di Renzo Giorgetti – 12/02/2009
Fonte: Arianna Editrice
Nell’ambito del calendario liturgico una particolare ricorrenza, il Carnevale, occupa un posto del tutto particolare: escluso dal novero delle festività sacre, eppure ben presente, non caratterizzato da alcun rito ma comunque
, non sarà necessario insistere ulteriormente con dimostrazioni.Fino a questo punto ci può portare infatti l’osservazione di ciò che ci circonda; ma se volessimo continuare il nostro discorso e la nostra analogia oltre il senso comune potremmo fare altre considerazioni utili per una migliore comprensione della realtà.I dati più importanti ci vengono forniti dalle usanze delle varie comunità che, conservatisi tramite il folklore, recano celati elementi di particolare valore simbolico.Nel mondo carnevalesco dominano le maschere che per tutta la durata della festa sono le vere protagoniste: con le loro azioni, il correre, il saltare, l’aggredire, il prendere al laccio, il comportarsi in maniera buffonesca, la fanno letteralmente da padrone e non solo rallegrano, ma letteralmente animano il particolare tempo a loro affidato.E’ già stato ampiamente dimostrato[3] che le maschere rappresentano in maniera emblematica delle figure appartenenti al mondo degli inferi, demoni o spettri, che approfittando del periodo di sospensione temporale dovuto alla fine di un periodo e all’inizio del successivo, possono avere libero accesso al mondo degli umani. Nello speciale periodo carnevalesco molte cose altrimenti non possibili possono avere libero corso. In una realtà ordinaria divenuta sempre più caotica, non si ritrovano forse accenti carnevaleschi? Molti aspetti del nostro mondo osservati in maniera obiettiva e soprattutto distaccata, al di là della loro serietà e drammaticità, non sono forse ridicoli? Certamente in maniera sinistra ed anche pericolosa, ma indubbiamente lo sono.Ognuno potrà applicare queste considerazioni al campo che ritiene più opportuno, e potrà constatare come e quanto possano essere veritiere.Considerando il nostro folklore ci si potrebbe spingere oltre: è noto infatti che ogni festa carnevalesca non sia completa senza il suo re, monarca illusorio di un interregno caotico, “re dei folli” che si sostituisce ai poteri regolari e comanda, con le sue insegne, impartendo ordini burleschi a tutto il popolo festivaliero. Costui che “nella sua figura presenta tutto il vecchio e tutto il male da eliminare[4]” governa incontrastato per l’intero periodo carnevalesco e viene poi eliminato nel momento in cui la festa incontra la fine[5]. In epoca pre-cristiana, durante i Saturnali, feste popolari caratterizzate da un’inversione di stampo carnevalesco, si sceglieva un analogo monarca che, dopo avere regnato per il periodo destinatogli veniva simbolicamente o materialmente messo a morte; tendenzialmente veniva designato uno schiavo o un criminale, ovvero una persona piuttosto lontana dalla regalità del ruolo e comunque decisamente inadatta al comando, scelta perfettamente coerente visto che in un mondo alla rovescia è giusto che sia la persona con meno qualificazione in assoluto la prescelta a svolgere questa parte[6].Nei momenti che contraddistinguono l’ora presente, si può constatare come tutte le caratteristiche del tempo speciale carnevalesco siano, in grado più o meno diverso, filtrate nel tempo comune della vita ordinaria. Considerando le cose in questa ottica, si potrebbe forse affermare che il mondo stia aspettando il suo “re del Carnevale”? Se è vero che ogni festa carnevalesca per raggiungere il suo culmine ha bisogno di un supremo direttore che governi su tutti i sudditi è altresì vero che allo stato attuale dell’arte questa figura deve ancora fare la sua comparsa. Costui deve non solo essere il più adatto ad occupare il ruolo assegnatogli, ma anche rappresentare al meglio la sua epoca ed in qualche misura incarnare lo spirito stesso del “secolo”. Per quanto riguarda le sue caratteristiche peculiari possiamo affermare soltanto che a tutti gli effetti dovrà essere il re di un mondo rovesciato, ovvero essere il rappresentante stesso della sovversione portata al massimo grado.Per terminare la nostra analogia non possiamo non accennare alle Sacre Scritture che, non solo portano avanti questo tipo di discorso, ma sembrano anche confermarlo pienamente.Sappiamo, che la persona più indegna, con la complicità del falso profeta assurgerà al dominio di tutti i popoli della Terra ed imporrà loro il suo comando e le sue volontà. Questi ultimi, sedotti ed inebriati dai suoi artifizi diverranno i sudditi di un caotico regno basato sull’inganno e sulla menzogna