Guido Araldo,Oltre Ipazia: la Gnosi

LUNEDÌ 28 MARZO 2011 dal blog VENTOLARGO
Oltre Ipazia: la Gnosi

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Vento largo ha già dedicato ampio spazio alla figura di Ipazia di Alessandria. Guido Araldo approfondisce oggi l’analisi del pensiero filosofico del IV secolo dC.

Guido Araldo

Oltre Ipazia: la Gnosi

Tra gli anni di Alessandro Magno (circa 300 a.C.) e la morte di Ipazia (415 d.C.), pertanto per sette secoli, la grande città di Alessandria d’Egitto fu il cuore culturale del Mediterraneo e del mondo. Qui sorgeva la grande biblioteca, qui si recò a studiare Archimede, qui Eratostene calcolò esattamente la circonferenza del globo terrestre! In questa città, nei secoli I e II, si tentò una grande operazione culturale: coniugare i riti misterici e la filosofia neoplatonica al cristianesimo embrionale che si stava affacciando nel mondo. Soltanto recenti scopette archeologiche hanno permesso di gettare una fievole luce su fermento che con il suo lievito avrebbe potuto cambiare il mondo in positivo e, invece, andò sepolto, nascosto. Si tratta di 44 opere gnostiche rinvenute nell’Alto Egitto nel 1946 e, soprattutto, di alcuni frammenti del “Vangelo di Giuda” che si dubitava esistesse veramente, scoperto su un papiro rinvenuto nel Medio Egitto trent’anni fa. Si tratta di un testo antichissimo, in lingua copta, probabilmente una traduzione di un testo originale greco, forse il primo tra i Vangeli. Sant’Ireneo, vescovo di Lione, ne fece cenno nella seconda metà del II secolo, nella sua opera “Contro le eresie”.

In un ambiente culturale fortemente influenzato dalla filosofia greca e caratterizzato da tematiche neoplatoniche, si tentò d’intravedere nella figura salvifica di Gesù un punto d’approdo. Si tratta, ovviamente, della gnosi dotta, che ebbe suoi maestri in Basilide, Valentino e Marcione; da non confondere con la gnosi volgare, infarcita da superstizioni magiche o da elementi astrologici di derivazione babilonese e persiana, diffusissima in Egitto all’epoca dell’Impero Romano. C’era anche la gnosi “pagana”, essenza del neoplatonismo che ebbe i suoi massimi rappresentanti in Plotino ed Ipazia. Ed è infatti arduo descrivere la gnosi dotta alessandrina senza un’appropriata conoscenza della filosofia neoplatonica, soprattutto della teologia negativa che ne derivo (Dio non può essere dimostrato né conosciuto) sulla quale s’innesta e dalla quale si sviluppa. Elemento comune a tutte le tendenze gnostiche, inevitabilmente eterogenee, è l’illuminazione riservata a pochi iniziati; attraverso la quale, lungo un percorso di conoscenza e di maturazione interiore (il cammino iniziatico), si perviene all’intuizione di Dio, alla profonda conoscenza del vero e, in definitiva, alla salvezza.

Come già accennato, le dottrine gnostiche usavano un linguaggio neoplatonico e nel campo speculativo-filosofico facevano largo uso del concetto di emanazione. Dio è l’essere infinito per eccellenza, definito comunemente “Eone perfetto” e, anche, “l’Abisso” dal quale procedono gli Eoni inferiori, tra i quali lo stesso Gesù, che costituiscono il Pleroma, la pienezza del divino. Mentre per la gnosi “pagana” e soprattutto per Plontino il male è una deviazione e anche una “necessità completare” di questo mondo, per la gnosi dotta cristiana il male che impregna il mondo materiale è una degenerazione, attuata da un demiurgo inferiore: il Dio dell’Antico Testamento o, anche, da divinità classiche come Ammon-Ra. L’uomo, la cui anima racchiude una scintilla della luce divina, deve cercare di superare le condizioni materiali che lo inchiodano a questo mondo e tendere a Dio. Ed è proprio per aiutare l’uomo ad acquisire l’illuminazione che il Dio dei Cieli, “Eone perfetto”, quello del Regno dei Cieli che non è di questo mondo, ha inviato sulla terra Gesù il Salvatore, la cui incarnazione e successiva morte sono da intendersi come manifestazioni simboliche, poiché Gesù è puro spirito. Vengono pertanto negate la Resurrezione pasquale e la Resurrezione dei morti alla “fine dei tempi”; mentre la salvezza, sempre soggettiva, è perseguibile in un unico modo: il ricongiungimento con Dio Padre in un processo di maturità intellettuale che prevede il progressivo abbandono degli aspetti materiali, simili a una scorza nociva che imprigiona lo spirito. Questo processo di “avvicinamento a Dio” può essere compiuto nell’arco di un’unica vita ma, nella maggior parte dei casi, più richiedere più vite, più morti e rinascite, per cui il principio della metempsicosi, già caro ai pitagorici e ai platonici, non soltanto viene accettato, ma rivalutato.

