Cristoph Wulf, La via antropologica all’immagine e all’immaginazione

da LIBERAZIONE, 17 settembre 2008

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Pubblichiamo lo stralcio della relazione “La via antropologica all’immagine e all’immaginazione” che Christoph Wulf terrà venerdì alle 17.30 in piazzale della Rosa a Sassuolo in occasione dell’ottavo Festival filosofia dedicato alla fantasia (programma completo su www.festivalfilosofia.it). Wulf è professore di Scienza dell’educazione e direttore dell’Interdisziplinäres Zentrum für historische Anthropologie presso la Freie Universität di Berlino. In Italia sono stati tradotti: “Mimesis. L’arte e i suoi modelli” e l’enciclopedia antropologica “Cosmo, corpo, cultura. Enciclopedia” di cui è curatore.

Christoph Wulf

Come nessun’altra capacità a parte il linguaggio, cui è strettamente connessa, l’immaginazione è tipica dell’uomo. È l’immaginazione che permette all’uomo, con l’aiuto delle immagini, di fare del mondo esterno una parte del suo mondo mentale, di custodirlo nella mente e ricordarlo, dando realizzazione a tale mondo mentale di idee e di immagini. L’immaginazione è parte della conditio humana. In tedesco ci sono tre termini per esprimerla: Phantasie , cioè “fantasia”, che deriva originariamente dal greco; Imagination , che deriva dall’equivalente latino e che Paracelso traduceva con Einbildungskraft ; mentre ora, dietro l’influenza di alcuni autori francesi, la si definisce frequentemente anche Imaginäre , ossia “immaginario”. L’immaginazione, che pervade il nostro mondo e si manifesta in forme diverse, è una delle più enigmatiche energie umane. Se ne possono analizzare solo gli effetti concreti, perché l’immaginazione in quanto tale sfugge a ogni identificazione. Essa ci permette di percepire immagini anche quando ciò che esse raffigurano è di fatto assente. Essa denota la possibilità di avere una visione mentale e di pianificare le nostre azioni future.

Un precoce utilizzo del termine phantasìa si trova nella Repubblica di Platone dove, nel decimo libro, l’atto mimetico del pittore viene definito come imitazione di ciò che appare nel modo in cui appare. Aristotele viceversa sostiene che all’immaginazione risulta possibile «produrre qualcosa davanti ai nostri occhi». Qui l’immaginazione è capacità di far apparire qualcosa. Tale significato subì uno slittamento quando, con l’antichità romana, in aggiunta al greco phantasìa si cominciò a usare imaginatio . A quel punto l’accento non era più sul “far apparire qualcosa”, perché la imaginatio denotava la capacità attiva di portare immagini dentro se stessi, di immaginare. […] I tre termini utilizzati in tedesco per indicare l’immaginazione sottolineano aspetti differenti, che tuttavia non sono in alcun modo reciprocamente esclusivi. Tuttavia si può assumere la presente distinzione provvisoria: la fantasia ( Phantasie ) si riferisce prevalentemente al suo lato non coltivato; l’immaginazione ( Imagination ) al mondo delle immagini, mentre la facoltà immaginativa ( Einbildungskraft ) denota il potere dell’immaginazione di creare qualcosa di nuovo. […]

A mio giudizio l’immaginazione rende possibili i processi mimetici che a loro volta formano la base dell’apprendimento culturale. L’ipotesi principale della mia argomentazione è che la cultura venga acquisita in larga misura mediante processi mimetici, per essere quindi modificata e trasmessa alle generazioni future. Nei processi mimetici, vale a dire con l’aiuto dell’immaginazione, trasformiamo in immagini il modo esterno degli oggetti, i nostri simili, l’arte e la letteratura, facendone dunque una parte del nostro mondo mentale. Prendiamo immagini del mondo esterno e le trasferiamo nelle nostre sfere di immaginazione e memoria. I processi mimetici, pertanto, hanno una funzione di ponte tra il mondo esterno e quello interno. Cercando di imitare il mondo esterno ci facciamo parte di esso, mentre contemporaneamente rendiamo il mondo che ci circonda parte di noi sotto forma di immagini. I processi mimetici ci consentono di espanderci nel mondo che ci circonda, di esprimerci e di manifestarci. Nel corso di questo doppio processo le impressioni che abbiamo ricavato dal mondo esterno vengono rielaborate secondo procedure che differiscono grandemente da individuo a individuo.

