Massimo Tomasutti, Il saggio ” Il vento di Parigi”, quasi un appello

111f5d4f7099baa177bc7663bfaa2990.jpgMassimo Tomasutti: Mi permetto di inviarti qui, in allegato, un breve scritto riguardante un’accorato appello per la pubblicazionedel saggio di Antonio Benci, Il Vento di Parigi. Saggio che tu conosci bene e per il quale – come tu converrai -è davvero necessario ‘battersi’ affinchè qualcuno raccolga l’appello.A due anni dalla ‘nascita’ di quello che ritengo (e altri ‘Maggiori’ hanno ritenuto) essere uno dei più documentati ed originali saggi sul ’68, Il vento di Parigi. Percezione, trasposizione, memoria del maggio francese in Italia di Antonio Benci, non sembrerà inutile o inopportuno riproporre qui – in questo foro libero e tenace – un accorato appello affinché questo lavoro pervenga finalmente all’ufficialità di un’autonoma pubblicazione. Saggio documentato e storicamente polisemico, Il vento di Parigi di Benci è, infatti, intessuto di raffinate testimonianze critiche, non meno che di sincere, pungenti preoccupazioni di metodo, per altro supportate da una coerente profondità di scrittura. Benci ripercorrere, infatti, con copiosi documenti e materiali ‘antiretorici’, tutto l’immaginario e il multiforme itinerario di un’esperienza storica complessa – com’è stata la memoria e la percezione collettiva in Italia del maggio parigino. E, continuamente, il ‘tavolo di lavoro’ sul quale Benci affonda la sua ricerca è costituito da quell’ “esperimento del mondo” che fu il ’68 francese, quella realtà storica così ricca e così dotata di senso e di ragioni anche qui nel nostro Bel Paese, così inimitabile nelle sue ‘forme’ rivoluzionarie perché sostanzialmente impregnata di una coesa volontà collettiva ( quel “riprendersi la parola”) da essere essa stessa un’esperienza storica totalizzante e, quindi, da richiedere – come fa ottimamente Benci – sofisticati strumenti di lettura appartenenti al dominio, appunto, del più ampio linguaggio storiografico. Ed è proprio con quest’ottica che Benci indaga e spiega la ‘Grande Memoria’ di quell’eredità storica in un moto a spirale che lo porta ad analizzare tutta un’ampia serie di quotidiani e giornali di base, in visioni storiche progressivamente più nette, in sfumature interpretative sempre più lucidamente cesellate e tuttavia, anche se oggettivamente ‘neutre’, vibranti di quella indispensabile appassionata partecipazione emotiva. E a noi che leggiamo e, spero, leggeremo questo saggio si presentano come figure carismatiche nomadi e ‘barbari’ i cantori e poeti ‘nostrani’ della Comune parigina, talvolta ebbri e teneramente romantici nel magico clima sociale e politico che dava senso a quell’esperienza. Alla Parigi del ’68 Benci ritorna quasi come al luogo dell’’origine’, matrice e sorgente rivoluzionaria; straordinario laboratorio di linguaggi, un “luogo della memoria” aperto e polimorfe (ma mai refoulement nostalgico alla Mario Capanna). E’ qui, quindi, che scaturisce la novità della proposta storiografica di Benci che fondendo, in un unico passaggio, Storia e Memoria del ’68 parigino e italiano affronta concretamente quella stagione procedendo ad un’efficacissima elaborazione di materiali, categorie e verifiche ‘sul campo’ di originalissima concezione storiografica. Che dire infine? Mi limito a formulare un accorato appello: si pubblichi senza remore il Vento di Parigi di Antonio Benci.

Massimo Tomasutti, Il saggio ” Il vento di Parigi”, quasi un appelloultima modifica: 2008-04-28T15:52:36+02:00da mangano1
Reposta per primo quest’articolo