Maurizio Molinari, Intervista a Robert Reich sul supercapitalismo

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da LA STAMPA 5 luglio 2008

maurizio molinari da New York “Illsupercapitalismo sta stritolando la democrazia”Intervista a Robert Reich

Nella foto ROBERT REICH

Robert Reich è stato ministro del Lavoro durante la presidenza Clinton

L’economista Reich: «L’enorme quantità di denaro delle grandi imprese
ingolfa le istituzioni»

iL supercapitalismo sta stritolando la democrazia e gli unici che possono
difenderla sono i cittadini. E’ questa l’idea-guida di Robert Reich, economista
dell’Università di Berkeley, ex Segretario del Lavoro di Clinton e oggi
consigliere di Barack Obama, che nel suo «Supercapitalismo» (edito in Italia
da Fazi) affronta le cause della crisi globale che scuote non solo il sistema
economico.

Che cos’è il supercapitalismo e perché ci minaccia?
«Rispetto al capitalismo che abbiamo avuto in passato quello odierno è
supercompetitivo. Le tariffe di accesso ai mercati sono basse, i consumatori
posso scegliere prodotti in ogni angolo del mondo, gli investitori possono
girare il Pianeta in cerca di profitti più alti, i soldi viaggiano alla velocità
della
luce, lo shopping comparato è istantaneo, beni e azioni possono essere
acquistati in un attimo su Internet. Ogni consumatore e investitore ha l’intero
globo a disposizione. Tutto ciò ha creato un capitalismo che non avevamo
mai visto prima».

Ma avere più opportunità a disposizione, per acquistare o investire, non
dovrebbe essere qualcosa di positivo?
«E’ certo una cosa buona per chi consuma e investe ma non lo è per i
cittadini che hanno a cuore valori comuni come la stabilità dell’occupazione,
che temono l’evaporazione dell’equità, il surriscaldamento del clima, la
scomparsa dei piccoli negozi a vantaggio della grande distribuzione. Il
supercapitalismo è drammaticamente più efficiente del predecessore ma
riduce i diritti dei cittadini».

Per questo lei afferma nel libro che il supercapitalismo indebolisce la
democrazia…
«Esatto».

Allora come è possibile rinvigorire la democrazia?
«Il primo passo è comprendere ciò che sta avvenendo. Molte persone, a
destra, credono che il benessere dei consumatori e degli investitori sono gli
unici valori importanti dei quali dobbiamo occuparci. A sinistra invece sono in
molti a credere che le grandi corporation e il capitalismo globale sono per
natura diabolici, alla fonte di ogni male del mondo. Se ho scritto questo libro
è
perché desidero che la gente comprenda quanto entrambe queste posizioni
sono semplicemente errate. Il supercapitalismo può essere causa di molti
benefici, come in effetti avviene, ma devono essere bilanciati. L’unica
maniera per proteggere la democrazia e i nostri diritti civili è comprendere i
limiti del supercapitalismo».

Lei afferma che i cittadini sono diventati impotenti e la crisi dei subprime non
potrebbe essere conferma migliore per gli effetti a catena che sta avendo. Da
dove nasce questa dinamica che sta stritolando milioni di famiglie?
«I cittadini sono diventati impotenti a causa degli immensi capitali delle
grandi imprese che hanno ingolfato le istituzioni democratiche. Negli Stati
Uniti avvocati, lobbisti e alti dirigenti delle corporation hanno preso
Washington. Lo stesso avviene a Bruxelles e nelle altri maggiori capitali
dell’economia mondiale. Ma non è tutto. Se cediamo alla tentazione di
pensare solo sulla base di consumi e investimenti dimentichiamo il nostro
ruolo di cittadini. Dobbiamo occuparsi dell’educazione, ad esempio. Un
cittadino ben istruito è fondamentale al funzionamento della democrazia
mentre ora si parla di educazione solo come frutto di un investimento privato.
Non più come un bene pubblico. Considerare una laurea universitaria solo
come un passo verso un salario più alto significa avvalorare l’ideologia di un
supercapitalismo che erode l’idea stessa di avere dei propositi, degli interessi
comuni».

Invocare una maggiore difesa dell’interesse pubblico significa chiedere una
rivalutazione della politica?
«Non solo della politica ma della pratica della cittadinanza. Le nostre opinioni
pubbliche, negli Stati Uniti, in Italia e altrove, sono molto ciniche rispetto
alla
politica. Il cinismo c’è ovviamente sempre stato ma oggi è assai radicato.
Dobbiamo chiederci di chi è la responsabilità di resuscitare la democrazia. La
risposta è semplice: tocca a noi farlo. Se non sentiamo tale responsabilità, se
non ci uniamo per riuscirci, non avverrà mai».

Se l’obiettivo è resuscitare la democrazia quale ruolo può avere lo Stato?
«Le istituzioni pubbliche sono fatte dai cittadini. Se il pubblico consente che
le istituzioni vengano degradate, corrotte, conquistate da fondi privati o di
grandi corporation, allora lo Stato non potrà più funzionare. Ognuno di noi è
un consumatore e, spesso, un investitore, ma ognuno di noi è anche un
cittadino e dobbiamo comportarci come tale, proteggendo i nostri diritti. Solo
riuscendoci porteremo le istituzioni a funzionare meglio e la democrazia a
risollevarsi».

La crisi finanziaria innescata dai mutui subprime ha sollevato la necessità di
più stringenti regolamenti sulle banche, sui mercati. Ma chi dovrebbe o
potrebbe farlo?
«Il pendolo della regolamentazione sta tornando indietro. Per anni, da
Ronald Reagan a Margaret Thatcher, la tendenza è stata verso minori regole,
ora invece si va in direzione opposta. Ma il punto non è questo bensì se
stiamo regolando ciò che serve oppure no. Se le istituzioni politiche vengono
dominate da ricchezze private e potere delle grandi imprese le regole non
potranno essere nell’interesse collettivo, serviranno solo a proteggere i ricchi
e i potenti. Le grandi corporation stanno già manovrando negli Stati Uniti per
cambiare i regolamenti finanziari, del settore immobiliare o del settore
energetico al fine di ledere gli interessi dei concorrenti. Il pubblico chiede
regole nuove e più efficienti ma chi siede al posto di comando cede troppo
spesso alle pressioni dei più forti».

Perché i politici esitano a difendere i diritti dei cittadini?
«Dipendono troppo dai media per essere rieletti e i media in molti Paesi, a
cominciare dagli Stati Uniti, dipendono dalla pubblicità diretta e indiretta che
viene in misura sempre maggiore dalle grandi imprese. E’ un circolo vizioso».

Lei è un consigliere del candidato democratico Barack Obama. Ritiene che
diventando presidente potrebbe essere un leader di tipo diverso?
«Lo spero. La cosa interessante di Obama è il fatto di essere riuscito ad
accendere l’interesse in vasti settori dell’opinione pubblica che in genere
restano lontano dalla politica. Nessuno era riuscito a fare altrettanto
dall’epoca di Robert Kennedy. Se riuscirà a far continuare tale partecipazione
avrà almeno il 50% di possibilità di combattere le forze dello status quo».

Maurizio Molinari, Intervista a Robert Reich sul supercapitalismoultima modifica: 2008-07-06T17:14:00+02:00da mangano1
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