La Gnosi attesta inequivocabilmente l’estrema eterogeneità del cristianesimo delle origini, un autentico sbocciare di germogli, similmente all’eterogeneità dei primi Vangeli tendenti a descrivere chi fosse effettivamente Gesù e come si dovesse intendere il suo messaggio. Soltanto nel campo gnostico si annoverano 20 vangeli e almeno un Apocalisse (svelamento), quello di Giacomo, anche se il più noto Apocalisse è quello di Giovanni, che peraltro può essere inserito a pieno titolo nella letteratura gnostica. Nella Gnosi cristiana dotta fu enfatizzata la “conoscenza” al posto della “fede”, con un contatto diretto uomo – dio, quest’ultimo inteso come illuminazione interiore, soggettiva, senza intermediari e, quindi, escludendo la lasse sacerdotale. Sostanzialmente si trattava di confraternite di “liberi pensatori”, indagatori del monto, della metafisica e ricercatori della verità.

Vangeli gnostici

Ne conseguì inevitabilmente che vescovi e chierici contrastassero duramente questa concezione iniziatica del cristianesimo, con tutte le loro forze, inondandola di anatemi. Per gli Gnostici cristiani i vescovi e soprattutto i padri della chiesa “ortodossi” e “cattolici”, non erano altro che servi del Dio minore: il Dio demiurgo che governa il mondo con la perfidia e la violenza. Per gli Gnostici, Gesù veniva inteso come il sublime maestro che svela i segreti profondi dell’universo: uno scrigno di sapienza e conoscenza, e rigettavano quasi con sdegno il concetto di un dio che “si fa uomo e muore per redimere i peccati del mondo”! Per gli Gnostici il problema centrale non era il peccato, ma l’ignoranza; pertanto la “buona novella cristiana” non riguardava la fede, ma la conoscenza! In fin dei conti il messaggio del Cristo è sostanzialmente una lezione illuminante, necessaria a diradare le tenebre dell’ignoranza e portare al “nasce te ipsum” dalle scuole filosofiche greche alla conoscenza di Dio, inteso come sublime architetto dell’Universo, impregnato della sua insondabile armonia.

Comprendere oggi gli Gnostici risulta molto difficile, poiché l’evoluzione del loro pensiero differisce notevolmente dalla teologia e dalla cosmologia che vennero ad affermarsi nella tradizione sia Occidentale che Occidentale: le “scuole” di Antiochia, dove i cristiani per la prima volta si riconobbero tali, e di Roma. In questo contesto Alessandria finì per soccombere totalmente a Roma e a Costantinopoli, che nel frattempo era subentrato ad Antiochia, anche sul piano intellettuale e teologico; com’era accaduto sul piano politico dopo la conquista romana dell’Egitto con la fine delle ambizioni di Cleopatra, ultima regina di quella terra.

