Stefano Salis,L’esotismo formato depliant – Gli esempi

da IL SOLE 24 0RE

L’esotismo formato depliant – Gli esempi

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di Stefano Salis
C’è stato un tempo in cui i viaggi si desideravano, si immaginavano, si sognavano e basta. C’è stata un’epoca in cui i viaggi si facevano solo per stretta necessità: il tempo libero non esisteva e chi poteva permettersi di spostarsi era ricco, se non ricchissimo. Anche per questo ricercava e sapeva trovare in movimento il lusso abbandonato a casa. C’è stato un lungo periodo in cui il viaggio non consisteva nella meta da raggiungere, ma era il tempo che occorreva per arrivarci: forse l’unico tempo quando viaggiare era (anche) arte, oltreché privilegio. Ora che siamo tutti abituati a spostarci spesso, che le distanze non costituiscono né problema né tanto meno uno spauracchio, che muoversi non è mai costato così poco e che le agenzie di viaggio iniziano a diventare dei negozi fantasma, ci sembra persino strano che gli occidentali abbiano passato ancora il secolo scorso a fantasticare l’altrove. A sognare l’esotismo pur non rinunciando alla comodità. C’è davvero tutto un mondo – una visione antropologica profonda – nel sontuoso volume che Taschen manda in libreria in questi giorni.
E che ci fa guardare al viaggio attraverso una delle porte più inconsuete: la pubblicità che, chi organizzava trasferte, doveva fare a se stesso. Migliaia di immagini raccolte da un antropologo (non a caso), Jim Heimann, ma anche esperto di grafica (per fortuna!) e autore di molti libri sulla cultura pop e commentate con freschezza e precisione insieme ad Allison Silver, scrittrice e giornalista newyorchese, passata dalla rubrica viaggi del «Nyt» al sito internet www.politico.com (più segno dei tempi di così…).
Cosa c’è, insomma, in questo volume? Le poche immagini che offriamo in questa pagina lo lasciano appena intuire. Ma è un piacere degli occhi e della mente lasciarsi trasportare – è il verbo giusto – dal libro. È qui squadernato l’intero immaginario, dal popolare all’altissimo profilo, sul viaggio. Con, ovvio, dei sublimi stereotipi. Già: cosa c’è di meglio che offrire uno stereotipo per descrivere qualcosa a chi solo immagina di andare in terre lontane? Il libro è diviso per decadi, ma ancora meglio potrebbe essere diviso per concetti grafici e/o sociali. Dall’illustrazione alla fotografia, dalle signore in cappellino che si imbarcano sul piroscafo alla bella moracciona che ti attende mezza nuda al club sulla spiaggia. Colpisce l’uso – biecamente maschilista: ma questo è stato il Novecento! – dell’immaginario erotico. Le donne, in queste immagini, o si sostituiscono alla meta, facendosi metafora di piacere finale o, peggio, sono poco più che delle cameriere ma belle e a disposizione (l’hostess ne è il modello principe), pronte a soddisfare se non altro, l’occhio del viaggiatore: quasi sempre un businessman che fa

L’altro grande tema dell’immaginario della brochure pubblicitaria (e molte del secolo scorso fanno sembrare dei dilettanti i grafici dei depliant di oggi) è proprio il mezzo di locomozione. Sempre più veloce – la principale caratteristica che avvantaggia nella competizione commerciale –, comodo, bello. Il lato estetico deve coincidere, però, con la funzionalità, la promessa deve incantare: è lo status sociale che il viaggiatore acquista, non certo un biglietto. Treni, aerei, auto, navi, e, poi hotel (i Ritz, gli Sheraton, gli Hilton: nomi iconici prima; oggi battuti da resort e spa dai nomi misticheggianti e dalle atmosfere new age) e luoghi di villeggiatura. Insomma, ciò che Paolo Conte ha immortalato in poche frasi di un naufragio benedetto: «Stupenda l’isola è, il clima è dolce intorno a me, / ci sono palme e bambù / è un luogo pieno di virtù / (…) Onda su onda / il mar mi ha portato qui: / ritmi, canzoni, donne di sogno, banane, lamponi…».
C’è, infine, di interessante, l’occhio con il quale si è visti: i depliant delle compagnie italiane (e ovviamente vale per tutte le altre) per gli americani sono di un tipo molto diverso da quelli pensati per i connazionali. E c’è, ovvio, l’intero repertorio grafico del secolo scorso: dalla voglia di progresso degli anni ’20, all’optical beat dei ’70, alla nostalgia che forse proviamo oggi per viaggi che non ci sono più. Sì: poi è venuto il mondo del low cost. Ci muoviamo di più; non andiamo in agenzia, facciamo tutto da casa nostra. Compulsiamo i nostri pc, i nostri tablet, siamo esseri digitali. Sappiamo tutto di dove andiamo, vediamo le foto in anteprima, i commenti di chi c’è stato, i cibi che assaggeremo. Di fatto immaginiamo pochissimo. Finirà che l’unica cosa che ricorderemo del viaggio sarà l’imprevisto, unica ebbrezza “esotica” di tragitti ampiamente pianificati. L’altrove, sempre più, sarà qualcosa che capiremo se non a posteriori. Se pure sapremo capire perché, per chi e per dove stiamo viaggiando.
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1 Jim Heimann e Allison Silver, «20th Century Travel. 100 anni di pubblicità di viaggi», Taschen, Colonia, pagg. 392, € 29,99.

Stefano Salis,L’esotismo formato depliant – Gli esempiultima modifica: 2010-06-20T13:30:39+02:00da mangano1
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