“IGNORANTI”, AL MASSIMO! Un popolo così ignorante che non sa di esserlo

 

 

 

arton5581.jpgINCHIESTA. Libro inchiesta di Roberto Ippolito ….
“IGNORANTI”, AL MASSIMO! Un popolo così ignorante che non sa di esserlo. Una nota di Tomaso Montanari – a c. di Federico La Sala
(…) ricordare che: “Tagliare il deficit riducendo gli investimenti nell’innovazione e nell’istruzione è come alleggerire un aereo troppo carico togliendo il motore”
giovedì 7 febbraio 2013.
 
Libro inchiesta

Un popolo così ignorante che non sa di esserlo

di Tomaso Montanari (il Fatto, 07.02.2013)

“Ho visto la scuola pubblica smantellata pezzo per pezzo, la ricerca agonizzare, l’università annichilirsi anno dopo anno. E, in parallelo, questo paese perdere grinta, ambizione, ridursi a una cartolina del passato in cui la cultura viene messa da parte in favore di non si sa bene quale scorciatoia… A una scuola pubblica peggiore può corrispondere solo un paese peggiore”. È intorno a questa lucidissima, terribile pagina di Silvia Avallone che Roberto Ippolito costruisce Ignoranti (Chiarelettere, da oggi in libreria).

Ignoranti non è un lamento, e non è stato scritto da un intellettuale fuori dal mondo: Ippolito è un giornalista economico ed un esperto in comunicazione, e il suo libro dimostra con i numeri e i dati di fatto quanto la constatazione della Avallone sia aderente alla realtà.

L’ITALIA è un paese di ignoranti. “Il 71 per cento della popolazione – scrive il linguista Tullio De Mauro, citato da Ippolito – si trova al di sotto del livello minimo di lettura e comprensione di un testo scritto in italiano di media difficoltà; il 5 per cento non è neppure in grado di decifrare lettere e cifre, un altro 33 per cento sa leggere ma riesce a decifrare solo testi di primo livello su una scala di cinque ed è a forte rischio di regressione nell’analfabetismo, un ulteriore 33 per cento si ferma a testi di secondo livello”. Se qualcuno si chiede come sia possibile che Silvio Berlusconi risalga nei sondaggi settimana dopo settimana grazie a promesse a cui possono credere solo gli analfabeti, ecco la risposta.

Il nesso tra corruzione della politica e ignoranza è fortissimo: “Nel parlamento italiano la percentuale di laureati è scesa dal 91,4 per cento della prima legislatura al 64,8 della quindicesima. Una flessione di 27 punti percentuali, in controtendenza con le altre democrazie: negli Stati Uniti i laureati al Congresso superano il 94 per cento”. E una politica analfabeta impone al Paese un futuro di analfabetismo: l’“attacco continuo alla scuola pubblica” (è il titolo di un paragrafo del libro) ha prodotto la scuola con l’età media degli insegnanti più alta d’Europa. L’89,3% ha più di quarant’anni, e i precari che li dovrebbero sostituire hanno esattamente quell’età media.

ANZIANI, dunque, e drammaticamente sottopagati: “gli stipendi dei docenti italiani sono diminuiti dell’1% tra 2000 e 2009” mentre “nel resto dei paesi Ocse sono aumentati mediamente del 7%”. Per non parlare delle scuole: edifici sporchi, inadeguati, pieni di topi: e nel paese con la retorica dell’infanzia più melensa e irritante del mondo, il 47,5 per cento delle scuole non ha un certificato di idoneità statica, e solo il 24,8 è stato sottoposto a verifica di vulnerabilità sismica.

E gli stessi ministri e presidenti del Consiglio che non hanno fatto assolutamente niente per migliorare la situazione, e anzi l’hanno aggravata con i dissennati tagli lineari (Francesco Profumo e Mario Monti in testa) saranno in prima linea ai funerali delle vittime del prossimo crollo scolastico.

Ma – fa notare Ippolito contro ogni retorica dell’antipolitica – la cultura non è solo “calpestata dalle istituzioni” (così si intitola un altro paragrafo), ma è come rigettata dalla stessa società. A partire dalla classe dirigente in senso più ampio: e Ippolito mette in fila alcuni degli strafalcioni dei giornalisti, della comunicazione ufficiale di Trenitalia, degli idolatrati giocatori di calcio (come non citare il “Rispetto l’omofobia” di Francesco Totti?). E non c’è da stupirsi: “il numero di lettori fra i dirigenti, gli imprenditori e i professionisti in Germania e Francia è grosso modo il doppio” che in Italia (i dati sono di Giovanni Solimine, L’Italia che legge, Laterza 2010).

