Gianfranco La Grassa, VEDIAMO UN PO’….

VEDIAMO UN PO’…..di GLG, 23 feb ‘13

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Non mi lancerò in previsioni su un evento ormai alle porte; ho già abbastanza nausea per i fatti miei, inutile rischiare. Desidero iniziare da un fatterello che mi ha divertito e che, a mio avviso, è di quelli capaci di gettare vivida luce sulla miserabilità di una situazione come quella esistente in questo paese, e presso questa popolazione ormai deprivata di ogni rappresentanza politica, che del resto non sarebbe nemmeno in grado di riconoscere pur se ci sbattesse il muso. L’ultima accusa a Giannino – dopo il master e le due lauree mai presi e magari qualcos’altro che non ricordo – è di aver mentito circa la sua partecipazione allo Zecchino d’oro. “Ho verificato su un annuario tutti i nomi dei bambini che hanno partecipato allo Zecchino dal ‘61 in poi e non c’è nessuno che si chiama Oscar Giannino. E non è possibile presentarsi sotto falso nome”, ha dichiarato il Mago Zurlì, della cui serietà dubito meno di quella di Zingales, semplice economista a Chicago (nome che letto in italiano ha già un simpatico significato “allegorico”).

Mi piacerebbe sapere com’è possibile che questo finto dandy (ma avete mai visto foto di Oscar Wilde? E non obiettate che era di altro secolo, la volgarità e l’imbroglio sono a-temporali). Per anni ci hanno rotto i coglioni presentandoci questo banalone neoliberista, ripetitore sclerotico della smithiana “mano invisibile”, come un genio, quasi un oracolo. Gli è capitato di mettersi in politica. Voi capite il disastro: uno che di politica non ne capisce nulla e, per di più, capita in mezzo ad una masnada di altri incompetenti e maneggioni, che parlano a vanvera e non possono quindi fornirgli alcun modello da imitare. Il risultato è la fuoriuscita di testa; come del resto sta un po’ capitando anche ad un altro sprovveduto, il prof. Monti, che di suo ci aggiunge poca sapienza e cervello ingarbugliato. Finché è stato diretto da Napolitano, che a sua volta era imbeccato da altri, ha agito coerentemente nello sventrare l’Italia; adesso non si capisce bene se lo stanno allenando per un’ulteriore più catastrofica presidenza della Repubblica o se invece l’abbandonano a se stesso.

Comunque, in questo paese, creano i personaggi finché servono, poi se sembra meglio annientarli, lo si fa. Tutto è, come si dice, “ad orologeria”. I cialtroni che ci presentano come geni o salvatori della Patria sono scelti dall’estero, e accettati da un gruppo di malfattori nostrani. Dopo di che, se si cambia idea sul da farsi o ci si accorge di avere scelto troppo in basso come livello di intelligenza o se lo scemarello crede proprio di poter fare qualche mossa sua (anche magari solo per ricattare e alzare il suo prezzo), viene stroncato. Ogni tanto, meno male, nella foga distruttiva salta fuori un bel pezzo comico del tipo “non ha partecipato allo zecchino d’oro, è un vile mentitore, niente credibilità politica”.

Veniamo pure a cose più serie, ma non troppo serie. Ho più volte fatto alcune affermazioni molto secche, che continuerò a ripetere. La “sinistra” è ormai un cancro in questo paese, una malattia che, se non curata, lo porterà a morte definitiva. Il peggio che possa dunque capitare è certo un prossimo governo “sinistra-centristi (montiani in specie)”. Non c’è più tempo – e nemmeno forza e mezzi, del resto – per scongiurare il pericolo; ci si deve affidare al caso e, soprattutto, alla scelta degli indecisi (speriamo finti come in tutte le elezioni d’Italia, a partire da quella del 18 aprile ’48, quand’era temutissima la vittoria del “Fronte Popolare” e prese la maggioranza assoluta la DC). Se l’astensionismo fosse vicino al 30%, il progresso del cancro sarebbe pressoché sicuro; se si raggiungesse l’80 o più % di votanti, la situazione sarebbe forse più ballerina. All’inizio della legislatura, però, e non so per quanto tempo.