totale. In questo regno la contraffazione sarà così totale da interessare non solo i volghi, ma anche e soprattutto le persone di maggiore potere e responsabilità; ai posti più alti delle gerarchie siederanno infatti gli individui più corrotti, mentre i giusti, ridotti a minoranza esigua ed impotente, dovranno subire varie persecuzioni. Nel tripudio carnevalesco, dopo che i due testimoni-martiri, vengono uccisi dalla Bestia, tutti gli abitanti della Terra gioiscono, festeggiano e si scambiano doni (Ap., 11,10). Similmente nella prophetia Danielis il quarto impero (il quarto mostro della visione) sarà diverso da tutti gli altri perché riguarderà i destini dell’umanità intera, coinvolta dal suo potere e sottomessa al suo dominio, mentre l’ultimo monarca di questo periodo avrà nel suo regno blasfemo l’ambizione di cambiare i tempi, i costumi e l’ordine -“putabit quod possit mutare tempora et legem”[7]- ovvero governerà imponendo un mondo completamente invertito rispetto al suo normale corso; ed il primo passo della sovversione è sempre nell’attacco a tutto ciò che è sacro.In un mondo alla rovescia la decadenza viene spacciata per progresso, la forza come giustizia, la corruzione come libertà, mentre il sacro, se non completamente eliminato, viene irrimediabilmente oscurato. In un tale mondo l’inganno portato alle estreme conseguenze riguarda anche e soprattutto i valori morali e spirituali che, essendo completamente falsificati, rischiano di portare la realtà ai limiti stessi del disfacimento.Ma ogni carnevale prima o poi ha la sua fine, ed il medesimo inganno può riguardare anche il suo stesso artefice, il quale, ignorando la sua funzione “carnevalesca” sarà convinto di portare in maniera reale sulla Terra, non una sua contraffazione, ma una nuova ed autentica età dell’oro. Per chi basa la propria esistenza sull’inganno è inevitabile scontrarsi con la Verità e questa, per sua stessa essenza è eterna ed invincibile. E’ impossibile quindi sfuggire alla propria ineluttabile sorte e chi ha regnato nel falso, proprio come il “re dei folli” del Carnevale, dopo essere stato giudicato e condannato, finirà la sua esistenza, insieme al suo effimero regno, tra le fiamme di un fuoco purificatore. Dies irae dies illa, solvet saeclum in favilla.
[1] Tali feste a cui il clero si prestava riguardavano atti burleschi e parodistici da svolgersi all’interno stesso della Chiesa, come ad esempio la festa dell’episcopello, nella quale un fanciullo con paramenti vescovili cantava l’ite missa est oppure le varie “feste asinarie”, nelle quali un asino faceva il suo ingresso in Chiesa ed era oggetto di una specie di culto. A questo riguardo cfr. M.Bachtin , L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Einaudi, Torino, 1979, Paolo Toschi, Le origini del teatro italiano, Boringhieri, Torino, 1979, pp.85-87 e William Robertson, I progressi della società europea dalla caduta dell’impero romano agli inizi del secolo sedicesimo, Torino, Einaudi, 1951, p.171 e passim.
[2] La cosiddetta immagine del mondo alla rovescia ha dato origine a partire dal XVI sec. ad una ricca produzione iconografica, produzione andata via via affievolendosi con la fine dell’Ancien Régime e l’affermarsi della modernità, cfr. il saggio di G.Cocchiara, Il mondo alla rovescia, Torino, Boringhieri, 1981.
Sull’epoca presente come “sinistro carnevale perpetuo” vedasi R.Guénon, Sul significato delle feste “carnevalesche”, in Simboli della scienza sacra, Adelphi, Milano, 2003, pp.132-135.
[3] P.Toschi, Le origini del teatro italiano, Boringhieri, Torino, 1979, cap. VI.
[4] Toschi, ibid., p.229.
[5] L’uccisione simbolica del Carnevale, preceduta da un processo e dalla lettura del testamento, avviene di solito tramite un rogo, ma può avvenire anche tramite impiccagione o interramento, oppure con la sua cacciata simbolica dal paese. Talvolta il re del Carnevale è sostituito da Arlecchino, suo alter ego. Sull’origine infernale di Arlecchino cfr. tra gli altri J.C. Schmitt., “La mesnie Hellequin”, in Les revenants, Paris, Gallimard, 1994, pp.115-145 e P.Toschi, ibid., pp.196-208.
[6] Se la scelta del re della festa un tempo era realmente oculata, rispettando il valore simbolico della ricorrenza, in seguito questa caratteristica si perse e spesso anzi, la carica venne affidata a livello onorifico al presidente dell’associazione o della confraternita che si assumeva gli oneri dell’organizzazione.
[7] Dn., 7, 25. “et sermones contra Excelsum loquetur et sanctos Altissimi conteret et putabit quod possit mutare tempora et legem, et tradentur in manu eius usque ad tempus et tempora et dimidium temporis”