Ed è devastante dover ammettere che l’intesa tra la politica e i cittadini è spesso giocata proprio sul condiviso sospetto per la cultura. Alessandra Mussolini ringhia che “il nonno ha fatto opere, mica libri”. Rispondendo a Massimo Giletti, Berlusconi ha detto che “Mario Monti è umanamente gradevole, ma è un professore”: una colpa irredimibile. E Matteo Renzi è ben avviato sulla stessa strada. Se deve spiegare che Dante è vivo, specifica che non è “noioso come la spiegazione di un professore arrugginito”.

UN PAESE che accetta e favorisce le differenze basate sul censo e sullo status ereditario, e dunque differenze contro il merito, ma mal sopporta invece l’idea che esista un’élite fondata sulla conoscenza e lo studio: “si è verificato uno scadimento complessivo, un inebetimento”, dice lo scrittore e insegnante Marco Lodoli. Il quale, tuttavia, sente che il vento sta cambiando: “Credo si apra una nuova stagione. Si avverte una diversa atmosfera culturale dopo che i ragazzi e gli adulti hanno vissuto in una specie di circo”.

È da qui che può innescarsi “la scossa possibile” che dà il titolo all’ultimo capitolo del bel libro di Ippolito: “L’Italia ignorante non è l’Italia che può prendere slancio. Non contrasta le diseguaglianze, non favorisce l’avanzamento sociale. Ma i tanti fermenti esistenti, i successi dei talenti italiani… dicono che il sapere può dare la scossa”.

E per invertire la rotta basterebbe ricordare che: “Tagliare il deficit riducendo gli investimenti nell’innovazione e nell’istruzione è come alleggerire un aereo troppo carico togliendo il motore”. In campagna elettorale tutti i nostri politici sarebbero pronti a sottoscrivere questa frase: per rimangiarsela, come sempre, nei fatti, già un minuto dopo la presa del potere. Chi l’ha detta, invece, l’ha anche messa in pratica: ma si chiama Barack Obama.

SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:

LA “PROFEZIA” DI MARSHALL MCLUHAN: NARCISO E LA MORTE DELL’ITALIA. Il “rimorso di incoscienza” di Marshall McLuhan

UNITA’ D’ITALIA E FOLLIA: EMERGENZA LOGICO-MATEMATICA. PER UN CONVEGNO E UNA RIFLESSIONE SUL CONCETTO DI ’UNITA’ E DI SOVRANITA’ (SOVRA-UNITA’). Materiali sul tema

LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL “LATINORUM”. Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica “Deus caritas est” (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

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> “IGNORANTI”, AL MASSIMO! — Se il lavoro non c’è, perché andare a scuola? (di Giuseppe Caliceti).
8 febbraio 2013, di Federico La Sala
Se il lavoro non c’è, perché andare a scuola?

di Giuseppe Caliceti (il manifesto, 8 febbraio 2013)

Perché si va a scuola? Per trovare un lavoro da grandi. Sì, certo, ma se poi da grandi il lavoro non c’è perché siamo in piena crisi del mercato del lavoro, andare a scuola, allora, cosa serve? Risposta: a niente. O meglio: a tenere buoni alunni e studenti. Possibile? Sembra proprio così.

Dunque, andiamo con ordine: negli ultimi venticinque anni si è fatta strada in Italia l’idea che la funzione principale dell’università e dell’intero sistema formativo sia fornire forza-lavoro al mondo del lavoro e dell’economia. Un’idea forte, che ha messo al centro dei processi educativi il concetto di formazione (a breve termine), mettendo nell’ombra quello di educazione (a lungo termine). È un’idea derivata dall’unione fondamentalmente economica dell’Europa. Che ha trovato diversi adepti anche tra pedagogisti e politici, non solo legati al centrodestra ma anche al centrosinistra. Potremmo chiamarla un’idea di politica scolastica di matrice neoliberista.

Anche il linguaggio dell’amministrazione scolastica è cambiato: si è parlato di scuola-azienda, con tutto ciò che questo comporta in termini didattici e pedagogici. Si sono ripetute parole d’ordine come meritocrazia, sorvolando sulla funzione sociale e di uguaglianza delle opportunità di un sistema scolastico statale. Si è provato in ogni modo a proporre test sulla qualità delle scuole e della formazione utili più a ricerche di mercato che a e nuove strategie educative; ricordiamoci sempre che l’Ocse che misura i nostri ragazzi è un organismo economico, non filosofico o pedagogico.

