Maurilio Riva, Il pallino di Enea

 

Dall’epoca delle passioni tristi all’era del testimone

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Testimoni del fare, intellettuali nell’agire

Il pallino di Enea

Il trito modo di dire è topo di biblioteca. Ovvero, abituale frequentatore di collezioni librarie e grande divoratore di libri, secondo il dizionario. Potrebbe bastare a illustrare la sua confidenza con i testi wutenbergstampati e maicrosoftelettronificati.

Nel suo caso, c’è un di più. L’avere a che fare con la roba scritta è da intendersi in senso più ampio, totalizzante. Ha a che vedere con il fiuto con cui annusa una pista e la tallona con pervicacia fino al raggiungimento dell’obiettivo.

1bis.jpg Riguarda l’assiduità nell’investigazione e nella documentazione, tipica dello scienziato e del ricercatore. Attiene al setacciamento di casellari, schedari, classificatori, brogliacci e scartafacci, domini, siti, icone, directory, files. Allo scartabellio di fascicoli, ciclostilati, fotocopie. Alla disamina attenta di incunaboli, cinquecentine, tomi, volumi, manuali, opuscoli, pamphlet. Alla lettura minuziosa di libri cartacei. Allo scrollamento top÷bottom di fogli elettronici. Alla dimestichezza con cui mette in movimento i motori dell’indagine.

Un Topone d’archivio, quindi. Un grosso topo, non nella stazza fisica quanto nella fermezza morale e di carattere. Affabile personaggio di una pellicola disneyana, agisce per buoni fini: collocare in fuorigioco i cattivi, spedendoli in gattabuia.

Con i suoi denti robustissimi provoca danni a biblioteche, recita il dizionario. Nel suo caso, la voracità non è distruttiva, la sua fame è brama di giustizia. Niente a che vedere con le pantegane. I topi da fogna che vogliono restare tali, lui li considera nemici letali. In questo senso, è il derattizzatore.

Topone è un’immagine della mente, un’allegoria, non una descrizione fisica. Fra l’altro di peluria ne ha davvero pochina, soprattutto in2.jpg testa. Non è un handicap e, a conferma del fatto, Eduardo Galeano sostiene che “se i capelli fossero importanti non starebbero sopra la testa, ma dentro1.

L’handicap, semmai, è nei tempi in cui viviamo. Nei quali, purtroppo, i capelli non crescono né sopra né dentro. Come dimostrano le esorbitanti teste rasate impunemente in circolazione.

La sua storia è un lungo tirocinio, faticoso e appassionante.

Esordisce col frequentare una delle sale oscure e desolate dell’ex Hotel Commercio, in piazza Fontana. Un edificio fatiscente, dirimpetto all’Arcivescovado. Abbandonato e in disuso, restituito a nuova quanto precaria esistenza dalla militanza protestataria.

La sera ci si riunisce, in stanze illuminate a malapena da moccoli di candela, a discettare sul buco del culo dell’universo. Brancolando nel buio. Ognuno perso nella smania del fare, del cambiare e del rivoltare.

Bazzica con i lavoratori-studenti. I più sfigati. In aggiunta al lavoro, la scuola serale da frequentare, il tempo sui mezzi di trasporto, lo studio a casa o – nei ritagli consentiti – sui luoghi di fatica.

3.jpg Non che fossero ben visti gli operai che di sera tornavano scolari. Dalle aziende, dai colleghi. In molti di loro, la mira di una fuga dalla rispettiva condizione e il miraggio di una carriera. Per certuni, un’occasione per evadere dai turni più disagiati. Per altri, i meno, un’ansia di emanciparsi. Cercando nell’acculturazione e acquisendo nei saperi tecnici i mezzi e le competenze per concorrere alla liberazione personale e altrui. Sudando sodo.

Enea è un giovane ventenne, vestito a modo. Con cura. Fronte spaziosa, accentuata da un principio di incombente calvizie. Si aggira in quella stanza a pianterreno, alla ricerca di qualcosa. All’apparenza più interessato alla corposa presenza femminile che ai chilometrici blablà, fumosi come i locali in cui vengono pronunciati.

Lavora già alla Tielleemme. Iscritto al Cattaneo, istituto per Ragionieri e Geometri. Per questo è lì, invitato forse da qualche volantino di un chimerico Comitato di cordinamento.

La sua formazione è in corso d’opera. Si mantiene su posizioni fortemente critiche e polemiche. Non gli vanno a genio i parolai.

Come soverchie volte avviene, coloro che vorrebbero cambiare il mondo non trovano l’accordo su come farlo. Elucubrano che se

ognuno va per la sua strada il percorso sarà facilitato, il cambiamento a portata di mano. Non si attardano.

