S.Feltri, Scajola, perché Silvio non molla l’osso

Scajola, perché Silvio
non molla l’osso

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19 giugno 2010
Berlusconi è ancora il ministro ad interim dello Sviluppo Economico. Che è competente sulle questioni della Fiat, del piano nucleare e delle frequenze per la tv digitale. In perfetto conflitto d’interessi

La notizia della giornata non è la promozione di Aldo Brancher a ministro per il Federalismo, ma che anche dopo questo Consiglio dei ministri alla guida del dicastero dello Sviluppo economico ci sia ancora Silvio Berlusconi. L’interim del presidente del Consiglio doveva durare pochi giorni e, invece, dal 4 maggio, giorno delle dimissioni di Claudio Scajola, è passato un mese e mezzo. Non senza conseguenze.

La prima è che la gestione delle crisi aziendali, che è di competenza dello Sviluppo, non ha più un referente politico. Ci sono 3700 aziende, oltre 200 mila lavoratori, che si affidano al ministero per concordare assieme ai sindacati un modo per superare la fase di crisi nel modo più indolore. Si va dai cassintegrati della Vinyls, che in Sardegna occupano per protesta l’Asinara da oltre 100 giorni, alla Antonio Merloni. Poi la Fiat: Scajola stava gestendo la partita delicata del futuro di Termini Imerese, con le 15 (diceva lui) offerte internazionali per lo stabilimento siciliano che l’ad Sergio Marchionne ha deciso di chiudere. Chi se ne sta occupando adesso? Mistero. Nella vicenda della fabbrica di Pomigliano d’Arco, poi, l’assenza è stata ancora più vistosa: l’unico ministro che si è interessato è stato quello del Welfare Maurizio Sacconi, ma soprattutto per compiacersi della spaccatura tra sindacati.

La poltrona vuota dello Sviluppo ha una rilevanza decisiva anche perché in queste settimane si definisce il Pnaf, cioè il Piano frequenze per la tv digitale. Con una decisione unica in Europa il governo ha deciso di regalare il “dividendo digitale”, cioè il surplus di frequenze libere determinato dal cambio di tecnologia, agli operatori già presenti sul mercato. L’Agcom ha già dato il via libera al Pnaf che prevede la spartizione di una parte delle frequenze. È chiaro che avere un ministro con pieni poteri servirebbe a due cose: 1) garantire che la definizione del futuro assetto dell’intero settore avvenga senza favoritismi o penalizzazioni ingiustificate (come quelle che sta subendo Sky) 2) valutare se non sia il caso, visti i sacrifici chiesti dalla manovra, di mettere all’asta le frequenze invece di regalarle. Ma a gestire il dossier, o meglio ad assicurarsi che nulla cambi, è direttamente Berlusconi, parte in causa in quando azionista di riferimento di Fininvest e quindi di Mediaset.

Anche sul nucleare è tutto fermo. L’indicazione dei siti candidati a ospitare le nuove centrali era attesa dopo le elezioni regionali. Invece niente. E adesso, dopo le dimissioni di Scajola, l’incertezza è massima anche per la costituzione dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, prima tappa concreta del piano atomico del governo. “Siamo in ritardo di circa 4 mesi sulla tabella di marcia, ma non siamo in una situazione critica, abbiamo tempo: per l’agenzia fino alla fine dell’anno, mentre i siti dei reattori andranno individuati nel 2011”, prova a rassicurare Fulvio Conti dell’Enel. Ma è chiaro che più ci si avvicina alla scadenza elettorale del 2013, meno è probabile che si proceda con un’operazione così impopolare come la scelta dei siti.

La poltrona vuota ha anche altri vantaggi. Almeno per Tremonti e Berlusconi. Il primo si è assicurato di essere l’unica voce economica del governo in un momento in cui l’approvazione della manovra richiede che non ci siano dissidenti nell’esecutivo. Il premier, invece, sta tentando – sempre con la manovra – il colpo di mano di spostare sotto la presidenza del Consiglio la gestione dei fondi Fas prima affidati al dicastero di Scajola. Soldi europei in teoria per le aree sottosviluppate, in pratica un bancomat a cui attingere per qualsiasi urgenza, dal finanziamento della cassa integrazione al ripianamento dei deficit sanitari. E adesso li ha in mano Berlusconi, che è pure riuscito a evitare che Tremonti smontasse il sistema delle ordinanze e della Protezione civile. È quindi chiaro che, almeno finché la manovra non sarà approvata, il premier non ha poi tutta questa fretta di lasciare la carica di ministro ad interim.

Da il Fatto Quotidiano del 19 giugno

S.Feltri, Scajola, perché Silvio non molla l’ossoultima modifica: 2010-06-20T14:46:21+02:00da mangano1
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