Nei cinque anni testé trascorsi, 200 parlamentari (20%!) hanno girovagato anche tre, qualcuno quattro, volte tra schieramenti perfino opposti. Secondo me, i candidati odierni sono ancora peggiori, la transumanza sarà superiore, magari doppia. E resto convinto che l’aumento inciderà soprattutto nel movimento “grillino”, su cui convergerà una buona quota di votanti dopo vent’anni di totale assenza di ogni politica e della minima educazione a pensare alla politica. Vedere accanto a Grillo a Milano un vecchio arnese di legno marcito come Fo, vedere che Celentano (banalone e ignorante) lo appoggia, sono altri segnali negativi. Ho sentito comunque almeno tre quarti dell’intervista trasmessa il 21 sera su “La 7”. Un pasticcio incredibile, una confusione di idee non certo inferiore a quella degli altri.

Il negativo vero è però su un altro piano, quello appunto della sedicente antipolitica. Bisognerebbe essere contro la politica tout court, secondo costui. Non ci sono destra né sinistra, nel senso che entrambe svolgono politica, mentre esistono solo cose da fare: buone o cattive, giuste o sbagliate. Questa è un’idea perniciosa, esattamente come lo è stata la continua cantilena di questi anni di un ceto intellettuale infame a canagliesco (e di infima qualità intellettiva): le ideologie sono finite! L’ideologia è il sale del mondo, quella che dà a quest’ultimo il suo senso e fornisce uno scopo a chi vi agisce per operare e anche trasformare. Ma per operare e trasformare occorre la politica, l’azione strategica e tattica, l’intelligenza della comprensione delle situazioni in cui ci si deve muovere con modalità diverse: ora rigide, ora duttili, ora esplicite e sincere ora nascoste e aggiranti, ecc.

E questo di Grillo sarebbe populismo? Ho vissuto, in un’età in cui già si comincia a ricordare, l’epoca dell’“Uomo Qualunque”: Guglielmo Giannini era un genio rispetto a questo comico, sulla cui comicità ci sarebbe pure da eccepire. E volete paragonare i populismi di Mussolini, di Franco, di Peron, ecc.? E sto citando tutti “nemici” di quel partito che presi poi fin da giovane. Quelli comunque non facevano antipolitica, sapevano la politica. Sapevano che c’è l’ora della spada di Brenno e l’ora del surriscaldamento dei cervelli della “ggente” (le “folle oceaniche”), l’ora della preparazione del terreno e l’ora dell’attacco, l’ora dell’agitazione emotiva e l’ora dell’inquadramento e dell’organizzazione per costruire qualcosa, e via dicendo. Altro che cianciare di “comunità di eguali”, “tutti sullo stesso piano”, “ognuno rappresenta anche gli altri”, in cui nessuno “decide”, tutti compartecipano all’idea comune (quale, visto che è un ammasso inestricabile di tutto e del contrario di tutto?).

Milioni di persone tutti fratelli e amorevoli l’uno con l’altro? Già lo si è visto; e lo si vedrà ancor meglio in seguito al successo! E dopo le esimie prove date dagli economisti ed esperti, vale la pena di citare Stiglitz ricordando, come si trattasse di un “titolo nobiliare”, che ha avuto il premio Nobel? L’ha avuto anche Obama per la pace; e, volendo essere meno polemici, l’hanno avuto economisti delle più svariate e contrapposte (anzi nemiche, antagoniste irriducibili) scuole. Chiunque può citare un nome “famoso” per sostenere le sue idee, le più differenti possibili fra loro. Demagogia pura, pericolosa perché ha il “buon senso della gente detta comune”, che è appunto la gente senza idee come Celentano, un perfetto conformista piatto e ipocrita.

Tuttavia, teniamo pure conto dell’obiezione principale che solleverebbero i votanti più accorti e intelligenti di questo schieramento. Un successo di Grillo potrebbe aumentare la confusione e magari accentuare l’impossibilità di formare un governo stabile, aprendo la strada ad uno sfascio foriero di migliori (o meno peggiori) soluzioni. Senza dubbio, sono alla fin fine non contrario alla situazione di caos e ingovernabilità sostanziale, poiché abbiamo visto che cosa ti combinano questi sfasciacarrozze non appena fanno credere di governare. Tuttavia, restano le mie perplessità su quanto detto in precedenza circa la transumanza dei parlamentari, di cui credo sarà soprattutto vittima un movimento così vacuo, generico, inconsistente quale quello che sostiene d’essere una semplice “comunità d’amici” tutti amorevolmente uniti fra loro. In ogni caso, sia chiaro, piuttosto che votare “sinistra” o i centristi montiani, si voti pure Grillo; si può guadagnare del tempo prima della morte definitiva per cancro.