Del gruppo che caldeggia l’organizzazione degli studenti serali, una parte che si rivela minoritaria decide di fondarsi in Corrente proletaria dei lavoratori-studenti. La denominazione la dice lunga sui riferimenti ideologici dei suoi promotori. Il rimanente, cioè la maggioranza pragmatica e composita di cani sciolti e giovani militanti del Pci si costituisce in Comitato di Agitazione dei lavoratori-studenti. L’ibrida alleanza regge per un poco alla estrema polarizzazione dei tempi. Le strade fra i minoritari figiciotti e i cani, ora, meno sciolti – avendo nel frattempo aderito in massa alla costituenda cellula di Avanguardia Operaia – si separano all’incirca un anno dopo.

Il Comitato di Agitazione vede crescere la sua influenza e si radica in diverse scuole serali. Tramite la stampa di un foglio e di un certo numero di volantini; una rete di capillari contatti e di assemblee; la convocazione di una imponente manifestazione sui temi della peculiare condizione di doppio sfruttamento. Come non se ne vedevano da anni.

Le novità e un certo dinamismo del fare accendono l’interesse in Enea che si consolida prima in adesione, poi in consapevole partecipazione.

Convince i fratelli alla stessa passione politica e perfino i suoi genitori, affabili e cordialissimi. Coinvolti anch’essi come simpatizzanti nelle sue scelte di campo.

Come succede a chi è partecipe appieno della vita politica, entra in confidenza con una studentessa serale della medesima cerchia. Biondina e paffutella, con un vago strabismo fonico. Di minute dimensioni, Enea la accoglie sotto la sua ala protettiva. Con lei decide di condividere, affettivamente, destino privato e scelte pubbliche.

È un periodo esaltante e i lavoratori-studenti si conquistano una simpatia generale per l’attivismo dimostrato a sostegno di robuste ragioni e la capacità di essere accattivanti sulla scena sociale.

“ … era bello vivere insieme in piazza e all’osteria, avere un cuore solo, una sola allegria, un unico ideale piazzato lì davanti, giorno e notte convinti di far cose importanti, amici da star male l’un verso l’altro attenti. Forti, comprensivi, fiduciosi e contenti …” 2.

Alle riunioni, partecipa a pari titolo, una nutrita rappresentanza del corpo insegnante. Fra di loro, si contraddistinguono autentici personaggi che hanno fatto la storia della Milano democratica.

Come l’amabile professoressa dalla canuta chioma che parteggiò per gli studenti redattori del giornalino liceale La Zanzara, in un lontano e indimenticato caso di normale civiltà. Le cronache la mostrano, in difesa passiva, trasportata a braccia da agenti di Pubblica Sicurezza, fuori dalla scuola occupata.

Il gruppo è solido, motivato, affiatato e solidale. Unito nel comune ideale come nell’amicizia. Mentre i ragazzi della stessa età il sabato sera vanno a ballare e a divertirsi, Enea e gli altri – dopo essere stati a scuola tutto il pomeriggio – si riuniscono in uno scantinato di Largo Richini. Nello stracolmo attivo settimanale del Comitato, a discutere e a decidere il da farsi. Solo al termine si concedono il lusso di una pizza, da consumare in bella brigata.

A volte, invece accade che vadano a dar man forte agli operai del presidio notturno di una fabbrica occupata in difesa del posto di lavoro.

“ … eravamo uno solo persino nei pensieri, la riunione a sera, la notte al ciclostile, il volantino all’alba tutti a distribuire. E dopo nella piazza contro la Polizia portavamo la nostra rabbia, sì, ma anche la nostra allegria …” 2.

Non si resta studenti in eterno, quantunque di quelli già solerti nell’andare a bottega. Enea si lascia alle spalle con rimpianto e qualche nostalgia questo mondo. Urgono i cambiamenti.

4.jpgPer l’intanto, cambia lavoro, per amore o per forza. Da impiegato di un’azienda farmaceutica a operaio in un’impresa di automobili.

Una grande fabbrica, una comunità di uomini con i quali vive una nuova stagione di solidarietà e amicizia politica. Conosce e fa lega con fantasiosi e indimenticabili pari grado.

Un’età che purtroppo non dura a lungo. È l’epoca delle grandi riorganizzazioni delle aziende industriali, a partire dai settori maturi. L’Eustachio è una delle prime a finire nel mirino. Gli tocca patirne la ristrutturazione e la graduale chiusura. Dopo una delle ultime lotte di massa capaci di coinvolgere una città a sostegno dell’esistenza di quella fabbrica.

Il posto di lavoro non si tocca …, uno slogan più volte strillato nei quotidiani cortei che attraversano i quartieri della metropoli. Fa effetto ma gridarlo non garantisce la positività del risultato.

