Quanto vi apprestate a leggere è un montaggio di diverse poesie: ho usato come leit-motiv, come tema principale, il lungo canto della Generazione pubblicato in Compagno poeta, e l’ho spezzato inserendo altre poesie e brani da Compagno Poeta, da L’altezza del gioco, e altre, fra cui una poesia appositamente scritta al tempo del processo Sofri. Sono, questi inserti, le voci del potere, della violenza, della repressione, ma anche quelle delle nostre fragilità, dei nostri mancamenti, dei nostri compromessi: tutto ciò che ha contribuito a sgretolare e infine a sconfiggere il sogno del ’68, che tuttavia rimane all’orizzonte. Come una meta e una speranza. Non solo di te stesso Non solo di te stesso ma di tutta una generazione ridente e disperata in soffitte arcane di segretimasturbandosi fino all’alba con casse di libri sulle spalle fuggendo verso nuovi confini per poi tornare a raccontarlo senza sconforto su sedie insufficienti ma sempre vino e sigarette e sorrisi con la speranzaanche senza mangiare denaro e consumando solo sogni con moderazione stoica e sogni fino all’albasputata in faccia tutti i giorni e i giorni e i giorni di una vita che è una preparazione e un apprendistato celestesu libri che gridano una maledizione ed un invito al suono di dischi talvolta rovinati non per questo meno belliprogettando rivoluzioni parlandone fino alla nauseaPensacon la propriatesta Dà scandaloquindi Degli edificidei potenticonoscele fondamenta E’ testardo Lavoraper distruggerle ma sempre amore unico lusso di un’esistenza senza amore intorno dove tutto si vende tranne quello sguardo e quel riso noi uomini tuttaviae non numeri da allinearein colonna o bestie trascinatedove la vita l’appendonoper affittarla ad ore partendo talvolta per paesi che non si sanno e doni e sempre amore virile compagno dimenticato da tuttivestiti in qualche modo entrando in bar maledetti capaci di parlare tutta una notte per dire l’amore capaci di parlare in un mondo di silenzio amicizia solo una volta per tutte Sua Eccellenzail Signor Ministroè un uomo precisoordinatopuntuale Sale ogni mattinanel suo studiosi accosta alla finestrae perduto in calcolinella solitudine cilenadei suoi occhialicontempla il paesesognandoun vento mortodi croci e di deserti scrivendo canzoni e poemi disperati ma pieni d’amore verso l’uomo credendo credendo contro tutti gli sputi possibilidisprezzati anche ma gli occhi verso il cielo disprezzati senza sentire preparando piani cercando la classe operaia e leggendo su libri discutendone rabbiosamente in soffitte o dentro cantine in modo che tutta la città ne è scossa Vuolel’eguaglianzafra gli uomini Che è amore E il cielosu questa terralo vuole Dunqueè in peccato mortale Per questodeve essereannientato non curandosi della vendita o dell’acquisto tornando senza domande e tanto sole da illuminare soffitte e cantine ed è un atto d’amorevivendo in debito di tutto tranne che dell’amore i quaranta dicevanomentre ti accarezzi la frontecon gesto come sempre stancoe abituato alla ferita ormai uniti senza bisogno di contratto basta uno sguardo e una parola quello che in altri tempi si chiamava fedeavendo ripudiato la fede tra solitudini di bicchieri incrinati inevitabilmente pochi e si ascoltano dischi qualche volta un cinemino lungo le strade come conquistatori Ahigli infinitiinfiniti gradini dell’ombrache ancoravai lungamente discendendola spenta corolladei tuoi capelli di ventoil sorriso che per sempre s’allontanalo sguardo eternamente mutola voce che più non suonatutta la tua vitasorpresa in pieno voloschiantatafra l’asfaltoe la notte sicuri del futuro anche se qualche volta si dubitapronti sempre a una carezza e a uno sguardo senza paura in nessuna occasione anche quando trema lo sguardo e tra le folle camminandoun chiodoper sanguinare