Bisognerà, prima o poi, spiegare bene come la sedicente “sinistra” non sia affatto tale. Cerchiamo però di non semplificarci il compito con la vecchia formula, usata per molto tempo da tutti noi, della destra e sinistra eguali fra loro, dell’inesistenza di una qualsiasi differenza, ecc. Ribadisco quanto vado ripetendo da tempo: se ci si riferisce a come abbiamo per intere fasi storiche considerato le due denominazioni, è ovvio che queste oggi, soprattutto non a caso in Italia (e ciò dovrebbe allora far pensare), non hanno più alcuna valenza. Nello stesso senso, però, per cui non ha più alcuna valenza la contrapposizione, tuttora agitata e buona per ogni uso, tra fascismo e antifascismo. Forse sostengo che fascismo e antifascismo sono divenuti la stessa cosa, sono indistinguibili? No, semplicemente è avvenuta – quasi a nostra insaputa e comunque senza che ne sia stata mai fatta un’analisi adeguata – una mutazione dell’antifascismo. Piaccia o non piaccia a molti, l’antifascismo inteso come Resistenza è stato un fenomeno molto più limitato di come poi lo si è voluto interpretare; ridotto all’alta Italia e poco più, e senza interessare realmente la grande maggioranza della popolazione nemmeno in tale area.

Chiunque venga a dirmi che i partigiani “nuotavano come i pesci nell’acqua”, secondo la vecchia dizione maoista e vietnamita, mente spudoratamente; l’acqua mancava spesso e volentieri, i partigiani facevano la fame in montagna, dovevano organizzare pericolose scorribande per procurarsi cibo, ecc. Come disse Cossiga stesso, fonte penso credibile, l’80% della Resistenza era comunista. E quell’80% fu messo in minoranza (detta “secchiana”) dopo la guerra da Togliatti con i suoi compromessi (perfino necessari, sia chiaro); essa, non a caso, fu quella maggiormente sconfitta quando venne il 18 aprile 1948. Tale data segna la fine della “spinta propulsiva” che quella Resistenza antifascista voleva imprimere al mutamento della società italiana: questo si produsse invece impetuoso, rapido e vasto a fine anni ‘50 con il boom economico, trasformazione del paese in un capitalismo industriale più maturo.

L’antifascismo si trasmutò, per opera di infiltrazioni varie (che discuteremo altrove), in quello savoiardo e badogliano, quello del puro tradimento, quello che tentò il baluardo della Monarchia e fu allora battuto (anche per “malizioso” aiuto americano, pagato poi caro) dal referendum del 1946 (e diciamocelo infine alto e tondo: forse pure con qualche “broglietto” elettorale). Tutto questo non bastò di fronte alla piena trasformazione capitalistica industriale della società italiana, con i vili “cotonieri” filo-americani che già avevano voltato gabbana il 25 luglio e 8 settembre. L’ondata arrivò al Pci, distrusse la Resistenza comunista malgrado certe inizialmente oneste e coraggiose, ma inutili, resistenze ridotte poi troppo spesso a delinquenza. Il Savoia s’introdusse perfino in questo partito a simboleggiare quanto avvenne soprattutto negli anni ’70 (una data simbolica è la nascita di Repubblica nel ’76, quando avvenne anche la definitiva mutazione del Psi all’Hotel Midas).

Da allora, e sempre più velocemente, passando per tappe che devono essere studiate e ben riflettute, proprio il Pci si trasformò da partito a base popolare in un covo di rinnegati con seguito tra fighette e fighetti della buona società, con tutta la nuova “borghesia” meneghina e torinese (e perfino nobilastri romani), con le loro odiose facce che vorresti appiattire con un rullo compressore. Quando infine poté, il partito cambiò nome e si trasferì apertamente al servizio della potenza egemone. Da allora il sedicente antifascismo è solo una forma di “vendita del culo” allo straniero, è mille e mille volte peggiore del peggiore fascismo e nazismo; quelli almeno si suicidarono e affrontarono la loro sorte nella sconfitta, questi si sono piegati, strisciano, sbavano, sono esseri abominevoli, indegni di qualsiasi rispetto. Di questo, lo ripeto, bisognerà trattare in futuro con maggiore ampiezza.

