duemila ragioni

attilio mangano, morte di un clochard poeta

aabato 29 novembre 2003

(“DIARIO” doc. 30)/ ATTILIO MANGANO : La morte di un clochard poeta

Ci sono morti silenziose nella metropoli, spesso anonime, storie disperate,
talvolta presentate in poche righe sulla cronaca e talvolta quasi immortalate
per mezza giornata dalla stampa e dalla tv quando sono clamorose ( il
suicidio in galleria nel metrò, l’aereo che si schianta sul Pirellone). E quando
la NOTIZIA investe la nostra immaginazione si affaccia in noi la vaghezza del
“senso di colpa”, la domanda inquieta se qualcosa si poteva fare. C’é la
canzone di Iannacci, “dovevi dirlo prima” che riassume questa oscillazione di
inquietudine e rimozione( che posso farci adesso, dovevi dirlo prima,
piccolo/grande alibi quotidiano con cui si affronta l’angoscia che assale se un
amico ti dice che é nei guai,qualcuno fa capire che sta soffrendo per amore,
per droga, per solitudine, per debiti: la regola implicita della domanda ” come
stai?” é la risposta ” bene, grazie”, se uno trasgredisce la regola e dice invece
” male…sto male…” e ti getta in faccia il suo malessere di fondo, sei stordito e
perplesso , disarmato, così non vale). La cronaca riporta oggi una notizia
angosciosa e struggente, così patetica nella sua malinconia da offrire alla
nostra stessa immaginazione quel pizzico di poesia in più che un cronista
intelligente sa creare e trasmettere. Se un cane morde un uomo non é notizia,
dice la regola, se un uomo morde un cane si. Se un “barbone” viene trovato
morto fra i rifiuti non fa notizia, ma se costui é un “intellettuale” e un “poeta”
ecco che diviene più poeticamente un CLOCHARD. Giovanni Pierazzi era
infatti un INTELLETTUALE sessantenne( laureato in scienze matematiche )
che a un certo punto aveva venduto casa e si era messo a vivere in strada,
portando dietro con sé una macchina da scrivere e dei carrelli di
supermercato in cui teneva libri incellofanati, enciclopedie, fogli, volantini e
gli oggetti domestici. Non accettava l’elemosina ma offriva i suoi strani
foglietti, volantini, fotocopie, versi, per pochi centesimi.” La musica nell’anima
é l’amica più intima”, dice un suo volantino. Ieri notte si é bruciato vivo in zona
Lambrate. “Sono stanco di vivere”, ha detto ai medici che lo han curato
ustionato ormai sul punto di morire. E’ toccato al poeta laureato Giovanni
Raboni aggiungere il suo lucido e dolente commento sulla’”ultima lezione”
del clochard. Sgomento, senso di colpa davanti a una storia “certamente
raccapricciante, certamente terribile” che infine lancia segnali inquieti e
diviene ” una metafora da interpretare”. Certo il poeta Raboni vede anche
come questa storia sia capace di “trascolorare in fiaba, in allegoria, in
parabola”.Ma coglie un messaggio politico-sociale : quello per cui “sarebbe
ora di occuparci ( occuparci davvero, non a parole ma con i fatti, anche, se é
lecito rischiare questa parola, con l’anima) della marginalità, di ciò che
avviene oltre i confini della nostra affollata e dorata solitudine, non soltanto in
vista di ciò che noi potremmo fare e colpevolmente o colposamente non
facciamo per “loro” ma anche di ciò che “loro” potrebbero fare per noi”. Non é
che non si debba provare senso di colpa, ci mancherebbe, la letteratura é
piena di grandi pagine di esempi, storie, che invitano a scoprire il povero, il
marginale, l’infelice, ” i miserabili”. E l’attuale letteratura sociologica sul
volontariato ci ricorda con forza il nuovo slancio di senso civico operante
nell’aiuto volontario, nella scoperta del dolore. Quel che mi sembra Raboni
colga in più o di diverso é però il nucleo problematico inerente l’altra
domanda, quando appunto si interroga sia pure di corsa e si chiede se-
anziché colpevolizzarci con la domanda ” cosa potevo fare per lui?”- non
occorra rovesciare i termini: cosa poteva fare per noi? Appunto,vien voglia di
dire : é la zona di ALTERITA’ che é in noi e non vediamo, fuori di noi si
ripresenta come zona da ignorare, il problema era/é come comunicare
lasciandosi trasformare dall’altro. E’ L’ALTRO, il suo fantasma: ciò che uno
psicanalista contemporaneo chiama suggestivamente IL GRANDE ALTRO, la
parte rimossa di noi stessi, il caos, la pulsione di morte,che opera fuori di noi
come nemico e così rassicura il nostro stesso ordine ma poi si riaffaccia. I
“marginali” non sono in questo senso gli ultimi e i dimenticati a cui prestare
soccorso perché possano essere e diventare eguali a noi. Perché noi non
vogliamo misurarci con “loro” se non trasformandoli in eguali a noi? Il motto
evangelico ricorda con ammonizione: gli ultimi SARANNO i primi… ( ma
INTANTO restano ultimi, obiezione crudele: ovvero il cambiamento che ci
tocca affrontare, il più difficile, é quello in cui HIC ET NUNC siamo attraversati
dall’altro, in permanenza e non trasferiamo tutto ciò nella zona dell’altrove ma
proviamo a farci, per così dire, contagiare dall’altro. Per questo la domanda”
cosa poteva fare Giovanni per noi” riassume il conflitto che é anche in noi,
quando un evento, un messaggio, un segno, ci riportano a quella zona di
alterità.

attilio mangano, morte di un clochard poetaultima modifica: 2008-05-30T01:36:25+02:00da
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