Le immagini mentali così acquisite sono radicate in esperienze sinestetiche, vale a dire che sono connesse agli altri sensi – udito, olfatto, gusto e tatto. Poiché nella nostra cultura la vista è il senso più importante, molte delle esperienze che facciamo con gli altri sensi sono connesse alle immagini create dalla vista. Perciò, molto più di quanto siamo generalmente consapevoli, le immagini create nei processi mimetici sono medium di percezioni ed esperienze sinestetiche: ciò inizia nella primissima infanzia e forse in parte include anche la fase prenatale.

Si deve considerare anche un ulteriore aspetto. Molti processi mimetici sono connessi ai movimenti del corpo. Essi inizialmente producono le percezioni da cui risultano le immagini sinestetiche. Tali immagini mentali sono conseguenza della straordinaria plasticità del corpo umano e della sua fantasia motoria: quest’ultima è strettamente connessa alla prima e a sua volta è radicata nell’energia vegetativa della vita. Così, quando parliamo di creazione di immagini mentali del mondo esterno mediante un processo mimetico, dobbiamo pensare a delle immagini sinestetiche prodotte dai movimenti del corpo. […]

Tuttavia quest’idea, che si fonda sul carattere universale delle capacità mimetiche, non è sufficiente per comprenderne il significato rispetto allo sviluppo dell’uomo. Essa deve venire integrata da una prospettiva che porti in luce il carattere specificamente storico e culturale, quindi sociale, di questi processi. Le immagini acquisite nei processi mimetici non sono universali; esse sono specifiche, storiche e culturali. È unicamente per questo che, all’interno di tali processi, la trasmissione di cultura assimilata dagli adulti e il comportamento sociale possono venire trasferiti alle generazioni successive. La cultura è incorporata nelle pratiche sociali degli uomini e può pertanto venire acquisita da bambini e giovani mediante processi mimetici fondati sull’immaginazione. I processi mimetici sono parte integrante del corpo e dei sensi. Essi hanno frequentemente luogo a livello inconscio, ed è questo l’aspetto particolare che gli conferisce un tale potere sociale. […]

Diversamente dalla psicologia cognitiva e dalle ricerche sul comportamento, che si occupano dell’importanza centrale dei processi mimetici per lo sviluppo dell’uomo durante l’infanzia, a me interessa il carattere storico e culturale di tali processi, con la dimensione performativa delle immagini che essi creano, la loro relazione all’immaginazione e il loro radicamento nell’immaginario culturale. Benché non si possano pronunciare affermazioni su immagini di pensiero risalenti a un lontano passato, nei racconti autobiografici si possono trovare resoconti di processi mimetici in cui vengono fatti riferimenti non solo ad altri uomini e alle loro azioni, ma anche al mondo degli oggetti, come per esempio nell’ Infanzia berlinese intorno al millenovecento di Walter Benjamin. Nel suo mondo di immagini di pensiero, le impressioni divenivano ricordi che lo aiutavano, bambino, a entrare in altre sfere culturali. Tali processi, che sono sospinti dal desiderio di acquisire una comprensione individuale del mondo, consentono di utilizzare e manipolare in modo attivo gli oggetti e le opportunità del nostro ambiente culturale.

Cristoph Wulf, La via antropologica all’immagine e all’immaginazioneultima modifica: 2008-09-17T19:03:00+02:00da mangano1
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