 

2. Qui debbo insistere su un punto decisivo. Tra destra e sinistra non c’è differenza politica per il semplice fatto che da vent’anni non esiste più una politica in Italia, questa è nella sostanza dettata dall’estero, in particolare dagli Usa. Il personale dei due schieramenti è costituito di gentaglia senza cervello e senza idee (di ideali, non parliamo per non far ridere), che non siano quelle di arraffare quel che è possibile o assicurarsi qualche sinecura (la “paghetta” dei traditori) per tutta la vita. E’ logico che possano passare da una parte e dall’altra se intravvedono maggiore sicurezza o almeno una veloce intascata di soldi. Non sono però la stessa cosa per quanto riguarda gli sciocchi (o peggio?) che li votano. Non c’è alcun rapporto da rappresentato a rappresentante tra il votante e il votato; il secondo è generalmente un piccolo intrallazzone che si arrangia, il primo è un completo analfabeta in politica che crede all’immagine che gli hanno propinato.

E l’immagine dice che la destra difende il bravo lavoratore in proprio, quello che non timbra cartellino, che sgobba e sostiene l’economia del paese, che s’ingegna a tutto spiano, che evade quel tanto di imposte per poter sopravvivere di fronte ad una massa di parassiti (fra cui le terribili banche) che lo accerchiano da tutte le parti. L’immagine dice che la sinistra, invece, difende il lavoratore salariato, soprattutto l’impiegato pubblico che si accontenta di modesto guadagno pur di non logorarsi troppo nel lavoro; difende sempre i lavoratori anche quando andrebbero licenziati in tronco, ne fa assumere tre dove ne basta uno, ecc. E poi tutti i guitti, i ciarlatani che si credono comici e insigni presentatori o invece grandi pensatori e dispensatori di cultura non sono forse a sinistra? E i “veri signori” nelle grandi città, gli industriali e finanzieri di gran nome, non vanno forse alle primarie del Pd? E poi i sinistri sono progressisti, politicamente corretti. Mai gli scappa negro, femmina, frocio. Aprono la porta del negozio e, con dolce sorriso pietoso, lasciano passare per primo l’extracomunitario; la loro colf è un’amica (com’è liberatorio vedere e rivedere “Il buio nella mente” di Chabrol, m’ingrasso ogni volta!), cucina loro cibi “esotici”, schifosi, ma volete mettere: la diversità arricchisce, accresce l’umanità.

Questi idioti, che di politica non capiscono un tubo, s’inchinano davanti alla presentazione delle immagini da parte dei diversi furfanti in lizza per fingere di rappresentarli mentre rappresentano solo se stessi. Questa è però appunto la società all’americana, la più avanzata e moderna democrazia che ci sia; noi siamo ancora un pelino indietro, ma per l’essenziale siamo già arrivati. Finalmente voteremo semplicemente in base alla bella o meno bella presenza dei candidati, alla “simpatia di pelle” che ci trasmettono, alle cose più o meno sfiziose che ci dicono; l’importante è che non facciano gaffe, non s’inceppino trasmettendo qualche incertezza. I cretini di italiani, e il “popolo semicolto di sinistra”, nemmeno si rendono conto che negli Stati Uniti i candidati (ad es. alla Presidenza) rappresentano solo lo spettacolo adatto per le popolazioni, che sono composte di ignari laggiù come da noi e come in ogni altra parte del mondo. La differenza è che dietro quella recita, quello spettacolo, lì ci sono centri strategici in quanto effettivi rappresentanti di reali conflitti tra potenti gruppi dominanti. Dietro lo “specchio” si muove un mondo che non è per nulla composto da immagini (né dalle virtualità della “rete”, altro mito dei deficienti della democrazia dal basso).

