Giuseppe Trotta, Fondamentalismi al plurale

b2e121cfffbd5fc7c799781f96c818f1.gifdibattito su IL LIBRO E LA SPADA , editrice Claudiana, pp.209, euro 12,91Abbiamo invitato David Bidussa a parlarci di un libro scritto a più mani (la sua, quella di Stefano Allievi e quella di Paolo Naso) e dal titolo emblematico: Il libro e la spada. Il sottotitolo chiarisce ulteriormente l’argomento: la sfida dei fondamentalismi. I fondamentalismi di cui si parla sono quelli legati al monoteismo: fondamentalismo cristiano, ebraico e islamico. E’ bene tuttavia chiarire subito, e già questa potrebbe essere una prima questione, che i fondamentalismi non sono legati solo al “libro”, Bibbia o Corano. I drammatici avvenimenti indiani di queste settimane hanno posto in primo piano il fondamentalismo Indù, oltre a quello già conosciuto dei mussulmani. Dalla tentazione, o dalla deriva fondamentalista non sono dunque esenti anche le regioni orientali, e questo per sfatare in parte, il mito di una violenza originaria del monoteismo rispetto alle più miti e tolleranti religioni del sol levante.Quest’accenno spiega una prima motivazione che ci ha portato a scegliere questo libro. Si dice nell’introduzione.”La violenza dei fondamentalismi la diamo, per così dire scontata e non ci soffermiamo a raccontarla. Lo sforzo che abbiamo fatto è stato quello di ritrovare o comunque di cercare il bandolo originario della matassa, di ricostruire il percorso teologico, politico, culturale compiuto dai fondamentalismi prima di giungere ai loro esiti finali.. Ed ecco un altro plurale: i cosiddetti fondamentalismi non hanno un unico approdo, necessariamente predefinito al loro sorgere. Vi sono storie diverse, dialettiche e scontri interni anche assai vivaci che ci confermano che non siamo di fronte a monoliti privi di contraddizioni. Se per fondamentalismi s’intendessero quindi piattaforme teologico-politiche omogenee di un ebraismo, un cristianesimo ed un islam radicalizzati e protesi a occupare ogni spazio dell’agorà, potremmo paradossalmente scoprire che i fondamentalismi non esistono. Essi vanno declinati al plurale anche all’interno delle varie famiglie confessionali”.Una domanda di sensoInsistere sulla pluralità dei fondamentalismi mi pare essenziale. Pluralità all’interno stesso delle singole confessioni religiose. Essenziale perché questo apre alla seconda domanda che sottostà al lavoro del volume. Sentiamola:”Per i fondamentalismi il libro e la spada coincidono come in un’endiadi; la cultura della laicità, faticosamente emersa nel mondo moderno, al contrario, le divide e le separa. Come interpretare allora il fatto che in tutte le grandi tradizioni religiose si esprimono tendenze alla costruzione di un unico universo che tutto abbraccia e non distingue più tra religione e politica, tra la sfera della coscienza individuale e quella dei valori comuni?”.A questa domanda ovviamente il volume non risponde. Essa resta una domanda aperta.Un retrotitoloIn che senso questa domanda resta aperta? Per capirlo io credo che bisogna leggere il titolo di questo libro sulla falsariga di un retrotitolo. Qui si dice: il libro e la spada; il retrotitolo potrebbe essere: la ragione e la spada. Lo sfondo del fondamentalismo religioso, non dimentichiamolo, è anche il fondamentalismo laico. C’è un fondamentalismo laico. C’è. C’è stato. Per il passato basti pensare a tutto il grande positivismo dell’800; per il presente basti pensare al nostro senso comune per cui, attraverso la tecnica, è possibile rispondere ad ogni domanda dell’uomo. Una domanda aperta sui fondamentalismi esige questa critica della ragione laica, la sola che sia in grado di cogliere il senso dei fondamentalismi stessi, per quanto ci si distanzi dai loro metodi e dalle loro procedure. Non a caso la nascita dei fondamentalismo si pone in questo confronto-scontro con il moderno. In questo senso il crinale per comprendere le motivazioni e gli itinerari dei fondamentalismi è la critica alla modernità, è la critica al concetto di laicità, la critica al concetto di tolleranza. La laicità del moderno è stata troppo spesso omologante, la tolleranza è stata troppo spesso indifferenza. La ragione moderna ha oscillato tra omologazione e indifferenza. Se prima si combattevano apertamente le grandi idee metafisiche, oggi, meno rispettosamente, le si ignora. Sono semplicemente irrilevanti. Voglio dire che troppo spesso la distinzione dei piani (quello della politica e della religione, quello della fede e quello della scienza ecc.) è stato un autentico cavallo di Troia che condannava all’insignificanza domande diverse da quelle della modernità.Il convenire etico tra cultureUna critica della “religione” laica non può portare d’altra parte ad un relativismo generico. Ricordo il tormentato percorso che ci ha illustrato due mesi circa fa il prof. Cesare Bori: quella lettura “secolare” e sapienziale del Libro in cui attraverso sentieri propri e singolari si poteva presumere di costruire un consenso etico tra culture. Nessuna