Karim Ben Hamida, MONGO avventure nell’immondizia

1e658c962db7ff96edba8f971d4ed5c5.jpgISBN Edizioni, Milano 2006,pagine 224, € 16,00dal numero 8 di NIM.libri«Potrebbe sembrare francese, cinese, africano, ma invece è slang americano; è una parola coniata a New York per definire gli oggetti che dopo essere stati buttati via vengono raccolti, ritrovati, salvati. La parola è “mongo”».Mongo è il titolo del libro-inchiesta, svolta tra le strade e i quartieri della città di New York e dedicata alle centinaia di persone che compongono le variegate comunità di collezionisti di mongo. Il libro di Botha ha l’assoluta dignità di un essai di sociologia urbana, in cui si concentrano squarci di viste simultanee sulla metropoli americana, sui suoi cambiamenti urbanistici, storici e sociali. Nel corso della lettura emergono suggestioni del pensiero di Michel De Certeau – con la sua concezione “laica” e creativa della vita sociale quotidiana, fatta di gestualità, azioni disordinate, pensieri liberi, che generano l’invenzione permanente dell’attualità urbana. Nel suo peregrinare attraverso la città alla ricerca dei raccoglitori di mongo, Botha è anche molto vicino all’approccio di Walter Benjamin, fondato proprio sul concetto-azione della passeggiata, del lasciarsi andare attraverso la metropoli.. Così pure l’attenzione riservata ai personaggi e alle loro vite “liquide” sembra lambire quella sensibilità benjaminiana, rivolta alle cose minute, ai piccoli eventi, alle routine e ai débris della vita urbana.Le avventure nell’immondizia di Ted Botha aiutano a capire che non c’è niente di definitivo o di immutabile nella sostanza di quello che per abitudine chiamiamo “spazzatura”. Le merci scadute, recuperate e riutilizzate, cessano di essere immonde. Immondizia e spazzatura non sono altro che concetti fragili, applicabili solo alla superficie delle cose, perché le merci hanno sempre una seconda vita, rigorosamente non trascendente, ma radicata nella quotidianità.Tuttavia, non è il mongo l’autentico protagonista, ma gli esseri umani, che per varie ragioni lo cercano, lo selezionano, lo fanno proprio: è infatti sulla diversa natura del mongo – cibo, bottiglie rotte, computer e televisori, libri ecc. – che ogni comunità trova la ragione della propria aggregazione e ogni individuo costruisce una propria identità. Se il mongo è scarto rigenerato, lo è pure l’umanità precaria e interstiziale che popola New York, che vive tanto ai margini quanto negli anfratti del sistema sociale.Ted Botha fotografa le svariate tribù, differenziate dal tipo di mongo cercato e raccolto, ma accomunate tutte dal desiderio ossessivo e compulsivo di recuperare ciò che è stato destinato dalla società “mainstream” al garbage. Dai collezionisti di libri agli antiquari-archeologi, dai consulenti informatici ai freegans – coloro che vivono recuperando cibi e avanzi buttati da ristoranti e locali – tutti si rivoltano quotidianamente contro la società consumistica.Analizzando le pratiche quotidiane delle diverse tribù, Ted Botha definisce parzialmente l’immagine di un sistema capitalistico ormai del tutto autoreferenziale e chiuso nell’ipertrofico circuito del “consumo più consumo”. Il mongo è solo in apparenza uno scarto; invece è parte sostanziale del sistema, nella misura in cui rappresenta l’oggetto pronto per una rimercificazione di 2° livello, con nuove identità di produzione e di consumo.Se vogliamo concettualizzarlo, il mongo diventa un’idea chiave per interpretare varie sfaccettature del sistema capitalistico globalizzato. Anzitutto esso costituisce un cortocircuito “creativo”, che rigenera l’oggetto-merce reinserendolo nel circuito del consumo. Inoltre il mongo è anche un gesto di resistenza all’aberrante ritmo sincopato della produzione e del consumo dei beni: se da un lato il mercato lavora per progettare con cura il design degli oggetti, dall’altro serba già l’intento di distruggerne ogni segno di individualità, sbarazzandosene e giustificando la procreazione di merci sempre “nuove”. Mongo è tutto ciò che, raccolto dalla strada, viene reinventato nell’identità e nelle funzionalità; oppure semplicemente restituito “alla vita di prima”. Mongo è un gesto di redesign dell’immagine e della funzione degli oggetti-merce.Ted Botha, giornalista, vive e lavora a New York. Scrive per diverse testate, tra cui il New York Times, il Los Angeles Times, il Wall Street Journal, Condé Nast Traveler e Outside. Nel 1990 ha pubblicato Apartheid in My Rucksack.

Karim Ben Hamida, MONGO avventure nell’immondiziaultima modifica: 2008-02-21T00:25:03+01:00da mangano1
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