Walter Vecellio,iSRAELE, le illusioni di chi invoca la pace ad ogni costo

WALTER VECELLIO, ISRAELE, le illusioni di chi invoca la pace ad ogni costo
radioradicale.it

lunedì 26 gennaio 2009
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L’Europa: “un attore che vorrebbe esprimere decisione politica ma non ci riesce”. Così lo storico David Bidussa, che osserva come non sia sufficiente invocare la pace, e che piuttosto occorre una proposta “forte”. Un’Europa sostanzialmente impotente, di fronte a fatti come l’intervento militare israeliano a Gaza: “Consideriamo la scena della conferenza stampa prima a Sharm el Sheik e poi a Gerusalemme per avere un quadro della situazione.
Un tavolo, quello europeo, composto da sei paesi (Germania, Francia, Spagna, Regno Unito, Italia, più la presidenza di turno della Repubblica
Ceca), in cui ognuno ha parlato per sé, senza avere nei fatti una linea comune. Una lunga lista di dichiarazioni apprezzabili, ma senza un punto forte su cui insistere unitariamente. Ancora una volta l’Europa ha comunicato la sua condizione di `nano politico’ condensata nell’incapacità di assumere un ruolo forte, segnato da una proposta condivisa e perciò autorevole”.
Descrizione impietosa, ma è un dato di fatto: “Si misurano quell’incertezza e quel blocco a pensare il proprio presunto ruolo politico e di metterlo in opera che nel secondo dopoguerra si sono ripresentati più volte”, annota Bidussa.
“Qualcosa con cui noi europei ancora dobbiamo fare i conti. E che solo illusoriamente abbiamo creduto di risolvere adottando la linea della pace ad
ogni costo”.

Che fare, dunque? Benny Morris è il capofila dei cosiddetti “nuovi storici”
israeliani, insegna all’università Ben Gurion di Beersheba e ha scritto alcuni
saggi fondamentali su Israele e la Palestina. In un libro di un anno fa, Due
popoli, una terra”, ha esposto con efficacia le ragioni per cui è
sostanzialmente irrealizzabile (e neppure auspicabile) la parola d’ordine che
in Europa fa ancora molta presa, “due popoli, due Stati”. Scettico sulla
possibilità di una spartizione del territorio israelo-palestinese in due Stati che
possano coabitare in relativa pace, Morris segnala anche un aspetto della
questione destinata a farsi, giorno dopo giorno, sempre più urgente: “la realtà
demografica”: il tasso di nascite è di gran lunga più elevato tra gli arabi che
tra la popolazione israeliana: “Nel giro di un decennio o due, tra il Giordano e
il Mediterraneo ci saranno più arabi che ebrei: di fatto il geografo Arnon Sofer,
dell’Università di Haifa, sostiene che nel 2020 la popolazione complessiva tra
il Giordano e il Mediterraneo raggiungerà i 15,5 milioni di individui, con solo
6,4 milioni di ebrei e 8,8 milioni di aravi…Il tasso di nazista arao-palestinese
è il più alto del mondo”.

Come uscirne? Morris è pessimista circa la sua riuscita, ma sembra ritenere
tra le ipotesi più credibili, quella di una sorta di ipotesi federale o confederale.
Un qualcosa, ricorda, sostenuto tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta dal
Partito Laburista, anche se mai formalmente: una spartizione della Palestina
tra Israele e uno Stato arabo palestino-giordano, che unirebbe il grosso della
Cisgiordania, Gerusalemme Est e l’attuale regno di Giordania, a est del
Giordano: “perché un nuovo stato come questo possa emergere e avere
successo, il suo governo, ad Amman (o a Gerusalemme Est?), dovrebbe
necessariamente essere il frutto di una collaborazione tra il regime
hashemita, basato sul nucleo della popolazione beduina della Giordania e
l’ANP, basata sulle popolazioni palestinesi della Cisgiordania, della striscia
di Gaza e della Giordania. Data la relativa grandezza (circa 96mila chilometri
quadrati) e la scarsità di abitanti della Giordania, un tale stato consentirebbe
la ridistribuzione della popolazione palestinese della sovraffollata Gaza e
l’assorbimento dei profughi che attualmente vivono senza cittadinanza in
Libano e in Siria, oltre a permettere, ammesso che ci sia una sufficiente
disponibilità di capitali, una dignitosa sistemazione dei numerosi rifugiati che
vivono nella Giordania stessa…”.

Per tornare all’oggi: appare giorno dopo giorno evidente che, nonostante la
politica muscolare, quella dell’attuale classe politica israeliana è miope, e
l’intervento a Gaza una scelta debole sul piano della strategia perseguita; e
Hamas appare tutt’altro che neutralizzata, sia sul piano militare che su quello
politico. Qui, conviene rifarsi a Bidussa: “Quando ci misuriamo con i tragici
fatti di Gaza non basta prendere posizione sul diritto alla difesa,
sull’opportunità o meno di una guerra tecnologica da parte di un esercito
regolare contro un gruppo armato, oppure chiedersi quale sia il limite che un
regime politico democratico deve autoimporsi perché non si trasformi in
qualcosa d’altro. Dobbiamo decidere che cosa facciamo noi e quanto siamo
disposti a rischiare del nostro per conseguire ciò che ci preme…”.

Qui si arriva al cuore del problema che Morris solo sfiora, e che Bidussa non
sembra cogliere, pur auspicando un ruolo dell’Europa che non c’è, a quel
“corridoio vuoto nel mondo internazionale”, di cui ha parlato recentemente
Furio Colombo, a quel suo amaro, sconsolato “Giudicate come volete…Ma i
veri colpevoli siamo noi”. Noi: Europa senza politica; Stati Uniti, fino a ieri
senza presidente; Nazioni Unite senza idee e senza parole…

Marco Pannella da anni indica una proposta politica, una possibile road map:
Israele e la Turchia nell’Unione Europea, e poi man mano anche altri paesi
dell’area arabo-mediterranea. In quest’ottica la stessa idea della
Confederazione potrebbe essere rafforzata, risultare più credibile e attuabile.
Una proposta che dovrà superare le diffidenze e le perplessità degli israeliani
e dei palestinesi; ma non è motivo di conforto che i sondaggi condotti in
Israele certifichino come la maggioranza di quell’opinione pubblica sia
favorevole a questa proposta? Che a Tel Aviv come a Gerusalemme, a Jaffa
come nel Negev, gli israeliani si sentano Europa, che chiedano che l’Europa
non volti ancora una volta le spalle, e resti indifferente, non significa nulla? Il
tempo è poco; se non si “conosce” ora, se ora non si discute e non ci si
confronta sul se, il come, il quando dare corpo a questa proposta, quando lo
si farà? Alla fine la questione è tutta qui.

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Walter Vecellio,iSRAELE, le illusioni di chi invoca la pace ad ogni costoultima modifica: 2009-01-26T19:43:00+01:00da mangano1
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