Sotto la superficie, c’è il diramarsi delle trame che assassinano la gente, che effettuano colpi di Stato, che organizzano manifestazioni, che pagano e corrompono in “altri lidi”, che spiano e scoprono le mosse degli avversari e cercano di deviarle con inganni vari, ecc. ecc.; c’è insomma tutto ciò che di serio fanno gli esseri umani, consapevoli di esserlo e di avere un cervello funzionante per muoversi in un mondo, che è costantemente avverso e denso di pericoli e trabocchetti. Qui da noi, dietro le pareti sottili come sfoglie non vi è nulla, nessuno, nemmeno mandanti in proprio degli attori che recitano la loro vuota commedia. Le pareti sono sottili ma opache, perché non bisogna che il popolo si accorga che i guitti e i grandi pensatori (e gli esperti, i tecnici e gli altri furfanti similari) sono soltanto marionette tirate per gli spaghi dagli stessi centri strategici, dagli stessi gruppi dominanti, che agiscono in paesi stranieri, primo fra tutti gli Usa. Dietro queste sottili pareti di un paese vassallo (anzi valvassino) come il nostro stanno gli stessi gruppi situati alle spalle dei due principali “attori” durante le presidenziali americane. Al massimo, questi gruppi hanno nel nostro paese servitori con livree adornate di fregi differenti a seconda se sono maggiordomi (non so se ne esistano in Italia), cuochi, autisti, camerieri da tavola, addetti alla pulizia dei mobili e addobbi o delle scarpe, sguatteri di cucina, pulitori di latrine (in genere senza acqua a disposizione, salvo la loro saliva).

In definitiva, in paesi come l’Italia, nella sfera degli apparati normalmente addetti all’esercizio della politica, si muovono in sostanza due tipi di agenti. Al primo tipo appartengono coloro che perseguono innanzitutto i propri interessi e usano gli apparati in questione a tal fine. Ovviamente, se è necessario, tenuto conto dei legami che legano un paese ad altri – alcuni dei quali sono più potenti – essi accettano di sottostare agli interessi dei gruppi dominanti in detti paesi; tuttavia, il loro scopo principale è l’interesse loro. Il secondo tipo di agenti è quello di coloro che ricevono di fatto una “paga” rispondendo con ciò agli ordini dei gruppi dominanti che li pagano; i quali, a loro volta, sono dei subdominanti, cioè dominanti in quel dato paese ma subordinati (i servitori con fregi diversi di cui detto) a quelli di un altro più forte internazionalmente.

In Italia quindi – in seguito a specifici svolgimenti storici: rinnegamento e passaggio di campo del Pci (caduto sotto l’egemonia totale ed esaustiva dell’antifascismo del tradimento), colpo di Stato giudiziario (“mani pulite”) orientato dall’estero con connivenze nei “cotonieri” interni, resistenza di alcuni settori i cui interessi sarebbero stati annientati (e in gran parte lo furono, come avvenne per la maggioranza dell’industria “pubblica”), pratica identificazione di tali ultimi settori nella persona di Berlusconi – il vero contrasto esistente da vent’anni nella sfera, dove normalmente si svolge la politica, è appunto tra quest’uomo e i rinnegati del fu comunismo. Il primo rappresenta il tipo che persegue, in prima istanza, i suoi interessi pur piegandosi, appena necessario, agli interessi di gruppi più potenti; i secondi ricevono una “paga” (che non significa solo denaro, è questione ovviamente più complessa e variegata, ma la sostanza non cambia) per servire gli interessi di quel coacervo di dominanti interni ed esteri, rappresentati dai subdominanti (i “cotonieri”) e, al vertice, dai predominanti (gli statunitensi).

Questo contrasto, per vischiosità storica e con fini di mascheramento ideologico, è sussistito nell’usuale forma di destra e sinistra, ma era ovvio che simile dicotomia non funzionasse nel nuovo contesto; e tuttavia, non si può non notare che l’odio, il malanimo, fino alla volontà di distruggersi reciprocamente, è reale e si giustifica solo con una differenza che comunque non è di sola etichetta, mentre il contenuto sarebbe eguale. No, non lo è per nulla. Alcuni, senza troppo pensare (e forse anche per colpa nostra), hanno pensato che per un periodo noi abbiamo accordato una preferenza a Berlusconi piuttosto che ai rinnegati. Qualcuno ha preso tale atteggiamento solo come una specie di livorosità verso i traditori. Da lunga pezza (ben prima degli anni ’90) sapevo che i piciisti erano gentaglia, una vera congrega di banditi e opportunisti, una tipologia umana degradata e ormai marcia, maleodorante per i miasmi della cloaca in cui vivevano ormai da decenni.

