Eugenio Orso,CONFLITTI E STRATEGIE, un blog filocapitalista mascherato

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Conflitti e Strategie: un blog filocapitalista mascherato

dic 24th, 2010 | Di Eugenio Orso

di Eugenio Orso

Questo intervento mi attirerà sicuramente alcuni strali, ma non importa, certe cose si devono dire chiaramente e certi alternativi posticci devono essere smascherati una volta e per tutte.

Qual è la situazione in Italia dell’informazione cosiddetta alternativa, fuori dei circuiti ufficiali, che opera attraverso internet e potenzialmente può raggiungere chiunque?

Non è certo rosea, si potrebbe rispondere, ma qualcosa pur sempre esiste: ci sono siti che fanno controinformazione [ad esempio ComeDonChisciotte, uno dei più importanti e frequentati] pubblicando cose che la stampa ufficiale non diffonderà mai, ci sono isole in cui si discute animatamente attraverso i commenti nidificati e non, talvolta con discorsi confusi, talaltra in modo più apprezzabile, con chiarezza e senza censure.

Bisogna però distinguere il grano dal loglio, e questo è vero soprattutto in uno spazio vasto, eterogeneo, insidioso, in cui c’è di tutto ed il contrario di tutto, com’è la rete.

Questo breve intervento riguarda i falsi alternativi, che si presentano come portatori di un punto di vista originale, in certi casi addirittura anticapitalistico, ma che nella realtà sono soltanto marginali scagnozzi e pubblicisti – volontari, non richiesti e neppure pagati – del berluscones-leghismo che sta demolendo questo paese, o comunque e più in generale “auxilia” minori del più vieto e spietato capitalismo.

Quello che è probabilmente il peggiore fra questi blog, definito in questa sede senza mezzi termini “filocapitalista mascherato”, è Conflitti e Strategie di G.P. e Giellegi, erede degenerato di un più vecchio blog, sostituito in tempi recenti, che si chiamava – e a molti la cosa potrà sembrare persino grottesca! – nientedimeno che “Ripensare Marx”.

La necessità di Ripensare Marx di fronte ad un capitalismo che non soltanto non è più quello ottocentesco, ma che in generale non è più quello del secondo millennio, delineando un nuovo modo di produzione sociale con una nuova base strutturale, è stata avanzata per la prima volta dal filosofo Costanzo Preve durante una conferenza in Roma, ed il messaggio è stato accolto da un professore di economia, classe 1935, ex althusseriano, ex comunista, ex marxista, ex eccetera, di nome Gianfranco La Grassa e da un gruppuscolo a lui vicino.

Il problema è però il seguente: come è stata recepita ed accolta dai suddetti la sensatissima proposta previana [Costanzo Preve non ha alcuna parte nelle vicende di seguito descritte], a quali scopi e con quali esiti finali?

Questi gruppettari del web, partiti dalla dotta analisi lagrassiana delle fasi capitalistiche, ed in particolare di quella attuale della quale si tenta di prevedere gli esiti, nel corso degli ultimi due anni hanno subito una deriva simile a quella dei [da loro tanto vituperati ed irrisi] piciisti italiani, che hanno saputo abilmente riciclarsi per sopravvivere, ed oggi sono assolutamente interni alla liberaldemocrazia e proni davanti al liberalcapitalismo più feroce ed antisociale.

La deriva teorica sconcertante, che li ha portati da Marx a Berlusconi-Bossi – il duo che oggi questi gruppettari sostengono a spada tratta, pur senza avere il coraggio di dichiararsi berlusconiani – parte dalla cosiddetta teoria della ricorsività lagrassiana [di Gianfranco La Grassa] feralmente ibridata con la geopolitica, ed in particolare con quella “euroasiatista” di Claudio Mutti che presenta forti connotati ideologici e contrappone un’inesistente Eurasia – priva di unità culturale e di prospettive di integrazione futura [in quanto comprende sia i calmucchi sia i danesi ed aree del mondo diversissime e lontanissime] – alla potenza imperiale nordamericana.

In questo enorme spazio, che sappiamo essere puramente geografico, la piccola Europa sembra una mera appendice dell’Asia, e perciò dovrebbe essere il gigante asiatico, alla fine, attraverso la potenza futura che esprimeranno i suoi colossi economici e demografici, la Cina e L’India, a fare la parte del leone, mangiandosi l’Europa.