La Gnosi dotta cristiana fu un movimento filosofico – religioso molto complesso, al quale non furono estranee filosofie dualistiche di derivazione orientale caratterizzate da una forte contrapposizione tra spirito e materia, tra bene e male, luce e tenebre (ravvisabili in successive dottrine come quella catara). Anche sul piano dell’etica la dottrina gnostica non fu univoca, ma presentò principi contrastanti: da un lato vi furono atteggiamenti di elevato ascetismo, con progressiva estrapolazione dal mondo, senza comunque pervenire alle degenerazioni dei “monaci nel deserto”; dall’altro, trattandosi di un’illuminazione riservata a iniziati che escludeva totalmente, ai fini della salvezza, la fede e le buone opere, si giunse all’accettazione di un edonismo straordinario, fino a prevedere la piena soddisfazione dei sensi, inclusi i piaceri sessuali. A riguardo, però, occorre considerare la feroce propaganda contro la gnosi, messa in atto dai “padri della Chiesa”, che sempre si palesarono ostili alla gnosi, ad eccezione di Origene. Era convinzione degli Gnostici che negli animi degli esseri umani, non tutti, albergasse la fiammella di Dio, un afflato di divinità, che andasse riconosciuta, alimentata e sviluppata. E questo percorso costituiva la via iniziatica! In tal modo diventa possibile emergere da questo mondo imperfetto, opera di un Dio minore, dove dominano le tenebre, l’odio e la morte, e protendere verso la “vera vita”, quella annunciata da Gesù. Il suo messaggio principale, infatti, può essere ricondotto a questo insegnamento “siamo migliori di questo mondo poiché apparteniamo al Regno dei Cieli, per la traccia del divino presente dentro di noi!”! Acquisita questa illuminazione, non resta altro da fare che abbandonarci alla “cognizione di Dio”: un processo interiore totalmente avulso a qualsiasi chiesa e a qualsiasi organizzazione ecclesiastica!

Molti Gnostici consideravano Giuda Iscariota il primo e vero apostolo di Gesù, considerato pertanto un personaggio positivo, immensamente superiore agli altri apostoli, a cominciare da Pietro. Giuda è l’apostolo che rese possibile la missione terrena del “maestro”: l’unico a condividere fino in fondo i suoi segreti, il suo insegnamento. La missione di Gesù poteva essere realizzata tramite il tradimento di Giuda, il suo più stretto “collaboratore”. Per questo motivo le “chiese” costruite su Pietro, su Andrea, su Tommaso sono soltanto della manifestazioni del Dio minore, impregnate delle sue contraddizioni e imperfezioni, dalle quali non potrà venire nulla di buono! Gli Gnostici tendevano anche a rivalutare un “personaggio emblematico” dell’antico testamento: Lucifero il cui nome, non a caso, significa “portatore di luce”; l’angelo ribelle a Javhè demiurgo imperfetto e crudele, il sanguinario dio degli eserciti di Mosè. Lucifero accomunato a Prometeo, predecessore di Gesù!

