F.D’Attanasio,Sulla crisi e dintorni

Sulla crisi e dintorni
di F. D’Attanasio – 01/10/2008
Fonte: ripensaremarx

1821620303.jpgE’ indubbio che la crisi internazionale inizi seriamente a preoccupare un po’ tutti, anche i più alti addetti ai lavori. Prova ne è il maxi piano di salvataggio che le autorità americane stanno cercando di mettere in piedi, una cifra astronomica, 700 miliardi di dollari, che il tesoro Usa dovrebbe utilizzare per comprare tutti quei titoli detti “tossici”, nella speranza di dare una ripulita al mondo della finanza. L’obiettivo principale sarebbe quello di non far precipitare letteralmente la fiducia, sia nei risparmiatori privati che nelle istituzioni di tutto il mondo, si vorrebbe cioè dare un segnaleforte, ma questa volta non di natura qualsiasi, ma proveniente direttamente dal governo del paese più potente ed avanzato del mondo. Di questi giorni ne leggiamo di tutti i colori, i meglio, o peggio scatenati sono gli economisti, fortuna loro che di carne al fuoco ne hanno tanta, cosicché potranno esternare in tutta libertà, come e molto più di quanto fanno in genere. Peccato che non possiamo fare assolutamente nulla per zittirli, per metterli finalmente nella condizione di non poter più nuocere alle coscienze ed ai cervelli delle persone. Brutta razza gli economisti, ne abbiamo dato prova spesso su questo blog, ma purtroppo di più, attualmente, non possiamo fare. Ma non è poi tanto difficile rendersi conto della loro inconsistenza, basta seguire per qualche settimana con una certa costanza, i lori alti ragionamenti, in realtà trattasi solo di arzigogoli, fatti di alcune grandezze, di cui mai nessuno ha dato prova di poter né quantificare, né calcolarne l’evoluzione futura, con un dato grado di precisione. Pensiamo a quel che dicevano ad esempio, qualche settimana fa, a proposito del prezzo del petrolio; tutti a sproloquiare sul fatto che avrebbe toccato, in tempi nemmeno troppo lunghi, i 250 dollari; invece a cosa abbiamo assistito? Ad un sali scendi, nel giro di pochi giorni, vertiginoso, con variazioni giornaliere anche del 20-30%; cosa hanno da dire i nostri “scienziati” dell’economia e della finanza a1607833890.jpg proposito? Assolutamente niente, sull’argomento è sceso un silenzio tombale.

Di fronte ad un rinnovato ruolo dello stato in economia ed in particolar modo in campo finanziario si fronteggiano i due soliti tronconi dell’economia politica, l’uno che possiamo dire comprenda le correnti in qualche modo maggiormente vicine al keynesismo, l’altro che abbraccia quelli maggiormente in assonanza con il liberismo. I primi sicuramente nella fase attuale risultano vincenti, tanto che gli stessi liberisti sono costretti a rivedere ed in qualche modo trovare argomentazioni tali da poter ancora sostenere fondamentalmente le loro tesi. Questi ultimi, anch’essi schierati apertamente in favore del piano di salvataggio, si giustificano sostenendo che in realtà le posizioni liberiste non escludono affatto l’intervento della mano pubblica, specie in periodi critici come l’attuale, l’importante sarebbe sforzarsi di tendere costantemente in quella direzione; in definitiva le loro convinzioni costituirebbero più un’ideale da comunque cercare di sempre perseguire con il massimo sforzo, che obiettivi concretamente realizzabili. Bella trovata questa, che comunque dimostra, a mio avviso, di quanto siano ridicole le teorie della mano invisibile del mercato, che di mani ne ha parecchie ma sicuramente non invisibili. Ma per questi personaggi, se il mercato lasciato a se stesso ha deluso le aspettative di tutti, producendo sconquassi in tutte le parti del mondo, è perché i dovuti controlli, da parte delle varie autorità all’uopo preposte, non sono stati posti in essere in maniera adeguata allo stato attuale del livello di sviluppo e complessità dei mercati finanziari. D’altro canto, i keynesiani e simili, fanno presto a scandalizzarsi rispetto al fatto che questo piano di salvataggio andrebbe ad esclusivo vantaggio dei soliti banchieri e della casta della finanza tutta; questa, dopo aver guadagnato cifre mostruose con la speculazione, ora può addirittura contare sull’aiuto dello stato; allora per loro sarebbe assolutamente indispensabile utilizzare quei fondi pubblici per aiutare i meno abbienti, ed in particolare quelli che ora si trovano strozzati dai debiti contratti con tanta facilità non molto tempo fa. Certo, simili posizioni fanno sorridere, non ci si rende conto che l’obiettivo di queste misure è cercare di tenere in piedi la “baracca”, evitare che l’impatto della crisi sia troppo traumatico e squassante, a tal punto da mettere seriamente in pericolo la ancor forte preminenza degli stessi ceti dominanti americani a livello mondiale. Non ci si rende conto che tale ultima eventualità, per le classi subalterne di quel paese, potrebbe essere ancor più dannosa e gravida di pericoli per le sue proprie condizioni generali di vita, a meno che, qualche scellerato pensi siano ormai maturi i tempi a che tali classi possano oramai prendere il potere, con il fine di avviare un nuovo modello di sviluppo, nonché una trasformazione sociale verso nuove e non più capitalistiche forme degli stessi rapporti sociali. D’altro canto fa altrettanto sorridere di come –ma questo fa parte di entrambi i filoni di cui sopra – si propali la favola dei banchieri in rocinto di diventare i nuovi padroni del mondo, la nuova elite, la quale starebbe oramai coscientemente perseguendo un disegno a livello planetario, atto ad imporre il proprio dominio in maniera stabile e duratura. Non si capisce bene come ciò sia potuto avvenire; in realtà ci si dimentica, o si fa finta di dimenticare, che gli apparati finanziari americani non hanno, per così dire, agito da soli, hanno avuto la compiacenza e l’appoggio di gran parte delle classi dirigenti politiche che hanno loro letteralmente spianato la strada, affinché potessero dotarsi di nuovi e meglio sofisticati mezzi per “succhiare” ricchezza su tutti i mercati finanziari del mondo. Dopo la grande crisi del ’29, difatti, fu varata tutta una serie di provvedimenti legislativi atti a contrastare le forme allora ritenute più deleterie per l’equilibrio dei mercati finanziari; di questi oramai è rimasto ben poco, dato che ad un certo punto, con il deciso avanzare dei paesi in via di sviluppo, e di fronte ad un sistema industriale trovatosi in forte affanno specialmente nei settori più maturi (ed in un paese, gli USA, dove esiste una certa capacità di fare sistema), si è ritenuto necessario usare in maniera più efficace l’arma della finanza.

Sarebbe dunque veramente auspicabile, che una volta per tutte, si lasciassero da parte gli indici economici, questi ci dicono veramente ben poco, sarebbe altresì opportuno scavare un po’ più in profondità, e precisamente a quel livello delle strategie che le elite, che siano economico-finanziarie oppure politico-militari, tentano costantemente di elaborare e mettere in pratica nella lotta incessante per la supremazia; tale discorso vale ovviamente sia all’interno delle singole formazioni sociali che a livello più generale dello scontro fra le diverse potenze mondiali.

F.D’Attanasio,Sulla crisi e dintorniultima modifica: 2008-10-01T20:13:00+02:00da mangano1
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