Roberto Esposito, Il conflitto e la nuda vita

da la repubblica cultura, 20 febbraio 2009
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ROBERTO ESPOSITO, Il conflitto e la nuda vita

Che cos’è il corpo? Quel che ci dà madre natu-
ra o quel che ne fa madre cultura? Quello che
tutti gli uomini hanno quando vengono al
mondo è solo un minimo comune denomi-
natore biologico, una cera bianca sulla quale ogni cul-
tura disegna il suo modello ideale di corpo. Dando co-
sì il proprio imprinting a una sorta di semilavorato an-
cora da finire. E che ciascuna società rifinisce e defini-
sce a suo modo.
Non basta nascere, dunque, per avere un corpo. È neces- Roberto1.jpg
sario costruirlo, specializzarlo, conformandolo a quell’idea
di corpo che ogni collettività fabbrica e impone ai suoi
membri, cucendogliela letteralmente sulla pelle come un
abito, sin dai primi istanti di vita. I modi di muoversi, di
mangiare, di fare l’amore, perfino quelli di respirare, di cor-
rere, di dormire sono le parole di una lingua materna che o
si apprende dalla nascita o la si parlerà sempre con accento
straniero. Ne sanno qualcosa quelli che negli anni Settanta
roberto2.jpgandavano a Bali per strappare ai danzatori il segreto di quei
movimenti da marionette divine che mandarono in estasi
Antonin Artaud. Tutto vano. Il loro hardware somatico era
incompatibile con quello dei nativi. Moda, maquillage, diete, body building, piedi fasciati,
orecchi e nasi forati, colli allungati, decorazioni cutanee,
mortificazioni ascetiche e modificazioni estetiche. Sono al-
trettanti esempi di quella autentica body artsociale dalla
quale nasce quella sorta di scultura vivente che chiamiamo
persona. Un termine che non a caso in latino significa an-
che maschera. Il nostro sembiante – letteralmente quel che
vogliamo e dobbiamo sembrare – non è altro che la messa
in scena della cultura che si mostra in noi e attraverso di noi,
indossando i nostri corpi proprio come si indossa una ma-
schera. Nessuno, insomma, è solo nel proprio corpo. Il no-
stro essere somatico è sempre caratterizzato da una dop-
piezza che è soggettiva e oggettiva insieme. Il corpo è il nu-
cleo centrale del mio mondo, ma anche un oggetto nel mon-
do degli altri. In altri termini, noi siamo il nostro corpo e al
tempo stesso abbiamo il nostro corpo. Anche se ne avver-
tiamo la presenza soprattutto quando si trasforma, si alte-
ra, ci diventa estraneo e indecifrabile. Quando la malattia lo
riduce a un’officina surriscaldata che invia segnali d’allar-
me. Proprio quando siamo malati, ci rendiamo conto che
non viviamo soli, ma incatenati al nostro corpo: un essere di
un regno diverso, sconosciuto, abissalmente lontano e dal
quale è impossibile farsi comprendere.
Lo diceva Marcel Proust rivelando l’alterità costitutiva del
nostro corpo, la sua trasparente opacità nella quale si so-
vrappongono e si confondono i codici della natura e quelli
della cultura.
In realtà nella nostra come in altre civiltà il corpo non è
mai una sostanza oggettiva, non è mera fisiologia ma è, per
dirla con Michel Foucault, la posta di una battaglia biopoli-
tica, un campo di forze dove si incontrano e si scontrano in-
dividuo e società, materiale e spirituale, religione e deside-
rio, saperi e volontà, etiche e libertà. Nella foresta amazzo-
nica come nell’Occidente tecnologico l’idea sociale di cor-
po precede e plasma gli individui in carne ed ossa. E la per-
sona è in ogni caso il frutto di una normalizzazione che pas-
sa attraverso forme di controllo sui corpi. Dal diktat della
bellezza alla riproduzione, dal vigore al pudore, dalla salu-
te al look. Si tratta in ogni caso di modificazioni dell’essere,
di leggi sociali che hanno la loro superficie d’iscrizione nel
corpo.
E se in passato l’uomo, fatto di un corpo mortale e di un’a-
nima immortale, appariva lo specchio di un modello tra-
scendente, a immagine e somiglianza di Dio – in questo sen-
so il mistero dell’incarnazione di Cristo è la grande matrice
somatica dell’Occidente cristiano – la modernità ha segna-
to il trionfo dell’immanenza, la morte di dio e quella dell’a-
nima insieme. Il mistero del corpo contemporaneo è di-
ventato il codice genetico. Mentre medici e scienziati sono
diventati i nuovi sacerdoti che divinano la verità dell’esse-
re, ne interpretano gli arcani codificati nel Dna. La sacralità
normalizzatrice che fu dell’anima si secolarizza e tuttavia
non svanisce, semplicemente cambia luogo e si trasferisce
nella dietetica, nell’estetica, nella tecnologia. Continuiamo
in fondo a inseguire un modello di perfettibilità che in prin-
cipio fu divino e che ora è semplicemente biologico, una
volta sopra di noi adesso dentro di noi.

Roberto Esposito, Il conflitto e la nuda vitaultima modifica: 2009-02-21T22:03:00+01:00da mangano1
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