Meglio che se la mangino gli asiatici, l’Europa, piuttosto che continuino a mangiarsela gli americani, sembrano dire i seguaci di Mutti.

La teoria lagrassiana, in poche e semplici parole [ma non conviene spenderne di più …] si basa sull’alternarsi di fasi monocentriche e policentriche, che si estrinsecano di volta in volta, nel corso della storia umana, in unipolarismo [ad esempio quello americano, il quale, nella realtà, è durato soltanto per qualche anno dopo la caduta dell’URSS] e fasi multipolari, in una sublime ricapitolazione e riproposizione delle stesse cose con “abiti storici” [leggermente o sostanzialmente?] diversi.

Riflettendo sul titolo di uno degli ultimi libri di Gianfranco La Grassa, peraltro non ancora pienamente investito dalla sconcertante deriva teorica mostrata in questi ultimi mesi e perciò in parte valido, rilevo che se “Tutto torna ma diverso”, ciò che si pretende che torni è in verità il nuovo, e non il vecchio con fattezze diverse come sembra sostenere La Grassa nella sua sublime ricapitolazione da “Il Nome della Rosa”, poiché la trasformazione storica e culturale non può arrestarsi e questa “fase” capitalistica-geopolitica, con l’emersione delle potenze asiatiche, è molto diversa, totalmente diversa per presupporti e probabilmente per esiti, da quella di fine ottocento-inizi novecento che ha portato al supremo scontro elitistico fra gli imperialismi europei in lotta reciproca, e quindi alla tragedia della Grande Guerra.

Nella discutibile teorizzazione lagrassiana, che apparentemente ha spiegato alcuni aspetti delle dinamiche capitalistiche contemporanee, ma che risulta fuorviante per la comprensione della vera sostanza del capitalismo del terzo millennio ungendo talora da fastidiosa “falsificazione popperiana”, i dominati – e cioè tutti noi, le masse innumerevoli di poveri nel mondo, le vittime di tutte le guerre commerciali, gli operai europei licenziati o sottopagati e precarizzati, i ceti medi occidentali declassati, i pensionati italiani alla fame, gli studenti, eccetera – non hanno alcun status e risultano perciò totalmente invisibili, senza importanza, carne da cannone nei futuri scontri elitistici per la supremazia o semplici fattori della produzione, da utilizzare od escludere a piacimento.

Ciò che conta, in questa fuorviante teorizzazione, è lo scontro definito orizzontale fra gruppi oligarchici di comando, che si contendono “spazi vitali” per il controllo nel mondo capitalisticamente globalizzato dei bacini di risorse, della conoscenza, delle stesse popolazioni pensate come inerti, o quasi, passive davanti allo sfruttamento e per definizione sottomesse, senza alcuna reale possibilità che possano intraprendere, in questo orribile e fuorviante modello, lotte efficaci per la libertà e l’emancipazione.

Ad esempio, nel pensiero lagrassiano le sorti dell’Europa dipenderebbero esclusivamente dalla lotta fra dominanti americani e competitor postsovietici russi che si sostanzia da qualche tempo nella guerra dei gasdotti, quella fra Nabucco e South/ Nord Stream per intenderci, mentre l’Italia, pensata esclusivamente dal punto di vista delle sue sub-oligarchie politiche ed economiche, dovrebbe in questa contesa cruciale obbligatoriamente stare dalla parte dei russi di Putin, utilizzando a tale scopo lo strumento ENI.

Nel modello lagrassiano, il “bene del paese” coincide totalmente e rigidamente con la scelta della parte oligarchica che potrebbe rivelarsi un po’ meno criminale e predona dell’altra – che nell’esempio fatto, memori degli “abboccamenti” lagrassiani con l’Euroasiatismo di Mutti, sarebbe guarda caso quella russa, in contrapposto a quella americana – il che è un po’ come dire che contrarre la broncopolmonite doppia è un po’ meglio del contrarre l’AIDS o la vecchia peste bubbonica, e che altra scelta non ci rimane.

Le lotte di studenti, operai, impiegati, lavoratori dipendenti del settore pubblico e di quello privato, pensionati e marginali non avrebbero alcun peso in questi contesti elitistici di conflitto che si privilegiano, si monitorano quotidianamente, per non dire ossessivamente trascurando tutti i problemi sociali ed ambientali, ed è proprio dagli esiti di tali confronti al vertice che si fanno dipendere interamente “le sorti del modo”, senza altre irrilevanti intromissioni e fastidiose inezie, come possono le lotte dei subalterni evocate.

