AUGUSTO ILLUMINATI – BARUCH SPINOZA, L’OLANDESE POSTFORDISTA

 

 

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AUGUSTO ILLUMINATI – BARUCH SPINOZA, L’OLANDESE POSTFORDISTA
pubblicata da Vladimir D’Amora il giorno Domenica 19 agosto 2012 a

Ricerche e prospettive Le analisi del filosofo olandese illuminano alcune politiche del controllo sociale in un’epoca dove le linee tra politica, lavoro e produzione tendono a svanire
 
Spinoza postfordista; come lo fu illuminista e romantico, idealista e materialista in contesti che certo non erano esclusivamente ideologici. Alcuni suoi temi fondamentali (il rifiuto di ogni teleologia, dell’origine e del processo dialettico, la moltitudine, la soppressione della cornice giusnaturalistica, il piano di immanenza su cui si dispongono corpi e menti, la definizione e l’uso della potenza, la destrutturazione del soggetto) convergono con le caratteristiche della forma postfordista del modo di produzione attuale della ricchezza e dei rapporti sociali ed emergono dal naufragio dello storicismo, ultima incarnazione teologica (dopo il geocentrismo e la filosofia della vita e insieme al cognitivismo intenzionalista) di un orientamento che per molti secoli ha fatto dell’anima dell’uomo il fine della natura, anzi un imperium in imperio. L’etichetta “postfordista” vuole appunto segnalare la convergenza di alcuni dei più notevoli filoni interpretativi italiani e francesi – da Althusser e Deleuze a Negri e ad altri autori che hanno più specificamente proseguito tale impostazione e che sono presenti anche in questo convegno. Inutile anche ricordare che, come lo spinozismo settecentesco e ottocentesco fu una forma di vita e un riflesso dei cambiamenti sociali, così quello contemporaneo implica una scelta esistenziale e si colloca sul terreno di forti contraddizioni ideologiche e politiche, anche interne a uno schieramento affine. Esemplare fu in questo Emilia Giancotti, che si collocò sul difficile (e tormentosamente esperito in quanto tale) displuvio fra una lettura materialistica ancora largamente fordista e quella nuova postfordista. (…) Spinoza viene da una tradizione teologica e ontologica alternativa a quella hobbesiana, che implica fra l’altro un disconoscimento del soggetto in tutti i suoi campi di validità
1. Qui è decisiva l’analisi di Gilles Deleuze. Se tutti i corpi e le menti, tutti gli individui si dispiegano sullo stesso piano di immanenza, differenziandosi soltanto per la velocità maggiore o minore delle combinazioni (dunque come composizione vitale, non schema astratto, capacità di essere variamente affetti, composti e decomposti nelle relazioni inteerne ed esterne fra individui, abbiamo un tipo di piano che regge di per sé, senza bisogno di una dimensione supplementare, a differenza di un piano teleologico, che si riferisce a una trascendenza palese o nascosta, comunque congetturabile. Piano della forma, dello sviluppo (dialettico) e del soggetto. Hegel come opposto di Spinoza.
Ma così è descritto anche il passaggio dal fordismo al postfordismo, dalla pianificazione keynesiana o socialista alla lotta di classe su un terreno orizzontale che mobilita (sfrutta o organizza in modo rivoluzionario) l’insieme degli affetti, delle differenze, delle capacità relazionali. La forza lavoro, così foggiata, resta immanente alla sua prestazione, come la natura naturans nella natura naturata, come la causa intransitiva-immanente rispetto all’effetto, come l’agire politico rispetto agli eventi, senza depositarsi eminentemente in prodotti che “escano” dal produttore. Politicità immediata del lavoro, senza particolari mediazioni rappresentative. Dalla catena di montaggio al badante: due diverse prospettive di guerra (che in realtà si intrecciano e si sommano). Il corpo vi viene gestito in due modalità diverse – la seconda molto più vicina al meccanismo del parallelismo mente-corpo, al doppio inconscio del corpo e del pensiero, che fanno molto più di quanto ora sappiamo (e di quanto l’ingegnere e il cronometrista taylorista potessero rilevare). Moltitudine di corpi e corpi come moltitudini. I rapporti si compongono secondo leggi di affinità e repulsione nella storia casuale degli incontri: buoni sono