Antonio Benci, un convegno a Nanterre

fc360ee9741b99fc56a6ec1f22b9d88b.jpgce n’est qu’un debut … la recherche continue.con questa frase altisonante ed accattivante il prof. Robert Frank (noto studioso dell’immaginario dei movimenti) ha chiuso il convegno organizzato dalla BDIC (Bibliotheque de Documentation Internationale Contemporaine) presso l’Università Paris X di Nanterre e dal titolo Les années 68: Une contestation mondialisée. Un convegno (il terzo di un ciclo di sette) che si proponeva nell’arco di due giornate di mettere a fuoco come l’Europa ed il Mondo hanno metabolizzato l’esperienza del Maggio ’68 francese. Ne è uscito un ritratto a più mani variegato e con diversi toni e luci. Essendo uno dei relatori ovviamente mi astengo dal parlare della mia relazione incentrata su quello che è stato (e continua ad essere) il viaggio del maggio francese in Italia.Parlo perciò dei colleghi che hanno presentato le loro relazioni. La prima giornata è filata via nella mattinata con due presentazioni molto brillanti sulla storiografia francese e inglese sul Maggio-giugno 1968. Le relazioni di Xavier Vigna (che si occupa del maggio latente di ritorno … ne riparleremo) e di Michael Seidman sono state puntuali e particolarmente circostanziate. Il problema storiografico più originale (sollevato anche dal vice-rettore di Nanterre, Francis Démier) è quello di metter in luce la storia degli anniversari del ’68. In Italia è noto come sia stato il ventennale del ’68 quello più denso di manifestazioni, dibattiti, incontri e libri (di livello un po’ superiore alla media). In Francia la storia degli anniversari del ’68 si intreccia inesorabilmente con la presa del potere (13 anni dopo) da parte di uno degli sconfitti di allora, François Mitterand. Non è perciò un caso che sia stato il decennale quello più ricco di lavori (di rielaborazione e bilancio di spessore (tra gli altri quelli di Regis Debray e di Jacques Baynac). Negli anni successivi il dibattito è stato un po’ avvilito dall’idea di maggio vincente e perdente, di un maggio che è stato (o no?) il cavallo di troia di una certa intellighenzia Ce n’est qu’un debut … la recherche continue Con di sinistra per potere entrare in quella che Nenni chiamava la “stanza dei bottoni”. In questo senso si è anche segnalata una polemica piuttosto oziosa anche in Italia tra Mario Capanna e Gad Lerner (nel gennaio 1988) sul tema: Di chi il ’68 più bello? Quello lungo italiano o quello breve francese? Ai posteri l’ardua (e piuttosto inutile) sentenza. Nel pomeriggio i lavori sono continuati con “uno sguardo sul mondo”. Relazioni sull’Internazionale Situazionista, sul terzomondismo e (immancabile) sull’influenza della Cina e della rivoluzione culturale. Soprattutto il secondo intervento ha innescato tutta una serie di domande e un dibattito che in Francia è molto sentito (e infinito) sugli intrecci tra Algeria e ’68 e sul perché non vi sono accenni per il movimento del ’68 francese alla Guerra d’Indocina. L’impressione che si è avuta è che il terzomondismo dei movimenti francesi sia ancora un capitolo da studiare, come quello italiano del resto. Una domanda sollevata da Maxim Dressen verso la fine della giornata ha poi risvegliato l’interesse generale. Come mai il silenzio (o quasi) dei vari movimenti nati con e dal 1968 sulla guerra in Biafra? Il giorno seguente si è girato attorno al cuore del problema: percezioni e trasposizioni del maggio francese in Europa e Mondo. C’erano difatti studiosi europei come asiatici e americani. Qui i temi della ricerca sono apparsi chiaramente tre e tutti ancora bisognosi di approfondimenti (…la recherche continue).Il primo sollevato da due studiose (Fanny Bugnon e Christiane Kohser-Sphon) sulle intersezioni con i movimenti tedeschi è stato quello relativo all’uso della violenza. Strumentale, esiziale o che? I problemi nell’ambito della longue durée sono pienamente aperti. Un’attenzione del tutto particolare è stata in questo ambito data alla giornata internazionale contro la guerra in Vietnam del febbraio 1968.Questo introduce il secondo aspetto estremamente importante a da approfondire. I contatti tra i diversi movimenti dopo il maggio che mettono in relazione persone prima ancora che gruppi e portano alla creazione di reti di conoscenze intellettuali tra giovani militanti e contestatori consolidatesi nel tempo. In questo senso di particolare interesse la relazione di Bent Boel a proposito delle relazioni tra la Francia e i francesi e i dissidenti dell’est dopo il Maggio ‘68. Non solo. Ma anche l’accenno alle relazioni franco-italiane configurano tutta una serie di attenzioni e interazioni. In questo senso la ricerca che sta attualmente compiendo Xavier Vigna che intravede un maggio latente non esclusivamente italiano ma anche francese (che è poi la mia domanda di partenza “il maggio francese compie un viaggio di sola andata o anche di andata e ritorno?”). Inoltre le relazioni interpersonali e intra-gruppi passano per l’esperienza dei centri di documentazione, l’informazione militante, gli scambi di opinioni e soprattutto – e di questo si è parlato negli interventi sul caso tedesco e inglese – il turismo politico, altro capitolo affascinante da approfondire.Il terzo aspetto che mi pare sia emerso soprattutto in virtù della relazione di Manus Mc Grogan sul caso britannico è quello relativo alle tracce del Maggio nell’immaginario dei movimenti. Torna l’indiscusso fascino per l’apparato iconografico e lessicale prodotto sul selciato di Francia in quei giorni. Indicativa tutta una serie di manifesti illustrati da Manus relativi alle manifestazioni estive londinesi e che riprendono chiaramente le “matrici” dell’Atelier Populaire. In questo senso, pur con l’approssimazione di questi miei appunti e lasciando sullo sfondo altri nodi nevralgici (l’immaginario del Maggio, la memoria, l’eredità e soprattutto come si usa in Francia l’esprit del ’68) il ’68 e la sua “mondializzazione” appare quanto mai un capitolo di storia aperto e che convegni come questo che mettono in relazioni diverse esperienze e mentalità senza dubbio contribuiscono a mettere a fuoco.Quindi oggi più che mai ce n’est qu’un debut … la recherche continue.

Antonio Benci, un convegno a Nanterreultima modifica: 2008-03-26T18:02:21+01:00da mangano1
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3 pensieri su “Antonio Benci, un convegno a Nanterre

  1. Il Benci (che sarei io) ha fatto una panoramica delle ricezioni “in Italia” del maggio. mi è risultato particolarmente gradita (seppure fortuita) la sponda fatta con chi ha parlato prima di me – Mc Grogan -) che ha giustamente sottolineato (pur con la diffidenza di qualcuno) la straordinaria importanza dell’eredità iconografica del maggio francese per i movimenti “nazionali”. Non si trattava solamente di immagini e slogan, ma di un vero e proprio “nuovo modo” di comunicare.
    A.

  2. Studioso meticoloso ed attento, Antonio Benci in questo reportage da Parigi esprime la sintesi di uno dei più seri, e riusciti, tentativi di capire a trecentosessanta gradi cosa è stato il ’68, e che cosa ha significato.
    Antonio Benci racconta qui, infatti, con passione e competenza storica, la complessità di quell’ “esperimento del mondo”: una prova che conferisce un vero carattere di necessità all’indagine storica, alla sua e a quella di chiunque si impegni con la stessa volontà e lo stesso rigore a proseguire
    sulla strada del ” ce n’est qu’un debut…la recherche continue”.

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