Paolo Franchi, Sinistra: un e dc come ultima speranza

DAL corriere della sera
1 MARZO 2009
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Sinistra: un ex dc come ultima speranza

Un grande partito come il Pci è sopravvissuto per almeno trent’anni
all’esaurimento della sua spinta propulsiva

«Ci voleva Dario Franceschini perché diventassimo un partito di sinistra»,
confessa, chissà se più divertito o più preoccupato, un amico democristiano
di lungo corso che da anni ha trovato dimora, chissà quanto fissa, nel Partito
democratico. Non è il solo a pensarla così. Domenica scorsa, nel suo
editoriale su Repubblica, Eugenio Scalfari, a proposito dei destini del
testamento biologico, ha scritto: «Nessuno meglio di un cattolico democratico
può accollarsi la responsabilità di difendere la laicità dello Stato, la libertà dei
cittadini e la loro eguaglianza di fronte alla legge, anche se sostenendo
questi principi si discosta dalle posizioni dei vescovi e del Vaticano». E
mercoledì, su La Stampa, persino il navigato e saggio Emanuele Macaluso,
uno che non ha mai nascosto di non credere neanche un po’ all’idea stessa
del Pd, ha voluto mettere nero su bianco la sua (parziale) apertura di creditopaolo1.jpg
al successore di Walter Veltroni: «Dopo Prodi, sembra che nel Pd, così come
è stato concepito, una politica di sinistra moderata e moderatamente laica
possa essere fatta solo da una personalità che proviene dalla Dc e dal
mondo cattolico».
Non è dato sapere se Franceschini riuscirà a mettere un freno alle pulsioni
autodistruttive del Pd: chi scrive rispetta più di molti ex democristiani la
tradizione e i meriti della Dc, ma si consente di nutrire, in materia, qualcosa di
molto più profondo e più radicale di un semplice dubbio. E’ certo però, che sia
pure con qualche vistosa sbavatura, come il giuramento sulla Costituzione
reso nelle mani del papà ex partigiano ed ex deputato dc di osservanza
scelbiana, il neosegretario democratico non sembra affatto volersi muovere
come un reggente, o un re travicello, nel ruolo cioè che un po’ tutti gli
avevamo preconizzato. Magari starà «giocando al dottore», come dice con
intelligenza perfida Rino Formica. Ma nessuno al momento vuole e può
impedirgli di giocare. Tanto meno i democrat di provenienza ds.
E’ possibile, anzi, persino probabile che domani, o dopodomani, verrà giù
come un castello di carte tutto il Pd. Intanto, però, gli sconfitti certi sono loro, i
postcomunisti. In futuro forse potranno anche candidare Pierluigi Bersani.
Oggi sembrano non avere più alcun titolo per rappresentarsi come il nerbo
della sinistra in un partito di centrosinistra, e non sono più in grado, primarie o
non primarie, nemmeno di candidare un loro uomo (è un evento senza
precedenti) a sindaco di città come Bologna o Firenze, ma anche, per dire,
Ferrara o Forlì. Non ci vuole molto a comprendere perché gli ex diessini siano
in vistosa sofferenza. Un percorso, iniziato nell’Ottantanove con la svolta di
Achille Occhetto, sembra essersi definitivamente compiuto, e nel peggiore dei
modi. Se il Partito democratico si salverà (e, insistiamo, la cosa è tutta da
stabilire, perché ci sono ragioni evidenti per essere peggio che pessimisti)
non sarà grazie a loro, ma nonostante loro, che, nei fatti se non nelle
apparenze, avevano pensato di governarlo, e ne rappresentano invece il più
vistoso punto di debolezza e di crisi.
Perché? Sostiene Sartori sul Corriere, e ha perfettamente ragione, che
questa storia ha origini antiche. E spiega: «Per una trentina d’anni abbiamo
avuto la più grande sinistra dell’Occidente, che era però egemonizzata dal
Pci e dallo stalinismo di Togliatti. Non era una sinistra abituata a pensare con
paolo2.jpgla sua testa, ma invece ingabbiata nel preconfezionato di un dogmatismo
ideologico. Caduta la patria sovietica, quel pensare e quel pensarsi che
altrove ha rifondato la sinistra su basi socialdemocratiche da noi non si è
risvegliato. La fede comunista si è semplicemente trasformata in un puro e
semplice cinismo di potere». Si può non essere d’accordo (è il caso del
sottoscritto) sul fatto che il Pci fosse solo stalinismo e dogmatismo ideologico,
una setta, insomma, non foss’altro perché una setta stalinista e dogmatica
non egemonizza niente e nessuno. Ma è difficile dubitare del «cinismo di
potere» con il quale i sopravvissuti hanno immaginato di poter sopperire
all’incapacità (o al rifiuto?) di ripensarsi e ripensare in chiave compiutamente
socialdemocratica nonostante ormai sedessero nelle poltronissime del Pse e
dell’Internazionale socialista.

La tragedia della sinistra italiana sta soprattutto nel fatto che un grande partito
come il Pci è sopravvissuto (provvedendo a conservare molta acqua sporca
dopo essersi accertato di aver gettato via il bambino) per almeno trent’anni
all’esaurimento della sua spinta propulsiva, per venti, altro che elaborazione
del lutto, addirittura alla sua morte. E, strumentale o no che sia la cosa, il fatto
che a incarnare la faccia laica e di sinistra del Pd ci possa essere soltanto un
democristiano, come riconoscono tanti e tanto autorevoli commentatori,
sembra un’applicazione della legge del contrappasso.

Paolo Franchi, Sinistra: un e dc come ultima speranzaultima modifica: 2009-03-03T00:17:00+01:00da mangano1
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