Marcello Sorgi, Ha vinto eppure ha perso

Ha vinto eppure ha perso
Articolo di Marcello Sorgi pubblicato su La stampa, il 30/09/10
marcello sorgi 766.jpeg

Non è semplice spiegare che Berlusconi è stato sconfitto ottenendo una delle maggioranze più larghe – 342 voti – che, tolta l’epoca dei governi di unità nazionale, si siano mai viste a Montecitorio. Ma è così. La fiducia che il premier ha avuto dalla Camera non ci sarebbe stata senza i voti determinanti dei finiani e dell’Mpa, il movimento autonomista del governatore siciliano Lombardo, che hanno stipulato una specie di patto federativo dopo aver spedito in Sicilia il Pdl all’opposizione.
Malgrado gli apporti di gruppetti di fuorusciti e singoli deputati, che hanno affollato il dibattito parlamentare, l’autosufficienza inseguita invano dal Cavaliere, in settimane e settimane di calciomercato, è franata tutt’insieme.
Inoltre, dopo quel che è accaduto, non solo Berlusconi, ma anche Bossi è nelle mani di Fini: alla prossima votazione importante, guarda caso proprio quella sugli insulti del Senatùr contro i romani, la mozione di sfiducia individuale presentata contro il leader della Lega, in quanto ministro, potrebbe essere approvata con gli stessi voti che sono risultati indispensabili per tenere in piedi il governo.
Si sa: Berlusconi è il classico gatto dalle sette vite e in questi sedici anni il dopo-Berlusconi è stato proclamato troppe volte senza che sia mai cominciato. Eppure è difficile credere che chi adesso ne dispone non sia tentato di chiudere il rubinetto dell’ossigeno a un capo di governo che negli ultimi mesi è stato descritto (e ha messo del suo per farsi descrivere) come un tiranno, un despota avvezzo a stroncare con minacce, censure, espulsioni, non il dissenso, ma qualsiasi discussione interna al suo partito. È che ieri, ormai consapevole della sua debolezza, s’è presentato alla Camera come un nuovo Andreotti: disponibile, morbido, umile, avvolgente, illuso da se stesso che uno dei suoi infiniti travestimenti potesse bastare a muovere a compassione la schiera di avversari dichiarati e nascosti che gli avevano teso l’agguato. Se non fosse che in politica i sentimenti non contano, o contano assai poco, e il Cavaliere dovrebbe saperlo, si potrebbe anche dire che ce l’ha messa tutta, mentre sciorinava il suo finto amore per il dissenso, la disponibilità dichiarata, ma per mesi rinnegata, a discutere ogni emendamento, ad accettare proposte migliorative, distinzioni, critiche, perfino a riconoscere la terza gamba – i finiani – di una maggioranza che finora era andata avanti solo con due, la sua e quella di Bossi.
Chissà quanto dev’essergli costata quell’innaturale citazione di Piero Calamandrei, il padre costituente che più di sessant’anni fa si batté per l’introduzione della Corte Costituzionale, l’autore di uno storico elogio della magistratura. Chi lo ha ascoltato sapendo di chi parlava, non credeva alle proprie orecchie: lui, Berlusconi, il nemico dei giudici della Consulta, che ha sempre giudicato comunisti, e delle toghe politicizzate, che s’inchina a sorpresa ai suoi avversari.
Incredibile. Si vede che nel Parlamento della Seconda Repubblica non sono in molti a conoscere la storia della Costituzione. Così la conclusione a cui si è arrivati rappresenta per il premier un completo fallimento. Al punto che, nei corridoi del Parlamento che si svuotava, dopo una giornata unanimemente considerata di svolta, erano tanti a esercitarsi sulle sorti della legislatura. Da qualsiasi punto la si guardi, infatti, la diagnosi per Berlusconi è funesta: come tutti i malati gravi, il governo può resistere ancora un po’, se Fini deciderà di cucinare a fuoco lento l’ex alleato divenuto suo persecutore, riservandogli la vendetta come il classico piatto freddo. Oppure precipitare rapidamente, per esempio sulla mozione di sfiducia a Bossi, o perché Bossi medesimo decide di sfilarsi. Il leader leghista non ha fatto mistero con nessuno di essere insoddisfatto: avrebbe voluto subito le elezioni, alle prime crepe apparse nella fragile corteccia del Pdl. Non le ha ottenute. E dalla situazione attuale non ha più niente da guadagnare.
Tutto è dunque in movimento, e sono in molti, forse troppi, a volersi liberare di Berlusconi, perché il gatto dalle sette vite possa sorprendere ancora una volta. Di qui alle elezioni anticipate, lo sbocco obbligato a cui ognuno dei contendenti già si prepara, non è detto tuttavia che il percorso sia lineare. Figurarsi: nell’aria è già tornata la voglia di un governo d’emergenza che faccia prima una nuova legge elettorale, per poi alzare una lapide definitiva sul ventennio berlusconiano. E se è presto per dire come e con chi ci si arriverà, si può essere certi che quella di ieri è solo una forte scossa, non la prima né l’ultima, purtroppo, di un terremoto che a lungo farà ballare il Paese.

Marcello Sorgi, Ha vinto eppure ha persoultima modifica: 2010-09-30T17:58:06+02:00da mangano1
Reposta per primo quest’articolo