La domanda che pongo è questa: che fine fa la visione di un’università e di una scuola che hanno come stella polare quello di creare forza-lavoro nel tempo della crisi del mercato del lavoro? Dove magari, come accade in Italia, il cui tessuto economico è fatto in gran parte di piccole aziende semiartigianali, il laureato specializzato è meno attraente di un lavoratore non specializzato, magari d’origine straniera e a basso costo?

Non sono domande nuove: negli Stati Uniti e in Inghilterra, quel sistema scolastico anglosassone che noi oggi cerchiamo di replicare fuori tempo massimo in Italia, è già sotto accusa e si sta correndo ai ripari. Intanto il risultato delle cattive politiche scolastiche messe in atto dagli ultimi governi italiani ha portato ai primi cattivi frutti. Uno: la scuola primaria italiana che era prima per qualità in Europa nel 2008, dopo la controriforma Gelmini è precipitata in classifica. Due: oltre 50.000 immatricolazioni universitarie in meno negli ultimi dieci anni; che è assurdo attribuire solo al calo demografico.

Occorre riflettere, specie nel centrosinistra italiano, sulla visione di scuola e università che vogliamo. Magari rivalutando quella pedagogia popolare italiana del Novecento non togata, che va da Gianni Rodari a don Milani a Loris Malaguzzi, che parlavano più di educazione – permanente, civile, della persona – che di formazione temporanea. E che mettevano la scuola al centro della vita sociale e democratica di un Paese, come suo cuore pulsante, piuttosto che subordinarla acriticamente a un mercato o a ideologie.

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> “IGNORANTI”, AL MASSIMO! —- MIUR E MEF, ministeri dell’inefficienza e dell’arroganza. I Ministri dell’Istruzione e del Tesoro – pur Ministri tecnici – meritano senz’altro il titolo di Ministri dell’inefficienza e dell’arroganza.
8 febbraio 2013, di Federico La Sala
Comunicato stampa di Domenico Pantaleo, Segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL. *

MIUR E MEF, ministeri dell’inefficienza e dell’arroganza

I Ministri dell’Istruzione e del Tesoro – pur Ministri tecnici – meritano senz’altro il titolo di Ministri dell’inefficienza e dell’arroganza.

Ministri dell’inefficienza perché, invece di predisporre i servizi informatici di trasmissione dati per il pagamento delle supplenze (il provvedimento che prevedeva ciò risale a luglio), ad oggi non hanno saputo fare di meglio che varare un sistema che non funziona mandando in tilt il lavoro delle scuole.

Ministri dell’inefficienza perché non hanno trovato di meglio che predisporre un sistema che programma il pagamento a ben due mesi di distanza dal lavoro svolto.

Ministri dell’inefficienza e dell’arroganza perché, con un puro atto amministrativo, unilaterale ed arbitrario, impongono la sottrazione dalle tasche dei lavoratori dei giorni di ferie maturati corrispondenti ai periodi di sospensioni delle lezioni a partire da gennaio e non da settembre 2013 (come prevede chiaramente la norma).

Il risultato, inaccettabile e inqualificabile, è che un gran numero di supplenti attende di essere pagato da novembre, il lavoro svolto sarà costantemente pagato dopo due mesi, ai lavoratori saranno ingiustamente sottratte delle risorse, anzitempo, in spregio della stessa legge. E le segreterie nel frattempo sono precipitate nel caos organizzativo.

La FLC CGIL diffida dal proseguire su questa linea.

Ogni azione, anche a carattere legale, a tutela dei supplenti e della dignità del lavoro delle scuole, e per il rispetto della legge, sarà messa in campo dalla nostra Organizzazione sindacale.

FLC CGIL nazionale, 07/02/2013

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> “IGNORANTI”, AL MASSIMO! —- IL SONNO MORTIFERO DELL’ITALIA.
8 febbraio 2013, di Federico La Sala
IL SONNO MORTIFERO DELL’ITALIA. In Parlamento (ancora!) il Partito al di sopra di tutti i partiti.
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> “IGNORANTI”, AL MASSIMO! —- Lo smantellamento della scuola pubblica è un’amara realtà che interessa tutti gli ordini di scuola e un iter avviato da coloro che hanno reso l’ignoranza il caposaldo del loro agire politico.
9 febbraio 2013, di Antonio C.
Lo smantellamento della scuola pubblica è un’amara realtà che interessa tutti gli ordini di scuola e un iter avviato da coloro che hanno reso l’ignoranza il caposaldo del loro agire politico. La risalita nei sondaggi di Berlusconi suggerisce il relativo livello culturale di una fetta della popolazione ed esplicita perché “Il nesso tra corruzione della politica e ignoranza è fortissimo”.

