Marco Menicocci, I Puffi, la società degli ultimi comunisti

Marco Menicocci
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I Puffi. La società degli ultimi comunisti
Il socialismo realizzato del Grande Puff

All’interno della produzione dei padri del socialismo scientifico sono mancate le descrizioni della società comunista una volta che questa avesse, con la rivoluzione, chiuso la “preistoria” dell’umanità. Ideologi e divulgatori hanno tentato, a volte, di sopperire con la fantasia a quella che sembrava una carenza nella teoria elaborando una serie di mitizzazioni che hanno trovato un singolare, e forse inatteso, riassunto in alcuni tra i più interessanti personaggi dei fumetti: i puffi.

Grande Puffo, guidaci tu

Creati dalla fantasia di Peyo (Pierre Culifford, 1928-1992), i puffi sono, insieme ai personaggi di Disney, il solo fumetto realmente transnazionale, diffuso egualmente in Occidente come nell’ex blocco comunista. E se la banda Disney è l’indiscussa testimonial del capitalismo, i puffi sono l’espressione della controparte.
Creature di colore blu, dai tratti somatici uniformi, vestite allo stesso modo con berretto e pantaloni bianchi, i puffi sono tutti eguali tra loro. Questa uniformità (che rammenta l’uso, nella Cina di Mao, della tuta blu come abito obbligatorio) esprime l’assenza di ogni differenziazione sociale e sessuale tra i puffi e l’eguaglianza degli individui.
Naturalmente i puffi non perdono la loro individualità e non costituiscono una massa anonima e amorfa.
La socializzazione comunista è ben lontana dalla spersonalizzazione capitalista e rispetta l’identità di ciascuno. Solo che questa identità si esprime unicamente nei ruoli sociali: i puffi sono identificati, e prendono il nome, dal ruolo che svolgono all’interno della comunità e, più in generale, nel processo di produzione.
Unica eccezione a questa uniformità è il Grande Puffo, il quale oltre a sfoggiare una barba che richiama vagamente quella di Marx, indossa pantaloni e cappello rossi. Egli è il capo della comunità e, pur senza essere infallibile, la guida con saggezza e autorità.
Tra i puffi, naturalmente, non esiste un partito politico e tanto meno un partito che debba incarnare la coscienza del proletariato, tuttavia il Grande Puffo costituisce una sorta di coscienza guida del suo popolo e questo spiega la fiducia dei suoi.
Oltre alla sua esperienza (è ultracentenario), Grande Puffo dispone per il suo ruolo di guida di un potente ausilio: un antico e prezioso libro di alchimia. Questo libro contiene un sapere capace di risolvere i problemi della comunità e in questo modo l’alchimia diviene qui il simbolo dell’unione concreta di teoria e prassi, un sapere, cioè, capace di trasformarsi in azione.
Va rilevato che questa soluzione mitica del problema che ha assillato la filosofia dello scorso secolo doveva essere presente nei fumetti dei puffi: infatti nel paradiso comunista non può esserci alcun sapere separato dalla prassi.
Puffo Pigrone: malattia e fascismo
Gli altri puffi si identificano per il loro ruolo: Quattrocchi, l’intellettuale appassionato di politica, il solo capace di criticare e offrire suggerimenti al Grande Puffo; Puffo Poeta; Puffo Inventore, Puffo Forzuto e così via.
Naturalmente i puffi hanno anche dei nemici. Il principale è il mago Gargamella che, avendo scoperto una magia per trasformare i puffi in oro, cerca continuamente di catturarli. Gargamella è la sintesi del capitalismo, che considera gli individui solo come materia utile per realizzare beni e, in definitiva, denaro.
Ma l’antagonista più interessante è interno alla comunità. Si tratta di Puffo Pigrone (non a caso il puffo che lavora meno) il quale, infettato da una mosca, diviene un violento e aggressivo puffo nero il cui morso è contagioso. Il fascismo è sempre in agguato e la comunità non deve mai cessare di vigilare contro le inattese esplosioni di razzismo. Diventare puffi neri, anonimi e privi di individualità, equivale a rinunciare alla cultura e a ricadere nella legge della jungla.
Nel villaggio dei puffi la divisione dei ruoli sessuali è completamente superata. L’unico puffo di sesso femminile, Puffetta, nonostante la ben marcata differenza sessuale (Puffetta ha lunghi capelli biondi, la sua casa ha le finestre a forma di cuore ed è l’unica con le tendine) è in tutto simile agli altri puffi e se escludiamo le attenzioni sentimentali a lei rivolte la sua attività è eguale a quella degli altri.
Salvare la compagna Puffetta
Inizialmente nel villaggio erano solo puffi maschi. Puffetta è il risultato di una stregoneria di Gargamella tendente a condensare in un unico soggetto tutte le caratteristiche negative della femminilità. Infatti questi, per realizzarla, ha mescolato “un pizzico di civetteria, uno spesso strato di pregiudizi, tre lacrime di coccodrillo, un po’ di sventatezza”.
Originariamente futile e vanesia, moraleggiante e seducente, pronta a predicare la necessità del lavoro ma incapace di combinare nulla di buono, Puffetta con la sua femminilità borghese era all’origine un problema per i puffi, poiché introduceva una forte anomalia individualistica all’interno della comunità organica del villaggio.
