Miro Renzaglia, Mignottocrazia

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L’articolo che segue è stato pubblicato sabato scorso, 27 novembre, sul Secolo d’Italia.

La redazione

MIGNOTTOCRAZIA
LA SERA ANDAVAMO A MINISTRE
miro renzaglia

Un proverbio napoletano, largamente ripreso in su e in giù per la Penisola, recita: «È chiù meglio comannare che fottere». Questione di gusti, s’intende, ma a me non persuade. Sarà che altro detto recita che se vuoi comandare prima devi imparare ad obbedire e a me obbedire non è mai riuscito troppo bene, ma preferisco di gran lunga la seconda opzione. In ogni caso, non dev’essere d’accordo nemmeno il nostro presidente del Consiglio che si sarà chiesto: e perché mai “il godere dev’essere operaio”, come sostenevano certi goliardi antagonisti degli anni 70? Così, non volendo darla vinta ai comunisti e, quel che più vale, non volendo rinunciare a nessuno dei due piaceri, ha creato e poi intrapreso la terza via: comandare e fottere. Anzi e meglio: comandare è fottere. Probabilmente, è da questa stupenda sintesi, osservabile ad occhio nudo nell’esercizio quotidiano di Silvio Berlusconi, che nasce  il termine coniato da Paolo Guzzanti: “mignottocrazia”. Che è anche il titolo del suo nuovo pamphlet, per le edizioni Aliberti, da pochi giorni nelle librerie:  Mignottocrazia, la sera andavamo a ministre.

«Il sistema mignottocratic o – è lo stesso Autore nel corpo del libro a spiegarlo –  consiste nel creare una classe dirigente di esseri umani clonati, robotici, composta prevalentement e da donne ma non soltanto, selezionati secondo criteri di sex appeal. Che poi ci siano o non ci siano incentivi sessuali alla carriera, questo è un optional. Secondo la bibbia del berlusconismo, una bella ragazza con la testa vuota è sempre meglio di una brutta ragazza con la testa piena di idee e di cultura. Le donne ideali da mettere in carriera sono quelle che, dopo aver reso omaggio a papi, vanno a fare un corso alle Frattocchie di Silviocè…». Finendo per ritrovarcele, poi, dopo tanta applicazione, in ruoli istituzionali o amministrativi anche di una certa rilevanza, se vogliamo. Ma pure se non volessimo…

Che male c’è, dopotutto? Dove sta scritto che l’arruolamento nella casta politica debba avvenire per merito esclusivo della militanza di partito? Mica è una norma della Costituzione o una legge. Le vie del Signore sono infinite almeno quanto le vie che portano a Palazzo Grazioli o a Villa Certosa e, da qui, in Parlamento o a Palazzo Chigi. E non è neanche detto che, una volta sul posto, le arruolate non diano qualche segno di buon governo e di sana amministrazion e della Cosa Pubblica. Suvvia, onorevole Guzzanti, non sia così pedantemente moralista: vuole privare il Cavaliere della libertà di adottare i criteri meritocratici che preferisce per selezionare i suoi quadri? Non è forse, il suo, il “Governo del Fare”? Appunto: è nel fare che si riconosce chi sa. Lasci stabilire a lui il nesso che passa fra il saper organizzare una festa di Capodanno con tante ragazze vestite da babbo nataline e la candidatura (vincente)  per un seggio al Parlamento europeo di Strasburgo. Di che s’impiccia lei?

Cosa dice? Ancora con quella storia del Castello di Tor Crescenza, dove alcune convenute ad allietare la serata di Silviocè lo avrebbero indotto a sferrare l’attacco mortale al suo acerrimo nemico Gianfranco Fini, facendogli credere che il presidente della Camera, una volta espulso dal partito, si sarebbe estinto con un manipolo di fedelissimi che non arrivavano alla decina? Che non ci sarebbe stato alcun pericolo per il suo Governo. Che, anzi, la compagine ministeriale sarebbe uscita rafforzata dall’eliminazione dell’oppositore interno. Che non sarebbe stato costretto, mai e poi mai, ad elemosinare  l’appoggio esterno del già ripudiato Casini. Che Bossi non gli avrebbe chiesto per nessuna ragione di correre d’urgenza alle elezioni anticipate. Ma via, Guzzanti, dove vive? Davvero crede al mito della Eva tentatrice che costringe con le sue armi suasive il nostro novello Adamo ad addentare la mela avvelenata del peccato che lo porterà all’espulsione dall’Eden? Eh! ma lei è davvero ingenuo, sa.

E se così è, fa bene a prendere la via dell’esilio verso quel mondo parallelo che evoca all’inizio del suo pamphlet, dove: «Berlusconi è stato arrestato molti anni fa e poi interdetto dai pubblici uffici perché trovato in combutta con un gangster internazionale russo che aveva tentato la scalata al potere, dopo essere stato il capo del Kgb… Le ragazze un po’ mignotte e gli uomini-puttana non entrano in politica… il comunismo non è morto e la Russia si chiama ancora Unione Sovietica».

Comunista. Ecco quello che infine rivela d’essere, lei, Guzzanti. Comunista e in combutta con i comunisti. Se è questa l’alternativa che gradisce al nostro mondo dove, per fortuna, Silviocè e lotta insieme a noi, nessuno avrà nostalgia di lei. Non saranno le ministre, deputate, sottosegretari e, assessore e consigliere a sentire la sua mancanza. E nemmeno i Cosentino, i Blancher, i Dell’Utri, i Verdini, gli Scajola, i Fusi, i De Santis, i Bondi e tutti gli altri insigni uomini di lotta e di governo che illustrano con il loro fare la nostra gloriosa Seconda Repubblica, patiranno la sua assenza.

P.S. Senta Guzzanti, rimanga fra noi, ma nel caso non ce la facessimo a toglierci di torno la mignottocrazia, ci sarebbe mica un posto pure per me su quella scialuppa in partenza per il mondo parallelo?

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Miro Renzaglia, Mignottocraziaultima modifica: 2010-11-30T16:02:20+01:00da mangano1
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