da LIBERAZIONE 26 agosto 2008
MAO VALPIANA, TOLSTOI illustre predecessore
Mao Valpiana direttore di “Azione nonviolenta”
an@nonviolenti.org
www.nonviolenti.org
I sindaci di Firenze, Venezia, Verona e delle altre città che quest’estate hanno emesso ordinanze contro i mendicanti che chiedono la carità davanti alle chiese o sui marciapiedi dove passano i turisti intenti a fare shopping, forse non sanno che i tanti cittadini, cattolici e laici, che si sono indignati
«Una sera d’inverno del 1891, a Mosca, stavo andando alla porta Borovickaja; presso di essa sedeva un vecchio, un accattone sciancato,
Il problema dell’obiezione di coscienza è tutto in questo dialogo. Quando la regola sociale non coincide con la regola morale, si creano le condizioni dell’obiezione di coscienza. Il suo contenuto fondamentale è il rifiuto di una legge, o di un ordine costituito, quando questi vogliono nascondere o far accettare situazioni di violenza, di ingiustizia o di oppressione.
Tutti sanno che Leone Tolstoj (28 agosto 1828 – 28 ottobre 1910) è il grande romanziere russo che ha scritto un
Nel libro Resurrezione , Tolstoj indica i suoi cinque fondamentali comandamenti:
L’uomo non deve mai uccidere il proprio simile ma nemmeno adirarsi con lui.
L’uomo non profani la bellezza di una donna facendone strumento del proprio piacere.
Mai promettere niente sotto giuramento.
Perdonare le offese, non rifiutare nulla di ciò che gli altri ti chiedono.
Amare, aiutare e servire tutti, anche i propri nemici.
Tolstoj si avvicinò sempre di più ad una interpretazione letterale del vangelo, cercando di apprendere da esso insegnamenti pratici per la vita quotidiana. Riassume la propria personale filosofia cristiana nel libro Il Regno di Dio è in voi . Fu proprio leggendo questo testo che Mohandas Karamchand Gandhi, avvocato indiano intento a difendere i diritti dei lavoratori suoi connazionali immigrati nel Transvaal, in Sudafrica, trovò la fede nella «non resistenza al male» e ne scoprì le grandi potenzialità pratiche. Nell’autobiografia Gandhi scriverà: «La sua lettura mi entusiasmò. Ne ebbi un’impressione indimenticabile. A quel tempo io credevo nella violenza. Quel libro mi curò dallo scetticismo e fece di me un fermo credente nell’ ahimsa ». E’ grazie all’ispirazione di Tolstoj che Gandhi applica la nonviolenza anche sul piano politico. Tra l’ottobre 1909 e il novembre 1910 fra i due vi è un carteggio di sette lettere (quattro di Gandhi – allora quarantenne – , tre di Tolstoj – ormai ottantatreenne). Gandhi ha un’ammirazione sconfinata per Tolstoj, che considera uno dei pensatori più lucidi del mondo occidentale, tanto da intitolargli, ancora vivente, la fattoria “Tolstoj farm”, messa a disposizione dei “resistenti passivi”.
Gandhi sintetizza così il Tolstoj-pensiero: gli uomini non devono accumulare ricchezze; per quanto male ci faccia una persona dobbiamo fargli del bene; occorre badare più ai propri doveri che ai propri diritti; l’agricoltura è la vera occupazione dell’uomo; è contrario alla legge divina costruire grandi città, per costringervi centinaia di migliaia di persona a lavorare alle macchine e a far arricchire alcuni sfruttando il lavoro di altri che rimangono poveri.