Occorrerà un intervento del Grande Puffo che, grazie ad una formula magica, riuscirà a trasformarla in un membro integrato nella comunità, capace di vivere insieme agli altri e svolgere le attività comuni. In questo modo avviene l’emancipazione della donna che, nella vita sociale e produttiva della comunità, diviene in tutto e per tutto pari all’uomo ristabilendo l’eguaglianza sociale tra i membri del villaggio. Analogamente l’omosessualità non dichiarata ma evidente del Puffo Vanesio non comporta alcuna discriminazione: i suoi eccessi stupiscono gli altri ma non creano disagi.
Il villaggio vive con un’economia centralizzata e pianificata. Quando occorre operare delle scelte il Grande Puffo fornisce delle indicazioni e i membri del villaggio le eseguono. All’interno del villaggio non esistono né moneta né scambio. Poiché tutti i puffi sono eguali tra loro e hanno gli stessi bisogni, e poiché la comunità fornisce loro tutto ciò che serve per poter vivere, non è necessaria alcuna proprietà privata.
Esiste, naturalmente, la proprietà d’uso di alcuni beni, ma i puffi troverebbero strano che qualcuno asserisse di essere il proprietario della valle, della foresta, della miniera, dei beni mediante i quali è garantita la produzione e riproduzione della comunità.
Nel villaggio vige un comunismo rigoroso: tutti lavorano, svolgendo le varie attività e il prodotto del lavoro è ridistribuito a tutti secondo le esigenze di ciascuno e senza proporzione con l’attività svolta, secondo la nota definizione caratterizzante il comunismo: da ciascuno secondo le proprie possibilità a ciascuno secondo i suoi bisogni.
Puffo Goloso: il limite della natura
Si tratta di un lavoro liberato in tutti i sensi e, soprattutto, non coatto. Il comunismo ideale dei puffi è lontano dalle esperienze del comunismo storico. Quando nel villaggio capita che, per qualche motivo, un puffo non svolga la sua attività in modo corretto, danneggiando così la comunità, in pratica non accade nulla di grave. Il puffo viene aiutato a risolvere i suoi problemi e a riprendere il lavoro in modo corretto.
Le sanzioni si limitano a una generica riprovazione morale e il colpevole è più che altro incoraggiato a impegnarsi di più. Nei casi gravi, in cui un puffo è impedito di svolgere la sua funzione per cause di forza maggiore, la comunità fa a meno del bene prodotto da quel puffo oppure ridistribuisce la sua attività tra gli altri puffi.
Nel mondo dei cartoni il comunismo può fare a meno della coercizione per incrementare la produzione. Anche chi cerca di approfittare a proprio vantaggio dei beni prodotti dalla comunità, appropriandosi di una quota maggiore di quanto gli spetterebbe, non subisce particolari punizioni. È il caso di Puffo Goloso che, semplicemente, non può fare a meno di appropriarsi del cibo che gli capita a tiro. Non è però un profittatore: semmai è un malato. Così, nonostante mangi i cibi degli altri, scatenando a volte una legittima reazione morale, non vengono mai prese serie iniziative per punirlo o anche solo per limitarne con la forza le pretese.
Mentre Quattrocchi, con la sua petulante smania di cambiare le cose e di prevalere politicamente, rappresenta un fastidio per la comunità e una volta viene persino esiliato, Puffo Goloso è tollerato, come si tollerano le brutte giornate e l’influenza. Puffo Goloso costituisce l’esempio del limite naturale cui anche il comunismo deve inchinarsi: la realtà biologica dell’uomo, la sua mortalità, le malattie, la sua costituzione materiale, costituiscono vincoli che il comunismo può limitare ma mai superare del tutto. Quello rappresentato da Quattrocchi è, invece, un pericolo politico, culturale, contro cui il comunismo può efficacemente e legittimamente battersi.
Il villaggio dei puffi, al centro di una vallata, è costituito da casette tutte eguali, a forma di fungo. Alcune hanno più di un piano ma non hanno un valore maggiore delle altre: nessuna abitazione, ad eccezione di quella di Puffetta, si distingue dalle altre. Mentre all’esterno i colori sono tutti sgargianti e vivaci, gli interni, tutti eguali, sono spogli e privi di comodità.
In questo modo viene valorizzato l’aspetto pubblico delle case, l’esterno colorato, a svantaggio di quello privato, interno. Del resto la distinzione pubblico/privato, propria del mondo borghese, è inesistente nel villaggio dei puffi. La loro vita si manifesta soprattutto in comunità, nella dimensione sociale: manca la dimensione privata dell’esistere. Tutti sanno tutto di tutti e i problemi di un singolo sono i problemi dell’intera comunità. Non a caso i membri del villaggio, tra loro, usano per chiamarsi il termine puffo. Questa parola è anteposta al nome dell’individuo per qualificarlo (Puffo Inventore, Puffo Poeta) in analogia con il termine compagno.
L’utopia comunista si riflette in un linguaggio caratterizzato dall’uso del termine puffo in sostituzione di sostantivi, aggettivi e verbi. Apparentemente si tratta di una regressione espressiva. Al contrario il parlare puffo è espressione di un linguaggio disancorato da ogni funzionalismo tecnico.
Tra i puffi comunisti il linguaggio non è vincolato dalle esigenze produttive, non è subordinato alla precisione industriale, non è condizionato dalla razionalità strumentale, ma torna invece, grazie alla sua capacità evocativa, alla sua dimensione unicamente comunicativa e fantastica.
Nell’universo del comunismo ideale anche le parole sono liberate dai rapporti di potere.

Marco Menicocci, I Puffi, la società degli ultimi comunistiultima modifica: 2008-08-28T18:12:00+02:00da mangano1
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