a lungosulla via promessaverso casa stringendosi al pettouna domandae per le scale sospirando ciò che non cambia capaci di amare anche di notte e non su automobili ma in stanze ridenti e odorose e di tutti i sacrificioffrendo la vita in cambio di nulla Ogni volta che torna aprile, e Milano si mette al bello, col vento che pare stringerla in vita per portarsela via, è sempre la stessa rabbia di quei giorni che mi prende alla gola.Entravano in piazza. Gli striscioni ormai li avevano arrotolati. Per tutto il pomeriggio, davanti al Comune, avevano gridato che la casa è un diritto. Ma adesso non sapevano nulla che non fosse il vento, l’aria tersa del tramonto, e quel profumo che stordiva. Poi i colpi. Uno, due, brevi, secchi. Per Claudio Varalli, la primavera finiva così, a sedici anni. Col viso solo un po’ stupito. I fascisti erano già scappati. Verso la Questura ma speranza speranza nella disperazione talvolta impiccandosi in un trasporto pur di donarsi dando lezioni per poche lire disprezzo del lusso e amore verso una cimasalendo alle stelle di dischi malsuonati vestiti di miseria ridenti di manifesti e di lotta i libri in fondo al cuore e la banalità quotidiana ogni giorno cambieranno i tempi dicevanolo vogliamo rivederead egual misura ridottobarcollantecome un tempo tra di noisconfitto nei quattro legni dello sconforto feriti qualche volta con guanti di lana millecento lire al pasto e un giornale in tasca col mondo avidamentetrascinandosi donne irreali tra i denti e sigarette talvolta la pipa con berretti assurdi lungo strade percorse da camionette urlanti che li cercano Poi, d’improvviso, dove il corso si slarga in una piazza, quando già eravamo entrati per metà, e gli altri premevano dietro, le sirene, e una gran nuvola di fumo. C’è appena il tempo di chiedersi che cosa stia succedendo, che da tutto quel disastro, come impazziti, sbucano i camion dei carabinieri. Puntano diritto sulla gente.I sassi, ormai, non servivano più qualche volta non dormendo a casa precauzione modesta inventando canzoni piene di fumo Entro fredde stanze fu deciso il delitto e valutato pronti al riso su letti ridenti senza compromesso e soprattutto parole il cinema unico lusso insieme ai libri i libri che urlano riscossaricercati da poliziotti che li conoscono per quel che sono e quindi prigione Il corpo del prigioniero è inviolabileDalla finestra della Questura l’anarchico Pinelli fu precipitato cercati da debiti e da miseria anche questama nulla potendo e tutto sperando nel presente e non nel passato verso il futuro con sogni che non sono di gloria ma di liberazioneattaccando manifesti su muri inospitalibastonati da padroni e da servi La zona era ancora piena di fumo. A terra, una maglietta. Insanguinata. I compagni arrivavano ad uno ad uno fin contro quel quadrato di scudi, di elmi, di fucili. Buttavano un fiore. In silenzio, come una promessa cupa. E se ne andavano. Intorno, i carabinieri si indicavano il luogo dello scempio. Ridevano ridenticapaci di ironia e di altro con traduzioni malpagate unico lusso il cinema e l’amorericonoscendosi a prima vista incorniciati da barbe senza ostentazione chiacchierando in luoghi oscuri non senza paura ma vincendosi eppure anche soli avendo perduto tutto pur sperando qualcosa che fa paura La vita umana è inviolabileIl servitore zelante dello Stato come un cane fu ammazzato sradicati irrimediabilmente ma bagnati dall’acqua pietosa che li fa crescere in silenzio attraverso parole astrattecantando canzoni in coro o dischi sconnessi Gli orologi delle cucinedove l’uomo solodistrattamente mangiafra un muro di piastrellee una notiziafissando gli occhilungo le infinite paralleledi un rancore senza ricordie poiscuotendo la testamormorandocome ubriacole stesse paroleper tenersicompagniao sentirsidisperatamentevivo