da L’UNITA’ 13 SETTEMBRE
clara sereni
domande ai maschi
In prima battuta mi sono chiesta: ma la voce delle donne, che fine ha fatto?
Possibile che le donne non abbiano niente di nuovo da dire sulla
prostituzione, sull’uso sempre più spregiudicato, proprietario e violento dei
corpi, sull’idea di rinchiuderli dentro case che saranno prigioni e lager?
Siccome non sono i nostri, e visto che a parlare sembra restino soltanto le
brave mogli e brave madri e buone figlie, quelle che hanno vergogna di
vedere e preferiscono non sapere, sui corpi venduti e comprati non abbiamo
più parole? Siamo talmente affaticate dal vivere che ogni repressione ed
emarginazione ci passa sopra senza commenti che non siano di bandiera?
Siamo così impaurite dal nostro retrocedere?
Così intimorite che – a parte le donne presenti nelle unità di strada finché non
le sopprimono – non ci poniamo più il problema di come relazionarci con chi
vive condizioni di massima emarginazione, quando non di vera e propria
schiavitù? Non ho trovato la risposta, ma un’altra domanda mi si è affacciata
subito dopo: ma gli uomini, hanno qualcosa da dire? Si pongono il problema
di dire qualcosa?
Negli ambienti che frequento vige ancora – fortunatamente – qualche tabù:
dire che le donne sono tutte puttane non sta bene, e anche l’inevitabilità del
mestiere più antico del mondo non trova buona stampa. Qualcuno
certamente pensa ambedue le cose, ma si perita di dirlo e questo lo
considero, alla fin fine, un bene. E però…
Fra le persone che conosco, mai ne fosse capitato uno che ammetta di dirsi
cliente. Al più ho sentito dire, da qualcuno abbastanza attempato e in
imbarazzo, che bisogna pur provvedere alle pulsioni sessuali degli immigrati
senza relazioni e senza amori: e senza soldi, aggiungo io, in mancanza dei
quali incrementare l’afflusso dei clienti è piuttosto improbabile. Da quel punto
di vista, la prostituzione sarebbe tutto un fatto di emarginazione, da una parte
e dall’altra, e chiusa lì. Da un giovane, invece, ho sentito raccontare della
rinnovata frequenza e passione per i “puttan tour”, quei giocosi
assembramenti maschili, generalmente automuniti, in cui si va a sparare con
le pistole ad acqua o se ne tira a secchiate, preferibilmente d’inverno, alle
prostitute che così si congelano meglio. A me, attonita, che chiedevo un
perché, una ragione, è stato risposto: «È divertente…», e il discorso si è
incagliato, senza possibilità di riprenderlo in modo minimamente
problematico.
Giovani e meno giovani, mai un discorso che valga la pena ascoltare su
come gli uomini vivono la propria sessualità. Su come si relazionano, oggi,
con le donne, che siano le loro compagne o altre. E invece vorrei sentir
confessare e discutere, per esempio, questo bisogno maschile inesausto,
anzi evidentemente in crescita, di comperare corpi – giovani più che si può,
femminili in prevalenza ma poi anche maschili e transgender. Ci hanno detto
che dipende dal ruolo maschile ormai pencolante, che li porta anche a
picchiarle e ucciderle, le donne. E questa spiegazione sembra aver chiuso
ogni altro discorso, ogni ulteriore problematizzazione. E così, se la
prostituzione innegabilmente aumenta, la reazione è come per la grandine:
succede, la manda il cielo, ci sono le mutazioni climatiche, che c’entro io?
L’ho già scritto, sono stufa di partecipare a manifestazioni a sostegno delle
donne brutalizzate, vendute e comprate, ammazzate. I maschi devono trovare
il coraggio di mettersi in gioco, di parlare. Non solo per dire: non nel mio
giardino, non davanti a me, non davanti ai miei figli povere creature innocenti.
I maschi devono interrogarsi a fondo sulla dicotomia
donna(puttana)-madonna che sembra essersi di nuovo impadronita del
sentire comune, e che dilaga nei nostri figli. I maschi devono dire “io”, e da lì
partire per ragionare, per capire, e solo dopo, molto dopo, per decidere ed
eventualmente legiferare. I maschi devono almeno cominciare a rendere
conto alle donne di quel che pensano, di quel che fanno. Di come crescono e
di come regrediscono.
Una domanda, ancora. L’educazione sessuale nelle scuole è cosa che
neanche si nomina più. Il Presidente Napolitano ha apprezzato i nuovi
programmi di educazione alla Costituzione. Chiedo: ma quale educazione
alla Costituzione si potrà mai impartire, se mancano i minimi presupposti di
vita civile, quelli che segnano i rapporti fra i generi? Il nuovo fascismo non è
solo nelle affermazioni storicamente assai disinvolte di sindaci e ministri della
Repubblica, o nelle singole aggressioni a migranti e diversi. Il fascismo è
anche qui, nei nostri “maschi alfa” che da sempre e di nuovo si sentono liberi
da ogni vincolo di coscienza e rispetto, anche nei confronti di se stessi.
Abbiamo un gran bisogno di antifascismo in piazza, e bene ha fatto ad
esempio la Cgil ad impegnarsi in tal senso, ma bisognerebbe cominciare a
chiarire cosa significhi anti-fascismo fra le lenzuola, domestiche e non. Non
certo dalla ministra all’Istruzione, che mi appare in tutt’altre faccende
repressive affaccendata, ma da qualcuno (maschio) vorrei proprio cominciare
ad avere qualche risposta.