Patrizia Gioia, “12” di Nikita Michalkov

E’ incontrando il dolore dentro ognuno di loro ( il dolore, non il male!) che i 12 giurati arrivano al verdetto d’assoluzione. Nessuno lancerà più la prima pietra sul nemico fuori, se oserà guardare gli occhi del vero nemico dentro : l’angoscia dell’essere umano.
Ma c’è ancora un passo da fare e Michalkov ce lo indica.
Ognuno di noi deve farsi davvero carico dell’Altro. Non possiamo più cercare altri alibi. Non abbiamo più tempo.
E’ in ognuno di noi, ma non solo” da noi”, che arriva sempre il nuovo inizio e la nuova possibilità.
E’ in una relazione di fiducia con l’Assoluto.
Bisogna ogni volta rischiare, come fa l’uccellino di Michalkov che rischia l’inverno.
La natura sa che la speranza è nell’invisibile.1144058922.jpg

“12” di Nikita Michalkov
recensioni alla maniera di Patrizia Gioia, 27 luglio 2008

La neve bianca, che entra, con l’apertura delle finestre della grande palestra della scuola dove 12 giurati sono chiusi per decidere della sorte del giovane ragazzo ceceno, accusato di avere ucciso il patrigno ex ufficiale di Spetsnaz, offre a noi tutti la possibilità di scelta, simbolicamente rappresentata nel film dall’uccellino svolazzante dentro quella grande stanza e che ora potrà scegliere se uscire, ( pur se nel freddo dell’inverno, metafora del nostro e speranza anche di nuova primavera ) o stare dentro, (tra tubi del riscaldamento, vecchi e marci per l’indifferenza e le mancanze di ognuno di noi).
Libero arbitrio. Abbiamo sempre possibilità di scelta.
Rimanere nello status quo, con i tubi che perdono, vecchi di 40 anni e che tali rimarranno per altri 40, o tirarsi su le maniche e iniziare a fare qualcosa, ognuno di noi e senza guardare se anche il vicino lo farà .
La responsabilità è personale.

Della pièce teatrale di Reginald Rose “La parola ai giurati” esistevano già due versioni cinematografiche: quella, famosa, del 1957, diretta da Sidney Lumet, interpretata da Henry Fonda e plurinominata agli Oscar,
e una di quarant´anni dopo con Jack Lemmon.
Titolato “12”, Nikita Mikhalkov, che il testo l´aveva già messo in scena in un teatro di Mosca, ne realizza oggi una parafrasi non solo russa, ma attuale per ognuno di noi, perché possiamo ritornare e ritrovare quella Patria, quella Heimat che ognuno di noi porta in sé e che abbiamo dimenticato.

Mikhalkov mette noi tutti dentro la stanza dei giurati, con tutti i nostri giudizi e pregiudizi, uomini di cattiva volontà che siamo e che partiamo sempre col puntare il dito sul nemico fuori, dito che è invece dentro di noi da rivolgere, per snidarlo il vero nemico e scoprire così che nessuno, davvero nessuno può scagliare la prima pietra. Non è la legge che ci salverà, Gesù ce lo indica da sempre e come sempre senza tanti giri di parole vedendo l’uomo che lavorava, contro la legge, al sabato:
” uomo, se sai quello che fai sei benedetto, ma se non lo sai sarai maledetto”.
Perché è sull’altra riva che la crisi che stiamo attraversando dovrà traghettare l’uomo che dobbiamo diventare, non dalla parte della sola legge (raziocinio), ma della parte della Piethas (sentimento), l’unico luogo dove la consapevolezza e la responsabilità del dolore umano che ci accomuna non ci farà più mettere il male fuori. La legge del taglione, occhio per occhio, dente per dente non è servita nei nostri precedenti 40 secoli, è altra la Via. Il male che noi vediamo nel mondo è il nostro dolore, è il dolore della nostra finitezza umana, della nostra sicura morte, nei cui occhi non osiamo guardare e sostare, dolore che se non incontrato dentro, si trasformerà in paura e la paura crea difese e contemporaneamente sempre anche offese,
è il nostro dolore che ci fa assassini dell’Altro e dato che l’Altro siamo noi: “ chi di spada ferisce, di spada perisce” . Ed è di ben altra lega fatta la spada che Gesù è venuto a portare.

12 giurati, 12 uomini, come quelli che c’erano intorno a Gesù nella sua ultima cena, chè ogni volta è un’ultima cena, per ognuno di noi, perché ogni volta possiamo ancora tradirla quella voce o iniziare ad ascoltarla e scrivere nuova la Storia con le parole che quella profonda e viva voce interiore da sempre ci indica e che ogni giorno sono da rinnovare: Piethas, Amore.
Il sentirsi solo e spaurito nel mondo è l’angoscia dell’essere umano ed è la fuga da questa angoscia che fa nascere il male, eccolo il peccato originale.
Il più aggressivo è sempre anche il più pauroso e debole.

Se imparassimo a vedere le cose visibili comprendendo, cioè tenendo insieme anche quelle invisibili! Comprenderemmo così come mai Gesù è 100 per cento Uomo e 100% Dio, come ognuno di noi lo è, e che la strada che lui ci ha indicato è la sola strada che ognuno di noi ha da percorrere per vivere una vita viva e piena, una vita dove l’Altro è l’altra parte di noi. Non dobbiamo imitare Gesù, ma vivere la nostra vita come Gesù ha vissutola sua: in Verità, cioè in relazione con quella voce dell’Assoluto, la sola che non ci lascerà mai soli.
L’Anima non si conosce certo sezionando il cervello, ma aprendosi all’incontro, riappacificandoci con quell’umanesimo che abbiamo tradito, con quella Piethas che abbiamo barattato mortiferamente con Ibris.
Il peccato d’orgoglio, porterà sempre solo male.

Ci siamo dimenticati di tutto ciò che l’Anima ha prodotto durante i secoli, l’abbiamo barattata con il Pensiero, orgogliosamente credendo che l’uomo da solo può tutto.
Mentre l’uomo sarà veramente Uomo quando comprenderà che è solamente in una relazione di fiducia con l’Assoluto che scomparirà la sua angoscia, questo è il movimento trinitario, e questo Assoluto è dentro e fuori di noi, è incontro, è movimento sull’asse Io-Sé, è sapere di non essere padroni in casa propria, ma servitori, è “sapere” d’essere in più grandi mani, mani che sanno, perché mani che hanno anche cuore.

E’ incontrando il dolore dentro ognuno di loro ( il dolore, non il male!) che i 12 giurati arrivano al verdetto d’assoluzione. Nessuno lancerà più la prima pietra sul nemico fuori, se oserà guardare gli occhi del vero nemico dentro : l’angoscia dell’essere umano.
Ma c’è ancora un passo da fare e Michalkov ce lo indica.
Ognuno di noi deve farsi davvero carico dell’Altro. Non possiamo più cercare altri alibi.
Non abbiamo più tempo.
E’ in ognuno di noi, ma non solo da noi, che arriva sempre il nuovo inizio e la nuova possibilità.
Bisogna ogni volta rischiare, come fa l’uccellino di Michalkov che rischia l’inverno.
La natura sa che la speranza è nell’invisibile.

Patrizia Gioia, “12” di Nikita Michalkov….recensioni alla mia maniera.
27 luglio 2008

Patrizia Gioia, “12” di Nikita Michalkovultima modifica: 2008-07-27T19:44:00+02:00da mangano1
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