salendo tutte le rampe possibili per arrivare a soffitte a ventimila senza curarsi con la speranza La trasparenza dibattimentale è inviolabileSenza testimoni in caserma il futuro testimone fu ascoltato uniti alle radici tremanti senza paurafacendo paura al punto da essere messi in prigione ma anche lì vantando per guardiani attoniti un rifiuto sempre sconcertante potendo avere tutto Al letto dunqueverranno legatie perché non possanotroncarla coi dentidalle nariciuna cannula di gommaverrà introdotta fino allo stomacoe una soluzione altamente nutritivaimmessa nel corpoe attraverso le veneanche ed accontentandosi della notte e di parole il cinema lusso senza pretese ma libri come dinamite da mandare giùle mani tremanti scrivendo etichette o dando lezioni solo per poter vivere anche senza lussosolo l’amore potenza che spaventa incolpati di tutto ciò che è possibile anche senza la classe operaia Diconoche avendo votatocome avetevotatoed essendovi per di piùabbandonati ad urlascomposted’entusiasmovi siete da voi stessiposti fuoridal Sindacato “il nullismo non paga”dicono sicuri di sé senza orgoglio con rassegnazione divinain assemblee impossibili di discorsi presidenza celeste fumando e fumandoma nient’altro concedendosi che una distruzione spesso senza donnecon madri piangenti ed imploranti resistendo anche a questo ma consapevoliconsapevoli fino a morirne qualche volta senza fiori né opere di bene ma mille e mille bocche solo urlanti in un silenzio astrale E la bara navigava per la sua città, sollevata fino al cielo da quella disperazione di pugni chiusi. Scendeva di strada in strada verso il Duomo, si fermava per un attimo ai crocicchi, riprendeva ondeggiando sui viali, attraversava i quartieri dei panni di ringhiera e quelli eleganti degli uffici. Milano le parlava, come parla una città. Si chinava a carezzarla coi rami dei tigli, si scuoteva dalle pietre dei selciati, abbassava gli occhi di pietà con le serrande dei negozi. Prometteva di non dimenticare. Poi tratteneva il respiro. E si tornava a udire solo il fruscio del vento, lo scalpiccio dei passi. E quel grido giocando a flipper anche tutta una sera ma anche parlando rivoluzioni unica speranza senza lussobevendo la giovinezza senza presunzione organizzando cortei e niente tremare da barricate di coscienza Il diritto alla difesa è inviolabileOgni elemento favorevole agli imputati sistematicamente fu trascurato percossi fino all’alba in questura senza drammi e ridendo di una furia orfanacapaci di parlare tutta una notte e di piangere su una parola noi in disparte i sanii giudicii tranquillii vestiti che disprezzastii passi che non volestii seduti che rifiutastii giunti alla fine del mesementre il giovedì ti inghiotte amando tanto profondamente che costituisce turbamento dell’ordine pubblico e quindi in prigioneamando le bestie e i bambini senza automobili telefonando a tutte le ore e la notte La certezza del diritto è inviolabileMalgrado il dubbio a suo discarico l’accusato fu condannato e tremando all’alba in picchetti di ghiaccio fumando sigarette e anche la pipacapaci di tirare fuori libri persino al cesso che alcuni non hanno nelle case La libertà personale è inviolabileCon Bompressi e Pietrostefani Sofri fu imprigionato ma sempre ridentipartendo con casse di libriscrivendo poemi documenti volantini ma sempre l’amore e quello vero senza speranza di ricompensa ma già ricompensa d’amoresorridendo da occhiali astratti con amici in tutto il mondoe dandosi sempre del tu Entro fredde stanze fu deciso il delitto e valutato La verità è inviolabile
Giulio Stocchi, Non solo di te stesso ( compagno poeta)
Giulio Stocchi, Non solo di te stesso ( compagno poeta)ultima modifica: 2008-02-26T16:29:49+01:00da
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