Massimo Tomassutti, In morte del “Sergente”

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Pioveva ieri sera a Venezia all’ora di cena. Una pioggia violenta che spazzava la laguna e rendeva fresca, autunnale l’aria. Poi, prima dell’’ultima spiaggia’ calcistica di Italia-Francia, il triste annuncio del telegiornale nazionale. Mario Rigoni Stern è stato. Se n’è andato il “Sergente”, colui che con i suoi libri ci ha narrato epopee, storie, uomini e nature indimenticabili e che, forse, non avremmo mai potuto davvero immaginare. “Ghe rivarem à baita, Sergentmagiù?” chiedeva ripetutamente un suo alpino durante la ritirata di Russia. Un refrain che esprime tutta l’inquietudine e l’epica di quella ritirata dal Don, narrato nel suo libro più famoso con tutta la pazienza, la cultura e la passione di cui era dotato lo scrittore di Asiago. Per questo è preziosissimo “Il Sergente nella neve”, perché uno ci trova qualcosa di suo, anche se dal punto di vista generazionale è molto lontano da quell’esperienza storica o vive in latitudini molto diverse dai boschi, dalle montagne che sono state care al “Sergente”. Narratore non privo di pathos e di un umanitarismo vero, esperito nel vivo della Storia, Mario Rigoni Stern è stato una delle poche voci che ci hanno aiutato a capire il nostro presente e che ci ha fatto ripercorrere l’angoscia del secolo passato dicendo la grande nostalgia di una ‘Patria’ pensata nella fatica, nel dolore, nelle gelide notti della steppa russa. Come ogni grande opera letteraria, il ‘Sergente’ di Rigoni-Stern ha fatto sentire quanto meschina sia una letteratura incapace di proiettarsi oltre sé stessa. Una lezione abbondante che certamente durerà nel tempo.

Massimo Tomassutti, In morte del “Sergente”ultima modifica: 2008-06-18T20:42:40+02:00da mangano1
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