Fabrizio de andré
Le passanti
(In “Canzoni”, Produttori Associati, 1974)
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Le passanti è stata tradotta da un brano di Georges Brassens su testo di Antoine Paul. Nella rapidità di un incontro, di un’immagine fugace, si riconosce una funzione consolatori per i momenti di sconforto e di solitudine. La vista di una donna (che neanche si è riusciti a sfiorare) è un’occasione per la piccola illusione di essere un perfetto amante, mancato.
[Matteo Borsani – Luca Maciacchini, Anima salva, p. 96]
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Sempre dal repertorio di Brassens proviene Le passanti, a sua volta tratta da una poesia di Antoine Paul, che è nostalgia degli amori impossibili, irrealizzati per forza d’inerzia, per non aver saputo abbandonare il principio di realtà, la propria stanza, il treno, la strada maestra dalla vita.
[Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, Edizioni Associate, Roma 1999, p. 191]
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Un altro grande poeta francese (cfr. Valzer per un amore) ha ispirato De André, tramite Georges Brassens; e si tratta questa volta di un clco meno evidente, piuttosto di una consonanza di intenzioni e di sentimenti. Ha incluso Charles Baudelaire nella sua raccolta Les fleurs du mal una poesia dedicata À une passante. Nell’assordante caos urbano, il poeta è affascinato da una donna stupenda, vestita a lutto, nobile nel portamento, elegantissima. Di lei nota la mano, gli occhi, lo sguardo dolcissimo e tempestoso, carico di sofferenza. Non la ferma, e sempre rimpiangerà un amore consapevole, corrisposto e mai colto:
Car j’ignore où tu fuis, tu ne sais où je vais,
O toi que j’eusse aimée, ò toi qui le savais!* f
Brassens e De André moltiplicano la passante di Baudelaire in tutte le possibili passanti, in tutte le donne scorte un istante e perdute per sempre. Anche loro ne ricordano le mani, gli occhi che lasciano “vedere il fondo della malinconia / di un avvenire disperato”. Poi, però, le passanti di Brassens-De André sono ricondotte a una dimensione più umana di quella di Baudelaire. Mentre per il poeta l’attimo fuggente è cancellato e la perdita è inesorabile, per i due cantori le passanti possono tornare ed essere consolazione nella solitudine:
Allora nei momenti di solitudine
quando il rimpianto diventa abitudine,
una maniera di viversi insieme,
si piangono le labbra assenti
di tutte le belle passanti
che non siamo riusciti a trattenere.
* Traduzione letterale: “Poiché io ignoro dove tu fuggi, tu non sai dove io vado, / o tu che avrei amato, o tu che lo sapevi”.
[Liana Nissim, in Fabrizio De André. Accordi eretici, pp. 132-133]
Questa canzone di Fabrizio De Andrè nasce dalla traduzione del testo de Les passantes (1972) di Georges Brassens mutuato dalla poesia omonima di Antoine Pol del 1911. Ne ripropongo il testo adattato da Faber e la poesia in originale di Antoine Pol.
Le Passanti di Fabrizio De Andrè da Canzoni (1974)
Io dedico questa canzone
ad ogni donna pensata come amore
in un attimo di libertà
a quella conosciuta appena
non c’era tempo e valeva la pena
di perderci un secolo in più.
A quella quasi da immaginare
tanto di fretta l’hai vista passare
dal balcone a un segreto più in là
e ti piace ricordarne il sorriso
che non ti ha fatto e che tu le hai deciso
in un vuoto di felicità.
Alla compagna di viaggio
i suoi occhi il più bel paesaggio
fan sembrare più corto il cammino
e magari sei l’unico a capirla
e la fai scendere senza seguirla
senza averle sfiorato la mano.
A quelle che sono già prese
e che vivendo delle ore deluse
con un uomo ormai troppo cambiato
ti hanno lasciato, inutile pazzia,
vedere il fondo della malinconia
di un avvenire disperato.
Immagini care per qualche istante
sarete presto una folla distante
scavalcate da un ricordo più vicino
per poco che la felicità ritorni
è molto raro che ci si ricordi
degli episodi del cammino.
Ma se la vita smette di aiutarti
è più difficile dimenticarti
di quelle felicità intraviste
dei baci che non si è osato dare
delle occasioni lasciate ad aspettare
degli occhi mai più rivisti.
Allora nei momenti di solitudine
quando il rimpianto diventa abitudine,
una maniera di viversi insieme,
si piangono le labbra assenti
di tutte le belle passanti
che non siamo riusciti a trattenere.
Les passantes (1911) di Antoine Pol
Je veux dédier ce poème
A toutes les femmes qu’on aime
Pendant quelques instants secrets
A celles qu’on connaît à peine
Qu’un destin différent entraîne
Et qu’on ne retrouve jamais
A celle qu’on voit apparaître
Une seconde à sa fenêtre
Et qui, preste, s’évanouit
Mais dont la svelte silhouette
Est si gracieuse et fluette
Qu’on en demeure épanoui
A la compagne de voyage
Dont les yeux, charmant paysage
Font paraître court le chemin
Qu’on est seul, peut-être, à comprendre
Et qu’on laisse pourtant descendre
Sans avoir effleuré sa main
A la fine et souple valseuse
Qui vous sembla triste et nerveuse
Par une nuit de carnaval
Qui voulut rester inconnue
Et qui n’est jamais revenue
Tournoyer dans un autre bal
A celles qui sont déjà prises
Et qui, vivant des heures grises
Près d’un être trop différent
Vous ont, inutile folie,
Laissé voir la mélancolie
D’un avenir désespérant
A ces timides amoureuses
Qui restèrent silencieuses
Et portent encor votre deuil
A celles qui s’en sont allées
Loin de vous, tristes esseulées
Victimes d’un stupide orgueil.
Chères images aperçues
Espérances d’un jour déçues
Vous serez dans l’oubli demain
Pour peu que le bonheur survienne
Il est rare qu’on se souvienne
Des épisodes du chemin
Mais si l’on a manqué sa vie
On songe avec un peu d’envie
A tous ces bonheurs entrevus
Aux baisers qu’on n’osa pas prendre
Aux coeurs qui doivent vous attendre
Aux yeux qu’on n’a jamais revus
Alors, aux soirs de lassitude
Tout en peuplant sa solitude
Des fantômes du souvenir
On pleure les lèvres absentes
De toutes ces belles passantes
Que l’on n’a pas su retenir