dal CORRIERE DELLA SERA 18 OTTOBRE 2008
PAOLO DI STEFANO i CORSI DI ” SCRITTURA CREATIVA”
NEL 1983 IL PRIMO, OGGI SONO 120
Come diventare scrittori
Il boom dei corsi in Italia
Le scuole di scrittura creativa hanno coinvolto 50 mila persone: la maggioranza non addetti ai lavori
Il primo fu Raffaele Crovi, nell’83. Poi venne la stagione di Giuseppe Pontiggia, dall’85 al ’95. Si deve a questi due guru dell’editoria il merito o la colpa di avere avviato in Italia i corsi di scrittura creativa. Che ormai hanno invaso la Repubblica, o meglio il Centro e il Nord d’Italia, perché al Sud faticano ancora a insediarsi. Se ne contano circa 120, tra corsi più o meno sporadici e vere scuole. Nel ’95 Pontiggia lasciò il suo corso, che si teneva al Teatro Verdi di Milano, passandone il testimone a Laura Lepri, editor in proprio già allora. Alla quale un paio d’anni dopo Elisabetta Sgarbi, direttore della Bompiani, avrebbe affidato la cura di un numero della rivista «Panta» dedicato proprio alla scrittura creativa. Ora che quel volume viene riproposto nei Tascabili Bompiani, sembra arrivato il tempo dei bilanci, per quanto provvisori. «I corsi di scrittura—dice Laura Lepri — sono, come i festival, un luogo nuovo dopo lo
Si calcola che in questi anni il totale degli iscritti ai programmi di creative writing (secondo la formula coniata in America nel 1915, quando sono nati) sia tra le 30 e le 50 mila unità. Un numero che fa sobbalzare, tenendo conto del fatto che non si tratta di adesioni gratuite e che anzi le quote si aggirano dal migliaio di euro per un corso di venti lezioni ai 7.700
La replica di Laura Lepri: «Sento puzza di moralismo… Sono tutti falsi problemi. Qui si tratta di acquisire un buon
Approccio laico anche per Giampaolo Spinato, autore di numerosi romanzi, l’ultimo dei quali è La vita nuova (Baldini Castoldi Dalai). Spinato è stato tra i primi a sperimentare in varie forme l’insegnamento della scrittura creativa, e ora la sua Associazione Bartleby Factory di Milano collabora con enti pubblici e privati come scuole, università e teatri. «Qualche volta—dice—i corsi possono scoraggiare un certo velleitarismo, l’ansia del riconoscimento, l’idea della letteratura come porta d’accesso alla gloria eterna. Per questo è bene insistere sulle dinamiche della macchina e del lavoro». Ma non dimentica il binomio caro a Pontiggia, «progetto e sorpresa»: dove si rivendica, come sottolinea Spinato, anche «la capacità di stupefarsi e di dar vita a ciò che emerge scrivendo al di là delle regole o della competenza nello strutturare una trama o una visione del mondo».
Insomma, ci sono i corsi «professionalizzanti », come la Scuola Holden, che punta a formare storyteller, fumettisti, drammaturghi, sceneggiatori di teatro e di cinema, giornalisti, webwriter, editor, pubblicitari, traduttori; e ci sono i corsi, come quelli di Spinato, che lavorando con tutte le fasce d’età guardano alla scrittura e all’espressività come a un «percorso identitario, psichico-emotivo», per usare le sue parole: «Perché—dice —la scrittura ha la capacità di far comprendere la propria voce, di mettere in moto verità recondite, sentimentali, umorali: perciò io mi pongo, rispetto ai miei allievi, in una dimensione maieutica, di ascolto. E in questo senso anche chi non ha talento o vocazione può lavorare con la scrittura per riacquisire fiducia in se stesso. Tenendo presente che il racconto è all’origine del mondo e all’origine di tutti i linguaggi, compreso quello scientifico o quello del marketing». Ecco spiegato, forse, il motivo per cui la gente accorre con grandi speranze ai corsi di scrittura: non solo spinta dal desiderio di confezionare romanzi, di entrare nel mercato delle lettere e di fare carriera nei mestieri della scrittura, ma soprattutto per ragioni più profonde, che vanno al di là di una produttività tangibile: «È un sintomo del disadattamento psichico e la scrittura rappresenta semplicemente uno strumento per stare meglio, per ritrovare e reinvestire le proprie energie».