deduzione, ma la tessitura paziente, ostinata di esperienze, relazioni, raccordi che facessero crescere e consolidassero un convenire su valori tendenzialmente universali.Quel discorso di Bori è l’esatto contrario dei fondamentalismi. Al convenire etico si sostituisce un progetto egemonico, anche a costo della violenza.Non vorrei che dimenticassimo mai che quel convenire di Bori nasceva da una lucida critica al concetto occidentale di laicità, critica alla rimozione della domanda religiosa, critica alla banalizzazione di ogni discorso sul trascendente e sul mistero. La lucidità di quella critica stava proprio nella consapevolezza del carattere dissolvente, corrosivo della lettura “secolare” del Libro. Senza cogliere la domanda di senso dei fondamentalismi avremmo una visione semplificata, riduttiva del fenomeno e una pretesa del tutto velleitaria allora di venirne a capo.Perché il fondamentalismo ebraicoMa a questo punto per andare avanti, il discorso deve entrare nel merito, entrare cioè nelle singole storie dei fondamentalismi. Gli organizzatori del corso hanno scelto di entrare nel merito di una singola storia, di una vicenda particolare, quella del fondamentalismo o dei fondamentalismi ebraici. Il saggio di David Bidussa ne traccia le coordinate di fondo. Io l’ho pregato di esporre, da storico quale egli è, alcuni itinerari emblematici del fondamentalismo ebraico. Ma prima che risponda lui, devo chiarire io perché si è scelto in questa occasione di approfondire il fondamentalismo ebraico.Non è semplice rispondere. Innanzitutto un confronto, anche in questo caso, con l’esperienza ebraica, può aiutarci ad entrare nel merito di quelle domande di senso e di quella critica della ragione laica di cui si parlava prima. E’ singolare avventura dell’occidente quella di non avere mai potuto pensare l’esperienza di Israele come altra dalla sua storia. Se il mussulmano è stato l’altro, l’altro che sta fuori, che resta fuori; l’ebreo è l’altro interiore, impossibile da omologare e impossibile da distruggere. Mai come nel caso dell’antisemitismo si è dimostrato il fallimento della ragione laica e dei progetti di società che essa ha realizzato. Il superamento della differenza ebraica o era superamento dell’alienazione religiosa o assimilazione alla cristianità occidentale. E’ possibile fare una storia dell’identità occidentale dai modi in cui ha vissuto la differenza ebraica; forse è possibile fare anche il reciproco. Questo non vuol dire che le storie di questo rapporto coincidono con le storie della loro identità.Le ambivalenze della coscienza occidentaleOra è indubbio che nel secolo scorso c’è stata una cesura storica epocale nella storia di questo rapporto, paragonabile, a mio avviso, solo ai tempi della nascita del cristianesimo, quando la chiesa si staccò dalla sinagoga. Questa cesura è stata la nascita dello Stato di Israele e il sionismo. E’ mia impressione che sia la cultura laica che quella cristiana abbiano in qualche modo rimosso, ridotto, nascosto la portata di questo fatto. La sinistra in tutte le sue declinazioni ha visto sempre con sospetto, quando non con prevenzione, il sionismo. La nascita dello Stato di Israele o è stata minimizzata a un movimento nazionale come gli altri, a un altro “risorgimento” in pieno ventesimo secolo, o è stato visto come una sorta di protesi americana nel Medio Oriente islamico. D’altra parte la nascita di questo stato non era il prezzo da pagare dopo i terribili avvenimenti della Shoa? La fragile simpatia verso il nuovo stato nasceva anche da un senso di colpa e di liberazione dalla colpa da parte di chi era stato a guadare, di chi aveva visto e non immaginava, di chi aveva taciuto per evitare altri guai, di chi aveva approfittato delle disgrazie del vicino di casa.Insomma gli ebrei avevano finalmente una patria, erano divenuti stato anche loro e allora poteva ben porsi una pietra sul passato.L’Europa ha guardato con indifferenza e con distacco le vicende mediorientali. Con un distacco sempre più preoccupato, sempre più assillato da una parte dalla esigenza di avere buoni rapporti con il mondo arabo, dall’altro dalla consapevolezza sempre più chiara che Israele era una scheggia occidentale in un Medio Oriente ormai quasi completamente islamizzato. Fino all’ultima proposta radicale di fare entrare Israele nell’Unione Europea.Da questa duplice consapevolezza si è sviluppato un atteggiamento che è possibile affrontare non solo con il linguaggio della geopolitica ma anche con quello della psicanalisi. Basti pensare a quello che è stata l’atteggiamento dell’Europa dopo l’11 settembre: condanna unanime del terrorismo islamico, ma anche insofferenza verso lo Stato do Israele che con la sua intransigenza quel terrorismo in qualche modo produceva. Israele come figura sdoppiata dell’occidente stesso, della sua ambiguità, della sua ambivalenza. Israele come pretesto di un rapporto tra Occidente e mondo islamico. Sembrava rinata una sorta di “nuova questione ebraica”: in questo caso lo