Tolstoj considera la nonviolenza di Gandhi «l’opera più centrale, più importante fra tutte quelle che si svolgono attualmente nel mondo, e di essa saranno partecipi necessariamente non solo i popoli del mondo cristiano, ma quelli di tutto il mondo». E in una lettera aggiunge: «Penso che vi farà piacere sapere che anche da noi in Russia quest’attività si sviluppa rapidamente nella forma del rifiuto del servizio militare, che si fa ogni anno più diffuso». Gandhi raccoglie subito l’insegnamento e lo rivolge ai suoi seguaci: «Non resistete al male, ma non partecipate voi stessi al male, nelle azioni violente dell’amministrazione dei tribunali, della raccolta delle tasse e, più importante ancora, degli eserciti; e nessuno al mondo vi ridurrà in schiavitù».
Il pacifismo di Tolstoj è radicalmente antimilitarista. Ci furono molti giovani che in nome degli ideali tolstojani rifiutarono il servizio militare e qualcuno anche morì per le privazioni cui venne sottoposto. Ciò scosse molto Tolstoj, che vedeva i suoi discepoli andare incontro alla morte. Molti testi tolstojani dell’epoca furono proibiti dalla censura zarista per il loro contenuto “sovversivo” e per impedire lo sviluppo del movimento pacifista tolstojano. Tuttavia le idee contro la guerra dello scrittore russo si andavano diffondendo in tutta Europa, tanto che egli diventò autorevole difensore morale di tanti giovani obiettori di coscienza. Nel 1896 scrive I tempi sono vicini per difendere Van der Weer, obiettore olandese dell’epoca: «La dottrina cristiana prescrive la non resistenza al male; essa gli ordina di amare tutti gli uomini; il cristiano non può dunque essere soldato, vale a dire appartenere ad una classe di persone la cui sola ragione di essere è di uccidere i propri simili. Così i veri cristiani hanno sempre rifiutato, come ancora rifiutano, di sottomettersi al servizio militare. Ma vi sono sempre stati pochi cristiani».
Tolstoj denuncia con forza lo stretto legame esistente fra violenza ed economia. «Tre sono le cause della guerra: ineguale ripartizione dei beni, esistenza dell’ordine militare, dottrine religiose ingannatrici… Finché profitteremo delle ricchezze privilegiate, mentre le masse saranno oppresse dal lavoro, ci saranno sempre guerre. Non vale la pena di rifiutare il servizio militare e nella polizia ed ammettere la proprietà, che si mantiene soltanto per mezzo del servizio militare e della polizia».
Sono tre i principi fondamentali del pacifismo tolstojano. Il primo: «Come non si può asciugare l’acqua con l’acqua, non si può spegnere il fuoco con il fuoco, così non si può distruggere il male con il male». Per eliminare il male occorre una forza di segno contrario: l’amore. Se si aggiunge violenza a violenza, la somma totale della violenza non può che crescere.
Il secondo principio è la non-collaborazione. Per eliminare ogni forma di violenza e oppressione politica, basta non parteciparvi: «Rifiutare il servizio militare, rifiutare di fare il giudice, l’avvocato, il politico, di lavorare le terre altrui ecc. Ogni oppressione infatti si fonda sulla complicità degli oppressi».
Il terzo principio, per la lotta contro il male: «Verrà distrutto il male fuori di noi, solamente quando lo avremo distrutto in noi». Il male può toccarci solo se in un modo o nell’altro vi partecipiamo. E non vi è nulla di più dannoso per gli uomini del pensare che le cause della loro situazione non risiedono in loro stessi, ma in condizioni esterne.
Quando Tolstoj muore, Gandhi scrive: «Il grande Tolstoj ha lasciato il suo corpo terreno, ma non può esserci morte per l’anima di Tolstoj. Il suo nome resterà sempre immortale” ( Indian Opinion , 26 novembre 1910).
Oggi comprendiamo meglio la grandezza di Leone Tolstoj e la modernità del suo cristianesimo nonviolento, che ha unito Oriente e Occidente; il suo messaggio, a 180 anni dalla nascita del pensatore, è ancora strumento vivo e utile per opporsi alle guerre di oggi, mentre le ordinanze dei sindaci di Firenze, Venezia, Verona, contro i mendicanti, sono roba dell’ottocento, come il granatiere di vedetta al Cremlino.