quelli che incrementano la potenza, cattivi quelli che la decompongono o reprimono. Etica etologica contro morale trascendente. Tutto contro una morale della disciplina, contro la società disciplinare foucaultiana (identificabile con quella taylorista-fordista), anticipandone lo slittamento tipicamente postfordista a società di controllo – randomizzata per grandi aggregati statistici, affidata al flessibile consolidamento delle abitudini fordiste ormai interiorizzate. La potenza non è possibilità più o meno assoluta di operare scelte, ma potentia sempre in atto, identica alla propria essenza, e potestas solo nel senso di potere illimitato di essere affetti. Potenza assoluta di esistere, cioè di produrre ogni cosa nell’attributo estensione, potenza di comprendere, nell’attributo pensiero, tutto ciò che viene prodotto. “Le due potenze sono come le due metà dell’Assoluto”, scrive Deleuze ne Spinoza. Filosofia pratica. Coincidenza di sapere e prassi.
Ciò vale anche per i gradi intensivi di potenza che costituiscono i modi finiti. Alla società fordista del progetto e della volontà di costruzione, teologia antropomorfica secolarizzata, succede la società postfordista, il general intellect simultaneamente considerabile come intelligenza collettiva e insieme delle pratiche relazionali e produttive, totalità di relazioni conflittuali, compositive e decompositive, luogo degli incontri epicurei e lucreziani delle forze. Al sapere-potere rivolto agli individui si è sostituito un apparato fondato sul non-sapere e sull’esercizio della sorveglianza preventiva di gruppi ristretti. Al dio provvidenziale e onnisciente del welfare fordista, è subentrato un Dio aristotelico-averroista che non può conoscere il particolare o quello della teologia negativa, che non sa neppure chi è lui. Indifferente al caso singolo, opera per causas, maneggia direttamente grandi sezioni di popolazione ed eventi. Ben lungi dall’indebolirsi, gestisce il mondo con la crudeltà del mercato e la pervasività di Internet. Su cosa esercita il proprio potere, dunque cosa gli si può opporre?
In termini contemporanei l’altro nome della moltitudine è la cooperazione, l’esistenza politica dei molti in quanto molti, di una rete di individui che non costituiscono un popolo, che cioè non riconoscono che la loro unità e socievolezza possono essere ottenute solo trasferendo sovranità allo stato, visto come unico luogo di esistenza politica di un aggregato altrimenti massa informe e incontrollabile. Mentre la moltitudine ha la propria unità in sé stessa, nel suo essere espressione della cooperazione sociale. Il suo desiderio non ha eccesso, a differenza dell’autonormatività del popolo. Ma naturalmente c’è un rovescio. In caso di sottomissione, di mancata emancipazione, la repellente segmentazione comunitaria di una moltitudine frustrata sostituisce la sorvegliabile obbedienza del popolo suddito e sovrano, senza ricorso a mistiche totalitarie.
Nel volume edito da Unicopli Sul materialismo aleatorio, Louis Althusser, a partire dalla tesi paradossale per cui l’oggetto della filosofia spinoziana è il vuoto (installandosi cioè sin dall’inizio in una “Sostanza” che, per il fatto di esistere nell’assoluto senza relazioni, è essa stessa nulla), fa degli attributi delle figure aleatorie e parallele, come la pioggia epicurea degli atomi, parallelismo senza incontro ma già in sé incontro a causa della struttura stessa del rapporto fra gli elementi differenti di ciascun attributo. Il mondo è datità, fatticità invalicabile, processo senza soggetto, luogo di iscrizione e trascrizione filosofica degli incontri machiavelliani di virtù e fortuna. Tanto più se il più perfetto e convincente esempio di conoscenza di terzo genere viene rintracciato nella storia del popolo ebraico, come conoscenza di un oggetto che è singolare e allo stesso tempo universale. In che senso? Come individuazione di casi singolari e fra loro sempre differenti, secondo un metodo intuitivo (proprio anche della diagnosi medica e psicoanalitica), percorsi da invarianti ripetitive o costanti, rinvenibili anche in altre singolarità della stessa specie.
