CSSEO, La lunga ombra dell’Anschluss

La lunga ombra dell’Anschluss
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Mercoledi 26 gennaio 2011, alle 17,30, a Trento, nella Sala degli affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma 55) il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale organizza l’incontro-dibattito La lunga ombra dell’Anschluss. Interviene Christoph Hartung von Hartungen. Introduce Massimo Libardi.

Anschluß indica l’annessione, nella primavera 1938, dell’Austria alla Germania nazista.

Il 12 febbraio 1938 Adolf Hitler invitò il cancelliere austriaco Kurt Schuschnigg a un colloquio, trattandolo come un subordinato e imponendogli condizioni che avrebbero trasformato l’Austria in un regime nazionalsocialista. Schuschnigg capitolò, ma rientrato a Vienna ebbe un sussulto di coraggio e dignità e mise in atto un disperato tentativo per preservare l’indipendenza del paese o almeno salvarne il buon nome: il 9 marzo fissò per il 13 marzo un referendum contro Hitler (“È lei favorevole a un’Austria libera e tedesca, indipendente e sociale, cristiana e unita?”).

Hitler reagì e la sera dell’11 marzo Schuschnigg sì ritirò dalla scena politica. Gli altri stati europei rimasero passivi e il giorno successivo entrarono nel paese le truppe tedesche. Schuschnigg chiese ai militari austriaci di non reagire e ritirarsi a est, ma la ritirata non si verificò. Si ebbero invece scene di fraternizzazione e l’invasione ebbe senza dubbio il carattere di una festa popolare.

Un referendum, con cui si chiedeva agli austriaci se concordavano con la riunificazione dell’Austria al Reich tedesco, venne organizzato il 10 aprile dal nuovo potere, per ratificare la nuova situazione. Il risultato fu un plebiscito: secondo i dati, il 99,73% degli austriaci rispose sì.

Il referendum non fu libero né segreto, ma il risultato – e in questo concordano gli storici – non fu manipolato. Gran parte della popolazione austriaca salutò con entusiasmo l’annessione. Quando il 2 aprile 1938, al termine di un trionfale viaggio nel paese, Hitler giunse a Vienna, duecentomila persone si accalcarono nella Piazza degli eroi per ascoltarlo proclamare l’Anschluss.

Uno spettro davvero variegato di austriaci si espresse a favore dell’Anschluss. Il cardinale e uomo politico Theodor Innitzer (dal 1928 al 1930 fu ministro degli affari sociali nel governo del cancelliere Johann Schober) si dichiarò pubblicamente a favore dell’Anschluss, chiedendo obbedienza alle nuove istituzioni, subito dopo seguito dagli altri vescovi cattolici austriaci. Per questo venne severamente richiamato dall’allora Segretario di stato del Vaticano, cardinale Eugenio Pacelli, e dovette smentirsi. Ancora più entusiasti furono i luterani. Robert Kauer, presidente del loro Comitato esecutivo, salutò Hitler come il “salvatore dei 350.000 tedeschi protestanti dell’Austria”. Fu favorevole persino il dirigente della socialdemocrazia Karl Renner (cancelliere dal 1918 al 1920 e poi presidente nel dopoguerra, dal 1945 al 1950), che si dichiarò pubblicamente per il sì.

L’accettazione dell’Anschluss da parte degli austriaci costituì un fenomeno del tutto particolare, in questo distaccandosi dagli altri paesi collaborazionisti con il nazismo. Incorporata nel Reich, l’Austria assunse lo statuto di provincia, prima “Ostmark” e dal 1942 “Circoscrizione delle Alpi e del Danubio”.

Terminata la Seconda guerra mondiale, molti austriaci cercarono conforto nell’idea che l’Austria era stata “la prima vittima dei nazisti”. Il paese, inoltre, non venne sottoposto al processo di de-nazificazione imposto alla Germania. Si impose così nella società civile e politica la “teoria della vittima”, la vulgata secondo cui l’annessione era stata effettuata sulla punta delle baionette.

Solo in anni a noi più recenti, verso la metà degli Ottanta del secolo scorso, con il “caso Waldheim” a fare da detonatore, gli austriaci furono costretti a confrontarsi con il loro passato (divenne noto che Kurt Waldheim, già segretario generale dell’Onu e candidato alle elezioni presidenziali, era stato un ufficiale e membro del Partito nazionalsocialista).

La questione del passato dell’Austria, tuttavia, è rimasta controversa. Ancora nel novembre 2000, il cancelliere Wolfgang Schüssel, intervistato dal Jerusalem Post, sosteneva: “Lo stato sovrano dell’Austria è stato letteralmente la prima vittima del regime nazista… [i nazisti] hanno preso l’Austria con la forza”. Come gli austriaci fossero rimasti estranei ai crimini nazisti.

A cercare di fare i conti con il passato del loro paese sono stati alcuni intellettuali, primo fra tutti Thomas Bernhard. Nel suo ultimo lavoro, Piazza degli eroi (dramma scritto nel 1988, poco prima della morte, e tradotto da Garzanti nel 1992), lo scrittore affronta la questione dell’antisemitismo in Austria. Ancora prima si conosca il testo integrale dell’opera, Bernhard è tacciato di infamia e accusato di disonorare il paese. Waldheim, nel frattempo eletto presidente a dispetto del suo passato, e un buon numero di politici, chiesero la soppressione della sua messa in scena. Alla prima, svoltasi al Burgertheater di Vienna grazie anche all’intervento di numerosi intellettuali austriaci, un massiccio cordone di polizia dovette placare una minoranza del pubblico che interruppe la messa in scena con urla e fischi. Alla fine dello spettacolo, più di mezzora di applausi.

Questo sguardo critico sul passato dell’Austria, sull’antisemitismo e sul nazismo del paese ha fatto parte dell’opera di diversi altri intellettuali e artisti: da Ingeborg Bachmann a Peter Handke, dal Premio Nobel per la letteratura Elfriede Jelinek agli artisti delWiener Aktionismus.

Questi sono alcuni dei temi affrontati da Christoph Hartung von Hartungen nell’incontro-dibattito La lunga ombra dell’Anschluss, che si terrà mercoledi 26 gennaio 2011, alle 17,30, a Trento, nella Sala degli affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma 55).

CSSEO, La lunga ombra dell’Anschlussultima modifica: 2011-01-25T15:41:16+01:00da mangano1
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