia a sottovalutare la sfida di Vendola
Articolo di Paolo Franchi pubblicato su Corriere della Sera, il 27/07/10

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Chiaro, chiarissimo. Le possibilità di Nichi Vendola di imporsi, quando ci saranno, nelle primarie, sparigliando i giochi dei centrosinistra e ripetendo sul piano nazionale quel che ha fatto per due volte in Puglia, sono molto limitate. E ancora più difficile, per non dire impossibile, sarebbe vincere, con lui candidato premier, le elezioni. Ma bisogna fare attenzione. Con questi chiari di luna, la sua decisione di mettersi con larghissimo anticipo in gara, che in situazioni «normali» (sempre che ne esistano) sarebbe un diversivo o poco più, non si lascia liquidare con un’alzata di spalle e una battuta. Piaccia o no, la scommessa di Vendola, che non riguarda solo quel che resta della sinistra cosiddetta radicale, smuove le acque stagnanti del Pd e dintorni. E già questo è un bene. È il caso, dunque, di seguirla con serietà, e anche con rispetto. A cominciare dal suo tratto più originale e qualificante. A differenza dei suoi (futuri) competitori, Vendola non gioca di rimessa. Prova a prendere per le coma una questione, quella dell’identità, della capacità (e prima ancora della voglia) di mettere insieme un punto di vista autonomo, una soggettività, in una parola un’anima: tutte cose che la sinistra e il centrosinistra italiani, dopo tanto affannarsi senza costrutto, sembrano considerare ormai materiale d’archivio. E non sembra preoccuparsi troppo di chi mette polemicamente l’accento sulla forte dose di populismo del suo discorso e della sua stessa figura di leader politico. Anzi, il suo populismo democratico e di sinistra apertamente lo rivendica, nella convinzione che non si tratti di un retaggio del passato, ma di una forma ineludibile della politica moderna, sempre che questa possa e voglia ancora produrre passioni e cambiamenti. A destra come a sinistra. A chi, comprensibilmente, si preoccupa e storce un po’ il naso, è pronto a replicare che anche di questo ci parla il lungo spariglio vittorioso di Obama, l’outsider per eccellenza dei nostri tempi. E il realismo, la moderazione, la conquista di una quota consistente del centro, senza la quale la parola vittoria è per la sinistra addirittura impronunciabile? Se si tratta di virtù (e non è detto che anche Vendola, molto meno estremista di quanto si creda, non le consideri tali), vanno declinate in una chiave assai diversa da quella utilizzata, con scarso successo, sin qui. In ogni caso, pensare di farlo affidandosi alla pura manovra politica, senza aver prima ricostruito una convincente «narrazione» (parola magica del lessico vendoliano) di sé, del Paese, del mondo, porta dritto alla sconfitta. Peggio: impedisce di giocare la partita, per il semplicissimo motivo che la partita continuerà ad essere giocata nel campo avversario. Sempre che, naturalmente, non si immagini che tutto consista nel trovare un modo per inserirsi in qualche combinazione che consenta di scalzare Silvio Berlusconi. Ma, dice Vendola, non si va lontano cercando «le forme dell’estromissione del sovrano senza rendersi conto che il punto è mutare la cultura del regno». Su questa esigenza almeno, è difficile dargli torto. E giusto riconoscere a Vendola notevoli capacità affabulatorie. Se è per questo, è lecito anche diffidarne un po’. Ma la novità della scommessa rimane. E resterebbe anche se, alla fine, servisse solo a scaldare il cuore di una parte (non necessariamente piccola, e non necessariamente «radicale») della sinistra che in questi anni, delusa e intristita, si è ritirata, e a richiamarla in campo. Non riguarda solo il presidente pugliese. Riguarda pure, eccome, i dirigenti del Pd e del centrosinistra che da Vendola sono stati chiamati pesantemente in causa, e il rapporto che hanno con la loro gente. Possono far finta di niente, limitarsi a dei sarcasmi, alludere a qualche gioco di sponda. Ma sarebbe l’ennesimo errore. Se Vendola un merito lo ha, è quello di dire la sua, come si conviene agli sfidanti, per guasconi che siano: lo fa confidando sull’afasia degli sfidati. Sta a loro, se ne sono capaci, smentirlo. In caso contrario il discorso di Vendola rischierà di restare, a sinistra, l’unico discorso riconoscibile e compiuto.

Paolo Franchi, La sfida di Vendolaultima modifica: 2010-07-28T11:13:29+02:00da mangano1
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