Bruno Ventavoli, La Spoon River svizzera

da LA STAMPA, 12.2.2009
Bruno Ventavoli La Spoon River che divide gli svizzeri: anche le femministe contro il cimitero di Ginevra

LA STORIA
No alla prostituta tra Calvino e Borges
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Grisélidis Réal, la letterata che si vendeva
+ Diari segreti della regina del sesso

L’ultimo cliente lo ebbe a 66 anni. Era un operaio immigrato, lo deliziò per cinquanta franchi svizzeri, perché per lei tutti gli uomini erano uguali nel sesso, senza distinzione di razza né di perversioni. Grisélidis Réal visse altri dieci anni scrivendo poesie, memorie scandalose, articoli in apologia di prostituzione, mestiere non solo più antico del mondo, ma anche piacevole se esercitato con intelligenza, consapevolezza, amore (ipsa dixit). E divenne famosa in Europa, lottando con i primi collettivi di lucciole, creando fondazioni per aiutare le colleghe in difficoltà. Oggi, grazie alla fama eterodossa e alle guerre per una prostituzione libera e consapevole, il Comune di Ginevra ha deciso di traslare i suoi resti mortali nel Cimitière des Rois, che accoglie il severo Calvino, il pedagogo Jean Piaget, Jorge Luis Borges (lo scrittore, lì sepolto per volontà della vedova, potrebbe presto migrare in Argentina perché il Parlamento sta discutendo una legge per riaverlo in patria).

L’eccentrico omaggio a madame Réal non è però accolto con unanime entusiasmo. Persino le femministe, che negli Anni 70 la citavano orgogliose, sono indignate. L’avvocatessa Odile Roulet ha dichiarato al «Times»: «E’ un insulto a tutte le donne, il massimo del cattivo gusto seppellire una che ha glorificato la prostituzione accanto a Calvino». Il riformatore si sta rivoltando nella tomba? Secondo il pastore della Chiesa ginevrina non è così: «Gesù ha lasciato che una prostituta gli lavasse i piedi, e dovremmo ricordarci meglio le sue parole: scagli la prima pietra chi è senza peccato». E tra gli gnomi di Ginevra, un tempo famosa per la solidità delle banche, oggi di economisti e funzionari senza peccato ce ne sono pochi. Anzi, sono migliaia i risparmiatori che gradirebbero prenderli a pietrate. Grisélidis è stata comunque, polemiche post mortem a parte, un gran personaggio, una donna che ha fatto del suo corpo e della sua sessualità un’opera d’arte permanente e scandalosa come un futurista mai pago.

Morta di cancro a 75 anni, era nata a Losanna nel ’29 da una famiglia di insegnanti rigidi nell’educazione e nella morale. Aveva fatto buoni studi, s’era diplomata in Arte, sapeva suonare il pianoforte, s’era sposata a vent’anni e aveva sfornato due figli. Insomma tutto lasciava pensare che fosse pronta per una vita normale. Invece in quella Confederazione che ha regalato all’umanità orologi a cucù e cioccolata, come ci hanno raccontato Dürrenmatt e Frisch, ogni tanto scattano scintille di anarchia che scardinano l’ordine e spaventano le mucche al pascolo. Divorziò, andò in Germania per cercare fortuna e trovò un automobilista che le propose sesso in cambio di denaro. Accettò. Fu la folgorazione sulla via del meretricio. S’arruolò in un bordello clandestino in Germania, dedicandosi ai soldati alleati, con un debole per gli inglesi, «veri gentiluomini». In trent’anni di carriera ha soddisfatto migliaia di uomini. Anche nelle perversioni più strane, perché sapeva suonare i loro desideri come se fossero un pianoforte. Gli studi musicali, sosteneva, le tornavano utili nel sadomaso. Nel ‘79 pubblicò un «Carnet» (in Italia tradotto da Castelvecchi) con dettagliato elenco di clienti, capricci, tariffe, sulla rivista satirica «Le Fou parle», perché esercitava il mestiere con ironia. Molti maschi della lista, beccati dalle consorti, la presero meno sul ridere. Lei intanto continuò a fare sesso e pubblicare pamphlet sul ruolo sociale della prostituzione, titolando, fra gli altri, «La prostituzione è un atto rivoluzionario».

Il suo nome sembrava uno pseudonimo. Era vero. E richiamava la «paziente Griselda» del Boccaccio, simbolo di abnegazione coniugale perché sopportava con il brutale marito. Ma anche lei, con quattro figli, undici aborti, è stata fedele all’amore con la stessa devozione. Quando occupò una chiesa di Parigi nel ‘75 insieme a cinquecento colleghe per ottenere diritti e dignità, raccontò che la prostituzione esercitata in libertà è «Arte, Umanesimo, Scienza». Bisognava invece combattere il mercato del sesso basato su violenza e coercizione. Negli Anni 90 la Svizzera legalizzò le case chiuse. È un gran giorno – disse lei -, finalmente le mogli sono sollevate «dal dovere coniugale e bestiale troppo spesso ripetuto e subìto controvoglia dai loro corpi» e i mariti «possono tornare alle loro case liberi e gioiosi. È così che Ginevra da sempre umanista, memore della sua gloriosa epoca di purezza calvinista, ha saputo rendere pieno lustro ai diritti dell’uomo riconciliati infine con quelli della donna».

Forse un po’ esagerava. Con le sue arringhe si stava comunque prenotando un posticino per l’aldilà nel minipantheon dei grandi ginevrini. Nell’aldiqua, invece, i problemi della prostituzione restano. Sono passati anni da quando si batteva contro lo sfruttamento delle donne. Molti professionisti della morale e della politica hanno schiamazzato leggi ed escogitato multe, ma le schiave pestate a sangue per battere sono ancora sulle strade, comprate per pochi euro.

Bruno Ventavoli, La Spoon River svizzeraultima modifica: 2009-02-12T20:25:00+01:00da mangano1
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