(Corrado Levi,ateismo e istruzione Pubblicato da Franco Buffoni |

Diario Pubblico /1 (Corrado Levi; ateismo e istruzione; omosessualità e diritti)
13 luglio 2012 Pubblicato da Franco Buffoni |
di Franco Buffoni389398_260749677306080_108180412563008_706116_954199579_n.jpg
Qualche giorno fa, negli studi Rai di Corso Sempione a Milano, ho incrociato casualmente Corrado Levi. Non lo incontravo dal 1972. Uscivo dallo studio dove avevo registrato con Oreste Bossini una puntata di Radio3 Suite dedicata al mio Oscar Poesie 1975-2012. Dopo di me avrebbe registrato Corrado le sue Pennellate all’arte. Incontri con artisti 1930-2012 edite da Corraini.
Sulla porta dello studio Bossini fece l’atto di presentarci:
“Sono stato a pranzo da te con Mario Mieli nell’inverno del ‘72”.
“Ricordo bene, c’era anche Aldo Tortorella”.
“Cucinasti delle frittate”.
“E del riso: sono la mia specialità”.
Regalai a Corrado la copia dell’Oscar chiosata da cui avevo letto:
“Un Clemente in copertina! Parlo anche di lui nel mio libro… Ne ho una copia in più… Te la lascio volentieri”.
Il 1930 è l’anno di nascita di Corrado, e il suo primo “ricordo d’arte” risale proprio ad allora, perché il padre aveva appeso sopra la sua culla dei disegni di De Pisis… Il padre poi ebbe vita dura: dovette fuggire in Argentina e potè ritornare solo a liberazione avvenuta. La madre no, era “cristiana”, potè restare. Ma i figli?
“Alla fine di una lezione”, scrive Corrado, “il maestro di terza elementare mi chiamò da parte e mi disse: domani non venire a scuola. E aggiunse: ricordati che il tuo maestro ti ha sempre voluto bene”.
Perché Mario Mieli ed io, allora ventenni, ci recammo a pranzo da Corrado Levi quarantenne in quell’inverno del ’72? Perché Corrado, che aveva moglie e figli, aveva appena fatto coming out. Erano gli anni del Fuori. Corrado rappresentava per noi la reazione all’ipocrisia e alle costrizioni. Era un modello.
In questo libro, scritto in punta di penna con una delicatezza di tratto insolita e accattivante, Levi – attraverso rapidi bozzetti in successione, senza soluzione di continuità o suddivisioni tematiche – racconta una esistenza di incontri straordinari, e altrettanto straordinarie scoperte, sempre in bilico tra avanguardie culturali (soprattutto artistiche) e understatement:
“Otto Dix. Lessi in un catalogo che abitava a Hemmenhofen. Chiamai l’operatrice della Stipel: c’è in Germania un paese che si chiama così? Sì, cerchi Dix Otto, c’è, lo chiami. Dopo un’ora mi risponde una voce maschile, era Dix: venga a Zurigo prenda un taxi e in mezz’ora arrivi nel tal posto, faccia fermare il taxi, attraversi a piedi un campo, c’è una casetta, io sono lì in Germania. Capii perché era a due passi dalla Svizzera: le sue opere furono dal nazismo distrutte fra quelle degenerate, e non si sa mai… Riattraversai dopo qualche ora il campo e ripresi il taxi. Feci poi comprare al Museo di Torino il quadro (Der) Matrone Fritz Müller aus Pieschen (1919), quello appeso per un angolo, capolavoro. Aveva un viso allungato e scuro, segnato dalla sua grande storia, bellissimo”.
Un libro prezioso, insolito e raro. Vorrei che tutti lo leggessero.
*
Il 4 luglio scorso a Roma, al tramonto, nel Cimitero degli Inglesi alla Piramide dove è sepolto, è stato presentato un volume di Percy Bysshe Shelley, La necessità dell’ateismo, comprendente, oltre alla traduzione integrale del saggio a causa del quale il poeta diciannovenne venne espulso da Oxford nel 1811, anche gli scritti “Sulla vita”, “Su uno stato futuro” e “La condizione del deismo”. La serata, propiziata da Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti) e da Keats§Shelley Memorial House, ha avuto come protagonista la giovane ricercatrice di filosofia della biologia Federica Turriziani Colonna, che per l’editrice Nessun Dogma ha tradotto e curato il volume. Presentandola ho ricordato che Turriziani Colonna è anche co-traduttrice per Mimesis di Ontogenia e Filogenia di S. J. Gould, nonché autrice del saggio Alle origini della specie: embrioni (e uova) (Mimesis 2012). Il suo impegno nel campo di quello che un tempo si sarebbe detto il libero pensiero è emerso sin dalle prime battute del dibattito: proprio il 4 luglio le gazzette erano piene di riferimenti a un fantomatico “dio” con riferimento al bosone di Higgs, e Turriziani Colonna ha esposto al riguardo non solo il pensiero suo, ma anche quello dell’inventore della felice espressione “il tempo profondo”, e persino quello del poeta romantico inglese autore dello “scandaloso” testo.