Sono proprio tali costanti a permetterne un “trattamento” teorico e pratico (una terapia) in casi differenti, senza raggiungere il grado di esattezza e falsificabilità dell’esperimento fisico, ma con altrettanto rigore nel suo genere. Singolarità universali, da sempre lì, versus le generalità immaginarie degradate a meri nomi – astrazioni concrete, le chiamerà più tardi Marx. Terzo genere di conoscenza come equivalente o parallelo della coscienza della propria virtus, della potentia del corpo (…).
Pienezza, dunque, di un materialismo nominalista e aleatorio, cui sembra lecito ricondurre, con diversi accenti, Étienne Balibar, che sostiene ne Spinoza. Il transindividuale che ogni individuo è effetto o momento di un processo di individuazione (rispetto all’ambiente) e di individualizzazione o emergenza di unicità. La conservazione dell’individuo composto, richiesta dal conatus, è in realtà una continua rigenerazione, componente per componente, grazie agli scambi con gli altri individui e l’ambiente, un equilibrio metastabile, accrescitivo del potenziale di energia, che si compie nella dimensione transindividuale o culturale.
Non atomo liberale, dunque, ma mescolanza molecolare e moltitudinaria di cooperazione, segnali, parole, in cui si esprime una convergenza plurale di forze, che di volta in volta riattinge al fondo preindividuale per produrre identità più ricche, nell’immaginazione e nella ragione. La causalità autonoma è un differenziale fra attività e passività che richiede un incessante e problematico riaggiustamento dell’individuo nel suo contesto ambientale e sociale – associazione con i simili per autoaffermarsi resistendo alle tendenze distruttive del dissimile. Ogni tipo di conoscenza lo è anche di comunità e fa uso ineliminabile dell’immaginario, per passare da un minore a un maggiore grado di potenza e realtà. Individuo e stato sono entrambi il risultato di una convenientia, di un’unità coesa di forze convergenti in grado di sconfiggere ostacoli esterni e impulsi disgreganti interni. Nell’immaginazione gli individui si costituiscono relazionandosi, identificando se stessi a partire dall’altro e viceversa. Elemento decisivo allora è la comunicazione, che annienta l’isolamento e l’ignoranza, perdendo però ogni accezione liberale e diventando piuttosto una qualità superiore transindividuale della sperimentata potenza cooperativa in cui noi avvertiamo di essere eterni. L’omnino absolutum imperium della democrazia non è utopia, stadio-limite o terra promessa, bensì nella nostra vita quotidiana, in un’attività intellettuale e affettiva in cui siamo le cause adeguata della nostra preservazione, di un’eternità inevitabilmente parziale, in cui la massima parte della nostra mente si fa eterna, sulla base di un corpo (anche collettivo) adatto a molte cose. Traduciamo (sempre arbitrariamente): la relazionalità dell’intelletto comune che incarna il lavoro vivo e la libertà di linguaggio, non la malleabilità del corpo atomizzato assoggettato sotto padrone.
Ne risulta una via spinoziana al Moderno del tutto diversa da quella che conduce alla nazione unitaria, allo stato assoluto o liberale (esiti secolari della potestas absoluta oppure ordinata, comunque di una potestas in base a libera scelta dei possibili). Tema trattato in Antonio Negri (come tracciamento di una linea ideale Machiavelli, Spinoza, Nietzsche, Marx contrapposti a Hobbes-Rousseau, Hegel, guerra della potenza contro dialettica del risentimento, esaltazione del conflitto e della differenza opposta alla sintesi contrattualistica) e in Paolo Virno, come fondazione della moltitudine, del plurale che presuppone l’Uno e dunque non deve istituirlo nel popolo-stato. La moltitudine postfordista, approdo della via spinoziana, è il luogo di una violenta contraddizione, che però scavalca la volontà generale del popolo democratico nelle sue molteplici incarnazioni. In essa vediamo non l’approdo trionfale di una dialettica storica o un ritorno alla pienezza naturale, ma una fase di individuazione transindividuale, il terreno del gioco degli affetti e della cooperazione conflittuale degli individui sociali.

AUGUSTO ILLUMINATI – BARUCH SPINOZA, L’OLANDESE POSTFORDISTAultima modifica: 2012-08-20T11:14:38+02:00da mangano1
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