Non solo: queste lotte “verticali” – ormai diffuse in Europa occidentale dalla Grecia alla Francia con qualche episodio non secondario anche in Italia – se per caso si scatenano, dovrebbero essere valutate esclusivamente sulla base del loro possibile, pur se ridottissimo influsso nel conflitto elitistico-strategico in corso, e quindi potrebbero essere tollerate, e non da reprimere con durezza utilizzando gli apparati repressivi dei singoli stati, soltanto se vanno in direzione del mitico “Multipolarismo/ Multicentrismo” lagrassiano, che diventa l’atteso, anche se temporaneo, compimento destinale della storia umana.

Chissenefrega, quindi, delle condizioni in cui versano i subordinati, che tanto non contano nulla o quasi nulla, che tanto non potranno mai nulla perché questo capitalismo, per La Grassa e il suo gruppuscolo, sembra essere eterno ed insuperabile, destinato a durare finché durerà la specie umana [ma che differenza c’è, in fondo, quanto ad esiti con il peggior Francis Fukuyama, quello dell’omologazione liberalcapitalistica e dell’”ultimo uomo”?].

Per dare una prova di quanto qui si afferma – e quindi della pericolosa deriva teorica lagrassiana – riporto parte di un commento fin troppo esplicativo, se non eccessivo e virulento, dello stesso professor Gianfranco La Grassa in coda al suo PROSEGUIAMO (di Giellegi, 21 dic. 2010), comparso di recente nel blog Conflitti e Strategie [http://conflittiestrategie.splinder.com/post/23770586#comment]:

Ho parlato apertamente, ma anche in un contesto abbastanza sarcastico, di uso delle mazze da base-ball contro gli scarafaggi del PAB [l’acronimo significa Partitume Anti Berlusconiano, n.d.s.]. Ovviamente la questione è più complessa e richiede non solo le mazze. In ogni caso, per evitare la deriva di questo paese, la repressione degli studenti sarebbe come schiacciare una mosca sul dorso di un rinoceronte che carica e mettersi a sedere tranquilli aspettando che questo ti arrivi addosso. Ho scritto mille volte sulla classe (non) dirigente nostrana (e non solo quella nostrana); forse qualcuno ricorderà cosa significa GFeID [Grande Finanza e Industria Decotta, n.d.s.]. Il ceto (non) politico è poi una vera catastrofe (non umanitaria). Solo che ritengo prioritario annientare i rinnegati e traditori del paese, che per un errore veramente grave di prospettiva abbiamo tutti contribuito a chiamare sinistra. Dopo di che si balbetta quando un Fini va d’accordo con D’Alema (è solo un esempio, non si prenda adesso alla lettera la personalizzazione). Su questo, il blog chiede una presa di posizione netta: non nel salvare qualcuno dell’attuale classe (non) dirigente. Troppo facile l’accordo su simile questione. Così come sul piano internazionale è troppo facile trattare da figli di puttana e imperialisti tutti: Usa, Cina, Russia, ecc.

Come si può facilmente comprendere dal tenore di questo commento lagrassiano, qui, più che il sottoscritto, ci vorrebbero psicoanalisti e psichiatri bene attrezzati, ma comunque, una volta preso atto del problema, queste affermazioni possono essere spiegate, ed a loro volta, debitamente commentate sotto una giusta luce.

Proviamo, dunque, a spiegarle adottando il punto di vista teorico [non troppo a lungo, per carità!] dell’anziano ma violento professore “castigamatti”… e castigastudenti, disoccupati, precari.

Come si legge nel testo di Giellegi, gli studenti in corteo con tanto di innocuo book bloc sono come mosche sulla schiena di un rinoceronte infuriato che carica, e certo si possono schiacciare [scatenando una feroce ed auspicabile repressione poliziesca, ovviamente], anzi, questo andrebbe fatto secondo La Grassa, ma ciò che conta è soprattutto schiacciare “chi li manovra”.