Che cosa intendiamo noi, per ateismo? “Spesso assimiliamo”, risponde Turriziani Colonna, “una posizione filosofica – la negazione dell’esistenza divina – ad una posizione civile – la laicità”. Lo scritto di Shelley mette in luce precipuamente l’aspetto filosofico della questione, inserendosi a pieno titolo nella tradizione empiristica britannica, in quella linea di pensiero che da Duns Scoto e Ockham, attraverso Ruggero Bacone prima, e Francesco Bacone poi, giunge a David Hume.
Molto interessanti anche le considerazioni a margine dell’ultimo dei saggi citati, “La Confutazione del Deismo”, che si presenta come un dialogo tra Eusebio (colui che crede nella rivelazione) e Teosofo (che pretende di dimostrare razionalmente l’esistenza del dio unico degli abramitici). E qui si inserisce la voce di Shelley, che scandisce: o si usa la ragione giungendo all’atesimo, “o ci si rimette alla rivelazione”, unica possibilità per ammettere ancora che tale “dio” esista. Illuminante la conclusione di Turriziani Colonna: “Resta la terza declinazione della teologia: lo spinozismo”. E l’identificazione totale spinoziana tra “Dio” e “Natura” (che nel lessico di Shelley diventa l’Universo, in altri termini la “totalità”), arriverebbe addirittura a giustificare i titoli delle gazzette sul bosone.
Al termine del pomeriggio ho letto questa mia traduzione di To the Mind of Man di Shelley:
Tu, luce vivente, che dei colori dell’arcobaleno
Rivesti questo nudo mondo, e il Mare
E la Terra e l’aria, e tutte le forme esistenti
Nell’oscurità popolata di questo mondo stupendo:
Lo spirito della tua gloria diffonde
Verità                                        tu Fiamma Vitale
Pensiero misterioso che in questa cornice mortale
Di cose, bruci con vivo splendore
Ora pallido e debole, ora alto nel Cielo increspato
Che langue eternamente come te e ritorna
Sempre
Prima                                       prima delle Piramidi
Al tempo ancora della Terra informe e primitiva
Prima che il passo di un vivente avesse scacciato la tetra solitudine,
Tu fosti, Pensiero: e la tua lucentezza stregò le palpebre
Del grande serpente Eternità, che l’albero
Teneva di bene e male.
E per spiegare ai nostri amici inglesi perché in Italia, quando si parla di ateismo, si finisce inevitabilmente col parlare di laicità, ho citato questi versi del primo Francesco De Sanctis, da La prigione:
… Vinco, allor che perdo; e, quando
Credonmi estinto, più possente sorgo;
Arnaldo muoio, e risorgo Lutero:
Tra le fiamme splendor mando più vivo,
E di sotto alla scure il capo estollo,
Finché di tanti nomi UOMO sol resti.
Vengono i tempi. In lega empia si strigne
Il castello, la Reggia e il Vaticano,
(…)
Il mio pensiero è inestinguibil fiamma,
Che serpeggia invisibile ne’ petti
De’ miei nemici ancor. Io penso e vinco.
E mi riscuoto. E quella voce istessa
Mi torna, ancora, a mormorar nel core:
– Stolto, perché tu pensi? – Ed io pur penso.
L’intenso incontro si è chiuso con la lettura di alcuni scarni dati forniti dall’Accademia Americana delle Scienze: credono in superstizioni, scaramanzie, oroscopi, religioni et similia:
il 99% degli analfabeti;
il 94% di coloro che hanno frequentato solo le scuole elementari;
il 90% di coloro che hanno raggiunto il diploma di terza media;
il 74% dei diplomati;
il 35% dei laureati in materie scientifiche;
il 7% degli scienziati (dai ricercatori ai premi Nobel).
Il legame tra l’aumento delle conoscenze scientifiche e la diminuzione delle credenze è inconfutabile.
Una maggiore diffusione del metodo della scienza – della prova e della verifica – è auspicabile.
*
Qualche settimana fa a Roma, prima alla Luiss, poi al Circolo Mario Mieli, è stato presentato un corposo volume edito dal Saggiatore intitolato L’abominevole diritto, scritto a quattro mani da due giovani studiosi, un docente di diritto internazionale della Bocconi, Matteo M. Winkler, e uno storico dell’arte, Gabriele Strazio, entrambi impegnati nel movimento lgbt italiano.