Clemente alessandrino

Tra i molti “dottori gnostici” che affollarono le strade della grande città di Alessandria restano noti tre nomi: Basilide, Marcione e Valentino. Di loro si sa pochissimo e molto di ciò che è stato tramandato resta dubbio, per un unico motivo: furono oggetto di durissimi attacchi da parte dei “padri della Chiesa”, e tutte le loro opere originarie sono andate distrutte. Basilide visse nel II secolo ad Alessandria e delle sue opere sono noti soltanto alcuni titoli, tra cui “Il Vangelo secondo Basilide,” ed è nota l’esistenza di 24 libri di “Exegetica” sui Vangeli. Di lui si ha menzione in Clemente Alessandrino, in Ireneo (Contro le Eresie) e in Ippolito (confutazione di tutte le Eresie). Pare invece che il secondo, Marcione, dissertasse massimamente sulla contrapposizione tra Dio del Nuovo Testamento e Dio del Vecchio Testamento: il primo inteso come il Padre Celeste buono e giusto, il secondo come demiurgo della Terra, responsabile di tutti i mali e di tutte le guerre che v’imperversano. In un simile contesto la venuta del Cristo è intesa come la preoccupazione del Padre Celeste verso i suoi figli terreni e il compito di questo “inviato divino” consiste nella salvezza delle anime dal potere nefasto di Javhè, il dio dell’Antico Testamento. In un simile contesto dottrinale è palese la cesura tra gnosi greca e tradizione monoteistica giudaica. Il terzo, Valentino, insegnò ad Alessandria fino all’anno 135 e poi a Roma. Ancora nell’anno 160 è documentata la sua presenza nella capitale dell’Impero. La sua opera maggiore fu “il Vangelo della verità” (di cui sono stati recentemente rinvenuti alcuni frammenti), dal quale si evince un tentativo di fusione sincretistica tra cristianesimo e neoplatonismo. Il mondo e la storia sono concepiti come un divenire dove Dio, l’Abisso e il Silenzio, ovvero l’intelligenza femminile, si fondono per generare Intelletto e Verità, dai quali traggono origine il Verbo e la Vita. Valentino ribadì con forza che la salvezza resta inaccessibile a gran parte dell’umanità, prigioniera del dio demiurgo delle antiche scritture, destinata a rinnovarsi in un ciclo lunghissimo di morti e rinascite dall’esito non sempre scontato. Gesù, a sua volta, è inteso come essere divino (eone) in grado di purificare l’uomo dalla concupiscenza, origine di tutti i mali, arma letale in mano a Javhè, e di avviarlo alla salvezza attraverso l’illuminazione iniziatica. Un personaggio controverso fu Origene, padre della Chiesa che ebbe a definirsi “gnostico ortodosso”, fondatore di una famosa ma contestata scuola teologica: “il Didaskaleion”. Origine tentò d’introdurre alcuni concetti della gnosi dotta alessandrina nella “chiesa primitiva” in piena evoluzione, fiducioso che le “perle non finissero ai porci”. Ma la sua dottrina fu duramente contestata e contrastata dagli altri padri della Chiesa, a cominciare da Tertulliano. Probabilmente non fu tacciato d’eresia poiché morì prematuramente martire, nell’anno 250, ai tempi della persecuzione anticristiana dell’imperatore Decio. Fu così che alla ricerca interiore prevalse il dogma. La fede s’impose sulla conoscenza. Il semplice gesto battesimale s’impose sull’illuminazione iniziatica, e i testi dei “dottori gnostici”, dove frequentemente Gesù ride per l’ingenuità dei suoi apostoli, finirono per alimentare molti falò in Alessandria, sulle rive del Nilo e sotto i cieli delle città d’Oriente; preparando quel deserto spirituale nel quale sarebbe dilagata l’aberrazione dogmatica peggiore, sbocciata nei deserti d’Arabia, complice il monofisismo!

La gnosi dotta alessandrina costituì il massimo tentativo della filosofia greca ellenistica nell’acquisire il cristianesimo dilagante e rielaborarlo con concetti propri, al di fuori del solco del giudaismo. Tentativo che fallì per un semplice motivo: la gnosi dotta alessandrina era esoterica, riservata a pochi eletti, mentre la chiesa che stava emergendo prepotentemente era essoterica, aperta a tutti. Ma, inaspettatamente, molti concetti della gnosi dotta alessandrina ricomparvero sotto nuove vesti, in pieno Medioevo, nell’angolo d’Europa più evoluto: la Linguadoca. Correva il secolo XII e immediatamente si urlò all’eresia, definita catara o albigese. Dagli amboni piovvero fulmini, anatemi, scomuniche e, infine, una terrificante invasione armata benedetta dal papa e promossa a crociata cismarina, per il “bene di Dio”, dell’umanità, di santa Romana Chiesa, mise a ferro e fuoco le “terre cortesi” dove una nuova cultura cristiana, pura e genuina, andava diffondendosi…

Guido Araldo è nato a Saliceto, vive a Cuneo. Autore di 44 opere fra romanzi e saggi storici, alcuni dei quali apparsi in Francia a cura delle edizioni Harmattan di Parigi. Nel 2000 ha vinto il primo premio del concorso letterario “Galeotto del Carretto” con il libro Prèscricia, la Pietra Scritta. I suoi libri sono presenti nel catalogo online Feltrinelli. Per informazioni più dettagliate si invita a consultare il sito Editoriale l’Espresso “ilmiolibro.it”.

Guido Araldo,Oltre Ipazia: la Gnosiultima modifica: 2011-03-30T14:36:05+02:00da mangano1
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