Non ha importanza se i poveri studenti sono inconsapevoli di essere manovrati in un conflitto politico-strategico, nelle alte sfere rutilanti che attraggono l’attenzione del prof., fra dominanti nordamericani ed “emergenti” globalisti, russi o cinesi o altri ancora, conflitto che ha certo riflessi anche in Italia, e neppure ha importanza se questi giovanetti prenderanno le botte, o addirittura alcuni fra loro saranno uccisi, poiché la sola cosa che conta – per l’anziano professore di Conegliano, che è vittima nel contempo di una comprensibile deriva senile e di un meno comprensibile [e grottesco] avvitamento teorico –, è lo scontro fra dominanti per l’affermazione dell’agognato “Multipolarismo” elitistico con la piena emersione della potenza di russi, cinesi, iraniani, indiani, eccetera, la quale non può che preludere al mitico e salvifico “Policentrismo” di matrice lagrassiana.

Un “Policentrismo” annunciato dalla fase multipolare, evidentemente destinato, in alcune fragili e confuse menti umane-non-troppo-umane, a sostituire l’ormai tramontato Sol dell’Avvenir!

In altre parole, gli studenti italiani che in questi giorni hanno protestato contro l’orrenda riforma Gelmini [e di conseguenza contro le politiche del quarto governo Berlusconi-Lega] per difendere l’istruzione pubblica e il diritto allo studio garantito a tutti, “oggettivamente” starebbero dalla parte dell’America, poiché farebbero il gioco della finanza nordamericana che vorrebbe rovesciare il pio Berlusconi e mettere alla guida della periferica Italia un personaggio più malleabile [un po’ più “Quisling” di quanto non lo sia il clown mediatico di Arcore], e per tale motivo possono essere anche loro repressi e annientati, come mosche da schiacciare sulla schiena del rinoceronte che carica.

Gli studenti che protestano contro l’imposizione di un modello di scuola inaccettabile e distruttivo, sarebbero un simbolo “della deriva di questo paese”, e non un piccolo segnale di risveglio dei subordinati e di quelle giovani generazioni rimaste troppo a lungo passive, contro le nefandezze di questo capitalismo e, localmente, contro le pseudopolitiche un governo pessimo, screditato, inefficiente e socialmente distruttivo.

Ma il problema principale – almeno questo il vecchio professore, per quanto sempre più delirante, lo comprende bene – non sono certo i poveri studenti ed in generale i giovani manifestanti, afflitti dalla precarietà esistenziale e dall’assenza di prospettive future, essendo costituito dall’alleanza fra la “sinistra” interna al sistema politico e la Grande Finanza & Industria Decotta locale [ad esempio Fiat], prone dinanzi ai diktat della classe globale nordamericana.

Su questo si può, una volta tanto, concordare, non scordando però che esiste un’altra faccia del problema, egualmente importante, che La Grassa e i lagrassiani, a partire dal delfino G.P., volutamente ignorano, ed è che Berlusconi non rappresenta certo l’”ultimo difensore della sovranità nazionale” – al quale si possono perdonare molte cose, pur di farlo restare in carica, wild party, feste con prostitute e cocaina, compra di parlamentari e corruzione di giudici, leggi ad personam, legittimi impedimenti, falsi in bilancio –, questo perché la sovranità dello stato italiano, in primo luogo politica e monetaria, è già da tempo perduta e sarà sempre più irricostruibile in futuro [regole di Maastricht, avvento dell’euro e della BCE, nuovi “patti di stabilità” europei, eccetera].

La ricordata diminuzione della sovranità statuale che l’Italia sconta, in alcun modo può o potrà essere compensata dai [presunti] benefici che dovrebbero discendere dai rapporti e dagli accordi “scomodi”, in prevalenza energetici, non graditi agli americani [né quelli di Bush, prima, né quelli di Obama poi], stabiliti dal “Tycoon de noantri” e dai vari poteri minoritari che lo circondano [ad esempio dall’Eni, vista da taluni come uno stato nello stato] con i vari Putin e Gheddafi, con l’Iran teocratico, e via elencando.