Montanari nel suo apprezzabile tentativo di evidenziare una situazione paradossale, dimentica tuttavia di riflettere sulle assurde equazioni derivanti da modelli culturali imposti e ritenuti validi secondo il principio A communi observantia non est recedendum, non allontanandosi dunque dall’opinione comune di una ristretta cerchia di “sapienti”. L’ignoranza è considerata nella sua accezione più semplice e riferita al sapere, riducendone così la portata ed escludendo quella èlite di intellettuali, che ne costituisce l’essenza.

L’affermazione “Nel parlamento italiano la percentuale di laureati è scesa dal 91,4 per cento della prima legislatura al 64,8 della quindicesima” perpetua un’equazione sbagliata: laurea = conoscenza e sminuisce il valore del contributo di chiunque. Berlusconi e Profumo hanno risolto qualche problema reale? La dottoressa Fornero è riuscita, in un solo colpo, a fare più danni di un bambino capriccioso. Si può essere ignoranti pur essendo laureati, gli esempi sono tantissimi. Il titolo non affranca dall’ignoranza e volendo considerare le lauree attuali si potrebbe aprire un’ampia discussione a tal proposito. Chi è abituato a sviscerare le questioni per esigenze di sopravvivenza, come molti italiani, anche se analfabeta, saprebbe sicuramente offrire un contributo valido alla soluzione di alcuni problemi del paese.

“Negli Stati Uniti i laureati al Congresso superano il 94 per cento”.

Non si può certo dire che gli Stati Uniti siano il vertice della “sapienza”. Quella “cultura” posseduta dal 94 % del Congresso sembra sia stata usata per impacchettare una demo-crazia fasulla che non ha mai dimostrato di voler realizzare il potere del popolo. Come si può erigere a modello un paese che cura e istruisce solo chi è in grado di pagare, che non accetta le sentenze dei tribunali internazionali, che usa la guerra come strumento economico e dove vige ancora la pena di morte?

“Alessandra Mussolini ringhia che “il nonno ha fatto opere, mica libri”. Rispondendo a Massimo Giletti, Berlusconi ha detto che “Mario Monti è umanamente gradevole, ma è un professore”.

Seppur sarcastiche e pregne di ignoranza le due affermazioni evidenziano il bisogno di una dimensione terza che dia corpo al sapere e che in questo paese sembra essere diventata un tabù: il fare attraverso l’esperienza. Bisogna ammetterlo, i professori, soprattutto quelli universitari vivono perlopiù nell’iperuranio, dimentichi che la realtà è altrove e molto spesso non coincide con le loro fantastiche idee. Identificano il sapere con la conoscenza e lo perpetuano. Nel loro girovagare tra teorie e assiomi trascinano purtroppo, quando chiamati ad occupare importanti scranni, anche la popolazione. Chi è più ignorante tra colui che dall’alto del suo sapere determina, in maniera consapevole e sconsiderata, gli indirizzi politici, sociali ed economici di un paese e la popolazione che è costretta a fare esperienza di quell’ agire?

L’equazione titolo = sapere è vera solo se riferita alle nozioni e se applicata a quel principio vuoto che è la meritocrazia, ma diventa falsa quando le si attribuisce il valore di titolo = conoscenza.

Ci vuole ben altro per trasformare il sapere in CONOSCENZA: l’intenzione di conoscere, l’esperienza, il fare, la creatività, la relazione, la consapevolezza di chi sono io e come sono collegato a tutto il resto, la solidarietà. Ciò non si insegna a scuola e tantomeno nelle università. Interessante sarebbe introdurre una nuova equazione nella selezione di qualsiasi candidato: CONOSCENZA = funzione svolta, ben diverso dall’ipocrita meritocrazia basata sul sapere.

Purtroppo e ahimè la scuola tutta ha delle responsabilità per questo stato di cose. Il vulnus che ha contribuito a creare dovrebbe diventare il cuore di un dibattito nuovo teso a ridefinirne la funzione, il modello educativo, la didattica, l’organizzazione e le offerte formative. L’istituzione scolastica deve abbandonare il modello del sapere per abbracciare quello della CONOSCENZA che rende liberi e consapevoli. Solo in questo modo diventerà utile investire nell’istruzione, diversamente l’attuale “cimitero”, di professori, studenti, intellettuali e cittadini, continuerà ad espandersi.

Antonio C.

“IGNORANTI”, AL MASSIMO! Un popolo così ignorante che non sa di esserloultima modifica: 2013-02-09T15:59:30+01:00da mangano1
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