L’abominevole diritto è una sorta di viaggio attraverso i casi giudiziari che nel mondo occidentale hanno faticosamente liberato le persone gay e lesbiche dall’etichetta di criminali, trasformandoli in soggetti politici. Il libro in sostanza mostra come il diritto abbia saputo gradualmente riscattarsi da quell’abominio che, fino a qualche decennio fa, ancora induceva i giudici di molti paesi a citare il Levitico nelle sentenze di condanna.
Per questo motivo, nella mia relazione introduttiva, ho tenuto a sottolineare la fondamentale differenza tra stati etici e stati di diritto, e in particolare a definire gli stati costituzionali di diritto, quelli all’interno dei quali il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario sono effettivamente indipendenti e sovrani. E riprendendo alcune pagine dal mio Laico Alfabeto, edito due anni fa da Transeuropa, ho cercato di mettere in luce l’arretratezza della posizione clericale italiana, che su questi temi ancora fa leva sulle obsolete concezioni del cosiddetto diritto naturale, mentre il mondo moderno – superata anche la fase del diritto positivo – è oggi approdato al relativismo giuridico.
Nel secondo Novecento si è infatti compreso che un’osservazione oggettiva e distaccata della realtà non è possibile, e che l’osservatore, interpretando la realtà, la influenza necessariamente. Giuristi e giudici non sono indagatori o applicatori di una realtà già data ma, nel momento in cui la interpretano, ne diventano veri e propri creatori. Per il costruttivismo relativistico giuridico di fine Novecento – e l’ambito è quello dei filosofi analitici vs i filosofi continentali – l’uomo contemporaneamente osserva e modifica, influenza e viene influenzato, interpreta e crea. Non è completamente libero, ma nemmeno completamente vincolato; subisce pesanti interferenze da parte della realtà, ma interviene a modificarla. Quindi, se da una parte l’interprete (il giudice) è ancorato alle norme esistenti, in quanto non può prescindere da esse, dall’altra – interpretando le norme giuridiche per applicarle al caso concreto – vi immette sempre qualcosa di suo: influisce su di esse in quanto influisce sulla loro futura interpretazione ed applicazione, crea mentre interpreta. E fa entrambe le cose non in maniera arbitraria, ma sempre fortemente vincolato dall’ambiente storico, culturale e giuridico in cui si pone. Il diritto, secondo il costruttivismo relativistico, è un fatto dinamico, un processo, una pratica sociale di carattere interpretativo, in cui norma giuridica e sua interpretazione interagiscono costantemente.
Ecco perché, semplicemente, non ha più senso – mentre è in corso il dibattito sull’alterità, mentre si fa sempre più accentuato il pluralismo dei valori e degli stili di vita – che il governo di un paese occidentale, membro fondatore dell’Unione Europea, ricorra a una categoria obsoleta come quella del cosiddetto diritto naturale per disattendere alle direttive dell’Unione stessa, conculcando le richieste di milioni di suoi cittadini, in linea coi valori “non negoziabili” dell’unica monarchia assoluta – alias dell’unico stato etico – rimasto sul continente europeo. (Per trovare analogie istituzionali col quale occorre volgersi ad Arabia Saudita, Oman, Qatar…).
In particolare al Circolo Mario Mieli, grazie agli interessanti interventi di Andrea Maccarone e Andrea Contieri, la discussione si è protratta a lungo, permettendo a Matteo Winkler e a Gabriele Strazio di illustrare alcuni concetti di fondo del libro. Anzitutto come, dopo l’emancipazione delle minoranze etniche e la liberazione della condizione femminile, i diritti civili degli omosessuali si pongano come la meta da raggiungere in tutto il mondo civile (alias negli stati costituzionali di diritto). In particolare facendo leva su tre conquiste:
– il matrimonio (o come altrimenti si voglia definire l’unione affettiva di due persone volta alla creazione di un nucleo famigliare);
– l’esperienza genitoriale (omogenitorialità, maternità surrogata, adozione);
– le leggi contro l’omofobia e in particolare contro i crimini d’odio.
Su questi temi si impernia anche l’importante prefazione al volume redatta da Stefano Rodotà, che così conclude: “Si raccomanda questo volume a tutti i cittadini curiosi, a coloro che non si arrendono ai messagi della politica o della chiesa cattolica, ma che vogliono capire il mondo che li circonda, nella speranza che sia sempre meno ingiusto, sempre meno ‘abominevole’”.

(Corrado Levi,ateismo e istruzione Pubblicato da Franco Buffoni |ultima modifica: 2012-07-15T15:44:29+02:00da mangano1
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