Uno fra i più prolifici e devoti “scribi” lagrassiani, ha di recente pubblicato nel sito Conflitti e Strategie un articolo che prende le mosse dalle manifestazioni studentesche anti-Gelmini, in cui ha scritto quanto segue: Sono convinto che la giornata di ieri segna l’evento conclusivo del movimento studentesco cominciato oltre 40 anni fa in Italia rimasto sempre latente (“Pantera”, e in gran parte anche il “movimento no-global”) a causa della modernizzazione incompleta del paese, in quanto ridotto a pura manovalanza dei poteri forti di questo paese, rappresentati da giornali come Repubblica e Corriere, i quali hanno apertamente incitato alla “rivolta”. Il piano sembrerebbe essere stato così pensato: mentre Berlusconi veniva sfiduciato, dalla piazza le “masse” invadevano il parlamento e sfiduciavano “dal basso” il “dittatore” (ma stranamente mentre questo “dittatore” sarebbe più incline alle elezioni, mentre la “parte democratica e colta” aspira ai “ribaltoni”). In realtà, poi hanno partecipato soprattutto gli studenti, in prevalenza quelli delle medie, perché i lavoratori che dovevano essere intruppati dalla Fiom hanno disertato (forse meno stupidi perché meno “colti”). Sui motivi dell’opposizione dei “poteri forti” a Berlusconi e sui motivi per cui sia da preferire Berlusconi, pur essendo il sottoscritto, e credo la maggior parte dei redattori del blog, da lui culturalmente distante, se non agli antipodi, si è scritto più che a sufficienza.

[Gennaro Scala, Non c’è trippa per gatti. Fine del “movimento studentesco”, http://conflittiestrategie.splinder.com/post/23749673/non…]

Come si nota, non c’è neppure il coraggio in costoro delle proprie azioni, poiché, nel mentre si sostiene Berlusconi, schierandosi nei fatti integralmente con lui e con la sua “politica”, contemporaneamente si cerca di prenderne le distanze “culturalmente” ed in un modo strumentale e vago.

Questo è il tipico e vile comportamento dei “berluscones in pectore”, che insinuano cose che non hanno il coraggio civile e l’onestà intellettuale di ammettere apertamente e fino in fondo, così come certi rappresentanti e sostenitori della “sinistra” italiana presente in parlamento, non ammetteranno mai di essere del tutto proni davanti ai diktat dei dominanti americani, favorevoli al lavoro precario, alla distruzione dello stato sociale, alla drastica riduzione delle pensioni, e via elencando.

Il delfino di Gianfranco La Grassa e massimo amministratore del blog Conflitti e Strategie – che a questo punto potremmo chiamare, visti i contenuti, Conflitti e Porcherie – è un certo G.P., dove l’acronimo nasconde un giovane intellettuale meridionale folgorato sulla via di Conegliano [TV] da La Grassa.

Questo G.P. sembra “più realista del re”, più sfegatato dello stesso La Grassa e di tutti gli altri componenti del gruppetto [forse una decina o poco di più] ed è una sorta di Sigfrid Von Nibelunghen, noto volontario suicida ed eroe in Sturmtruppen di Bonvi, che si butta a corpo morto oltre l’ostacolo …

Alcune prove di quanto affermo?

In occasione della fiducia in parlamento al governo Berlusconi del 14 dicembre c.a., G.P. ha scritto e pubblicato in C&S ASSALTO RESPINTO [http://conflittiestrategie.splinder.com/post/23741248#more-23741248], in cui giubilante come ogni buon “berluscones in pectore” e con un tono da storico bollettino della vittoria annuncia: L’assalto è stato respinto. Il Governo, seppur per pochi voti, ha ricacciato indietro l’accozzaglia di destra-centro-sinistra che costituisce il partitume unificato antiberlusconiano (PAB), questa formazione culturalmente ed ideologicamente eteroclita tenuta insieme dalla malta del potere autoreferenziale e dal comune intento di riportare l’Italia sotto l’ombrello Atlantico, dopo la piccola svolta filorussa del Cavaliere.

Ma purtroppo, in chiusura dello stesso pezzo, G.P. non può ignorare una minaccia incombente: Esistono ancora margini per ribaltare la situazione, se B. e le forze politiche ed economiche che lo sostengono non sapranno sfruttarli il rischio di cadere nel baratro si farà sempre più concreto.

Il 15 di novembre c.a., questo Sigfrid Von Nibelunghen lagrassiano sempre con la baionetta fra i denti e pronto a scattare oltre la trincea – per sostenere, ovviamente, l’eroico governo Berlusconi-Lega, unica garanzia per il mantenimento della sovranità e della dignità nazionale – ha lanciato un drammatico appello, quasi una “chiamata alle armi” per i suoi fratelli [o camerati?] berluscones-leghisti, che conviene riportare in parte di seguito, onde poter rendersi conto pienamente della valenza politica [e purtroppo psichiatrica] di questi insuperabili scritti:

Annibale è alle porte. Ormai quella linea Maginot contro gli invasori che Berlusconi aveva potuto erigere nel 1994 – sostenuto da alcuni spezzoni delle grandi imprese pubbliche, da settori del Vaticano e dall’elettorato DC-Psi, stordito dagli arresti dei suoi referenti politici ma non disponibile a passare con i liquidatori cattocomunisti – si sta frantumando in mille pezzi. Le iene e gli sciacalli si sono riposizionati feralmente per braccare un Paese sfiancato dalla crisi e disorientato dal marasma istituzionale.