Stato di Israele come intralcio ai rapporti con i mussulmani buoni, contro i mussulmani cattivi.Sionismo e coscienza ebraicaQuesto è certamente un versante del discorso. Ma solo uno. L’altro attiene alla coscienza ebraica stessa: lo sconquasso, la rivoluzione che il sionismo porta nell’identità stessa del popolo ebraico. In Israele si costruiva con un’ideologia laica e socialista, un ebreo nuovo, un ebreo radicato alla terra, la sua terra, che usciva dai margini della storia degli altri per essere protagonista della sua storia. E’ davvero impossibile pensare alla rinascita dell’ebraismo, rinascita spirituale, religiosa, culturale, politica senza il movimento sionista, senza le reazioni che quel movimento suscitò nelle varie comunità ebraiche, senza i suoi sogni appassionati, i dibattiti interminabili, le esperienze radicali, le autentiche conversioni alla fede dei padri. David Bidussa ha ricostruito in un altri lavori momenti peculiari di questa storia, anche italiana, penso a Oltre il ghetto, a Ebrei moderni, a Il sionismo politico. Sempre Bidussa in questo saggio mette in evidenza come è impossibile oggi capire il fondamentalismo ebraico senza questo confronto serrato con ciò che è stato il sionismo e ciò che ha rappresentato la costruzione dello Stato di Israele. Il fondamentalismo ebraico si origina da questo confronto interiore con la modernità ebraica rappresentata dallo Stato di Israele e dalla cultura laica e socialista dei padri fondatori. Troviamo scritto a pag. 101:Il sionismo è un progetto contemporaneamente di secolarizzazione e di modernizzazione: ossia include un’opzione laica e una riscrittura del codice teologico. Al centro della sua costruzione presiede la categoria Stato. La crisi del progetto sionista, una crisi che è stata accolta spesso con indifferenza per non dire con entusiasmo da molte componenti del mondo ebraico contemporaneo, tanto ortodosse quanto laiche, non è solo l’eclisse di un progetto politico appartenente alla più vasta famiglia delle esperienze socialdemocratiche, è anche la improvvisa affermazione di un `vuoto culturale’: la crisi del sionismo non perviene solo al tramonto del `secolo socialdemocratico’, ma trascina nel suo declino, anche la versione storica dell’identica ebraica contemporanea”.Sionismo e radicalismo religiosoMi pare questa una riflessione centrale del saggio di Bidussa. Sionismo, crisi del sionismo, fondamentalismi ebraici. Nodi di un problema e di un processo da leggere insieme se si vogliono cogliere i legami interiori. Non è un caso che proprio il sionismo sarà al centro della riflessione del radicalismo religioso. Bidussa schematizza in questo modo il quadro:”Il problema della legittimità religiosa conferita al sionismo si muove su cinque gradi diversi di lettura cosi sintetizzabili:Negazione. I Guardiani della Legge. Unica soluzione è l’era messianica. Inutilità e sacrilegio della soluzione politica.Rifiuto Associazione di Israele. Il carattere ebraico è oltre la forma StatoPedagogia dello Stato Partito nazionale religioso. Il problema è quello della conservazione di una cultura religiosa, ma senza caricare lo Stato teologicamente, anzi riconoscendo il primato politico della istanza laica.Stato minimo. Quest’area, che non si esprime in una organizzazione politica autonoma, si configura come un gruppo culturale di ortodossi attivi all’interno di Peace Now e il cui leader storico è stato Leibowitz. Per quest’area lo Stato è solo una macchina funzione per la quale gli ebrei governano se stessi: è solo una premessa, non può trasformarsi in un fine. Allorché si trasforma in un fine si afferma il modello filosofico politico del fascismo.Messianesimo spaziale Blocco dei fedeli (Gush Emunim) Il loro principio costituente deriva da due premesse logiche: da una parte il legame inscindibile tra possesso della terra e completezza dell’esperienza religiosa; dall’altra il fatto che solo la presenza ebraica sulla totalità di Eretz Israel permette l’accesso alla redenzione.I radicalismi religiosi, il loro diffondersi e il loro pesare si situano così in un contesto preciso: la crisi della identità ebraica dovuta a crisi del sionismo e alla fine di quella forma stato basata sullo Stato sociale. Questo radicalismo religioso va colto dunque anche nella sua ambivalenza: un aspetto costruttivo, legato alle domande che pone all’interno di un cammino non certo semplice e non certo facile; e un aspetto distruttivo, di negazione dell’atro. Cosa altro esige in concreto il “messianesimo spaziale”?Le componenti laiche e le componenti religiose della società israeliana si trovano così in una passaggio storico comune, dagli esiti ancora largamente imprevedibili. Ma a questo punto lascerei la parola a David Bidussa.La prima cosa che chiederei a Davide è quella di farci un quadro di questi movimenti di radicalismo religioso.__._,_.___

Giuseppe Trotta, Fondamentalismi al pluraleultima modifica: 2008-03-27T20:41:15+01:00da mangano1
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