Il problema era un altro. Quando nell’agosto 2003 Putin, di ritorno da Libia e Algeria, passò in Sardegna, di fatto convinse (e immaginiamo perché) Berlusconi a favorire l’accordo tra Gazprom ed Eni in merito al Southstream (oggi andato in aceto, almeno per ciò che concerne l’azienda italiana). Non ho mai sospettato che il cavaliere l’abbia fatto per precipuo interesse del paese; comunque, rispetto a chi agiva al soldo diretto (e questo era il suo solo interesse: meritarsi la “paga”) dai nemici di ogni interesse nazionale, qualsiasi persona con cervello non poteva non capire che chi perseguiva l’interesse proprio – e, fortunatamente, in quel particolare frangente storico il suo interesse veniva a coincidere con quello di una nostra rilevante impresa strategica, una delle ultime rimaste dalla devastazione compiuta dopo “mani pulite” dai “cotonieri” con i loro scherani ex piciisti, tutti insieme al servizio degli Usa – era pur sempre un gradino sopra.

Dopo il 2009, ma soprattutto dopo gli orribili anni 2011-12, tutto questo è rimasto un ricordo. Non esiste certo alternativa ai “pagati” dagli Stati Uniti. Non ci si può far sbattere fuori dal governo, brontolando, mostrando malcontento, e intanto adattandosi ai voleri del “factotum” (presidenziale) delle scelte dei subdominanti “cotonieri” e dei predominanti statunitensi; non si può accettare che venga nominato al tuo posto un finto tecnico (sprovveduto di tutto se non di servilismo verso gli ambienti predominanti internazionali), cercando perfino di circuirlo; non si può, fallito lo scopo, cercare di giocare l’altro agente americano (quello alla BCE) contro il primo; non si può rivelare quanto noi già sapevamo sulla Libia (il popolo però no, e la “sinistra” del tradimento era piena complice del massacro e dell’assassinio di Gheddafi) con mesi e mesi di ritardo e, tutto sommato, in sordina, senza insistere troppo. Non si può rimettersi in lizza sempre con ritardo e con annunci su annunci, di cui non dirò, come gli sciocchi che altro non sanno cianciare, che sono menzogne o addirittura tentativi di voto di scambio (come ha sostenuto un magistrato che dovrebbe essere spedito a lustrare pavimenti); semplicemente sono annunci dati a spizzico, con un che di improvvisato, non inseriti in un piano sistematico di rinascita nazionale. E con la prima indicazione di tale rinascita: la promozione di una campagna di denuncia dei traditori del paese (altro che comunisti pagati dall’Urss e complici dei delitti sovietici; ma dove vive quest’uomo!) per sollevare un’ondata di sdegno verso questi esseri abietti che prendono una “paga” per perderci completamente, per annientare ogni nostro settore d’avanguardia, ecc.

Quindi, per concludere, non ci sono alternative credibili, non fin quando non vi sarà un movimento che butterà all’aria le urne, prenderà ramazze in mano (pura metafora) e non compirà il necessario dopo la devastazione cancerogena compiuta da ormai tanti decenni dalla finta sinistra, cioè da coloro che prendono la paga per svolgere la loro funzione di bravacci, di lanzichenecchi, di soldati di ventura, che devono compiere il “sacco d’Italia” ad uso e consumo di una potenza straniera. E si vada a votare, pensando bene solo ad una cosa: quale potrebbe essere il voto migliore per impedire la soluzione Pd-Monti, la morte definitiva del paese. Ammetto di non saper dare alcun consiglio; vedo nebbia, la nebbia che uccide come nel buon film Fog di Carpenter. Stasera intanto me lo riguardo, almeno mi diverto e mi preparo al “tristo evento”.

  

Gianfranco La Grassa, VEDIAMO UN PO’….ultima modifica: 2013-02-27T15:04:07+01:00da mangano1
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