[ANNIBALE ALLE PORTE di G.P.

http://conflittiestrategie.splinder.com/post/23603136/ann…]

Ma cosa dovrebbe fare l’eroico Berlusconi accerchiato, difensore della dignità nazionale, per resistere all’assalto di Annibale e respingerlo?

G.P. dalla sua trincea lo consiglia:

Dovrebbe chiamare a raccolta i suoi sostenitori, compreso il popolo focoso della lega, riempiendo le strade e le vie delle principali città italiane, dimostrando così ai tragicatori asserragliati nelle torri d’avorio istituzionali che da questa debacle si esce solo con il voto. Se B. riesce a creare questo contesto di pressione popolare, Napolitano non potrà far finta di nulla, non potrà snobbare la volontà di una parte cospicua degli italiani e, soprattutto, non vorrà rischiare che l’impasse politica attuale si trasformi in subbuglio sociale con tutto ciò che questo comporterebbe anche per la sua posizione presidenziale. Questa è l’unica possibilità che resta al Cavaliere per sopravvivere politicamente e per preservarsi imprenditorialmente. Annibale ed i Cartaginesi possono ancora essere respinti, ma è rimasto davvero poco tempo.

E’ davvero esilarante che un meridionale inneggi alla reazione di piazza – secondo lui benefica, salvifica! – del “focoso popolo della lega”!

O piuttosto, è molto triste e sconfortante leggere simili cose, per le quali il vecchio doktor Freud sarebbe tentato di aprire una corposa cartella [clinica], non dissimile da quelle dei celeberrimi caso Dora e presidente Schreber.

Per quanto riguarda il marasma istituzionale evocato dal bellicoso e barricadiero berlusconista lagrassiano G.P., non possiamo non osservare come questo sia stato provocato dalla stessa gestione del potere di Berlusconi, in combinata con la persistenza di una sinistra di sistema vile, senza programmi, senza più contatti con il paese vero.

Se questi sono gli effetti concreti della teoria della ricorsività lagrassiana, del monitoraggio del confronto politico-strategico planetario ai massimi livelli, fra gli agenti capitalistici contemporanei, e se questo è il risultato finale tangibile di osservazioni rigorosamente “scientifiche”, come vorrebbe La Grassa che tuona contro l’Uomo [da lui talora scritto con due o tre u spregiativamente], l’idealismo, la filosofia [intesa come semplice letteratura per colti], il decrescismo, l’ecologismo, l’umanesimo e chi più ne ha più ne metta, c’è ben poco da stare allegri …

La battaglia delle “pipeline”, il caso Fiat, le manovre nei confronti di Eni e Finmeccanica certo hanno la loro importanza, ma se tutto si riduce all’ossessivo monitoraggio/ esaltazione parossistica dello scontro elitistico nella fase multipolare/ policentrica e delle manovre geopolitiche conseguenti – lagrassianesimo + euroasiatismo – otteniamo i grotteschi effetti e le cadute a vite teoriche ricordate.

Di più e di peggio, si rischia di sconfinare in una patologia irrimediabile, con rischio di cronicizzazione, come nel caso di G.P.-Von Nibelunghen delfino dell’anziano guru di Conegliano [TV], previa l’accettazione delle dinamiche di questo orrendo capitalismo quale destino inevitabile da qui alla fine della storia, o quasi. Concludo qui, perché non merita andare oltre, invitando i veri anticapitalisti a distinguere il grano dal loglio, quando si muovono in rete, ed ammettendo che nello scrivere questo pezzo mi sono un poco divertito, come quando si assiste ad una scena un po’ grottesca e nel contempo imbarazzante o ad un caso di comicità involontaria, che però, alla fine, ti lasciano sempre un certo gusto di amaro in bocca …

Ad infima!

Eugenio Orso,CONFLITTI E STRATEGIE, un blog filocapitalista mascheratoultima modifica: 2010-12-27T00:10:58+01:00da mangano1
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