5.jpg Enea è un militante convinto e convincente. Sempre presente agli attivi di organizzazione. Alle manifestazioni di piazza. Nei convegni al chiuso. Non ha i paraocchi, guarda, pensa, decide con la propria testa. Nicchia. Un po’ di cose cominciano a non convincerlo. Non mugugna. Se non è d’accordo, lo esplicita.

Venendo meno l’esperienza politica in Avanguardia Operaia, tenta di proseguire il suo impegno nel Pdup di Magri. Con alterne fortune. Finisce con l’aderire al Pci di Enrico Berlinguer, come capita a tanti della nuova sinistra. C’è chi dice si tratti del rientro in porto sicuro. Se fosse così, non è comunque un ritorno comodo né accomodante.

La vita come gara a ostacoli è dura quando si è soli. Non sempre le difficoltà si dimezzano quando si è in due. A volte, capita persino che i problemi raddoppino.

Enea ha le sue crisi personali, sperimenta le sue separazioni, vive i suoi lutti.

Si riprende. Gli viene incontro un ciclo favorevole di certezze economiche e di affermazioni.

Assunto in un grande quotidiano milanese, dove all’inizio esegue i compiti del dimafonista. É ammesso infine alle mansioni di archivista. Uno delle rare combinazioni in cui la passione personale collima con le funzioni aziendali.

Si innamora di una giovane donna che gli regala emozioni e sentimenti nuovi e gli offre mente e cuore: motivazioni per proseguire uno spirito del fare che non avverte un attimo di sosta.

È in questa fase che il Topone potenzia una sua peculiarità, un ticchio caratteristico, una marca distintiva. Una mania. Talmente caparbia da sembrare una fissazione. Il suo topos 3. Un pallino. Il pallino di Enea.

Rimane colpito e illuminato dalla possente vastità dei celati progettatori della Rinascita democratica. Subodora prima di altri la posta in gioco.

6.jpg Un piccolo grande uomo inizia a condurre la sua personale battaglia di chiarificazione, di conoscenza, di smascheramento in uno dei centri nevralgici dell’informazione, cuore privilegiato della strategia di fagocitazione promossa da attenzioni tanto influenti e venerabili quanto dissimulate.

Come chiunque pratichi il soggettivo pallino con intelligenza e passione, Enea ne diventa un esperto. Un tecnico formidabile del retriever, il ritrovamento della notizia. Uno specialista della combinazione dei dati, dei collegamenti e dei rimandi. Alacre indagatore di affiliazioni sotterranee, sette segrete e connessioni fra le oscure trame. Trame nere, intrecci occulti.

Topo deriva dal latino tardo tălpu(m), variante di tălpa(m) à talpa. Con i roditori, infatti, ha in comune la capacità di sondare, scandagliare e scavare per andare a caccia di chi costruisce una rete di cave e cunicoli, intrichi sotterranei, budelli e gallerie. A scovare e snidare gli strateghi e le consorterie del malaffare.

Navigatore acrobatico e impavido percorre rotte inesplorate nell’oceanico ipertesto4, procelloso e infido, di righe e colonne per giungere con speditezza all’informazione ambita.

Come ogni provetto, potrebbe farsi retribuire per la consulenza fornita. Kamo è un rivoluzionario di professione, non un mercante. Non un mercenario. È l’archivista democratico di ogni serio ricercatore di mestiere. Presta le sue meditate competenze gratis.

7.jpg Sa identificare simbologie e armamentarî. Emblemi e segni. Termini mitici e biblici. Numi tutelari. Numeri. Origini e strutture organizzative.

Alchimie, spiritismi e cabale. Sublimi e capitolari. Latitudinari, giacobiti e noachisti. Conventi, obbedienze, logge e templi. Giuramenti e iniziazioni. La spoliazione e la restituzione dei metalli. Segni d’ordine, squadre e compasso, cazzuole, guanti e grembiuli. Lampade, scheletri, pietre cubiche, galli, orologi a polvere, sale e zolfo. L’occhio nel Triangolo. I tre viaggi. Calici di amarezza, catene di unione. Le melagrane. Maestri, compagni e apprendisti. 33 gradi amministrativi per il Rito Scozzese antico e accettato, 7 nel Rito Francese. Distruibuiti in gruppi di 7 persone. 10 ufficiali. Le 2 colonne, i 3 puntini.

Se si ignorano i precedenti delle gilde medioevali, organizzazioni basate su perizie artigianali, può suonare ostico sapere che officina è il nome di ogni gruppo in cui gli adepti vengono suddivisi. Conoscere che motto delle associazioni segrete fosse Libertà, Uguaglianza, Fratellanza, solo in seguito ripreso dalla Rivoluzione Francese.

Vuoi mettere che sono da ricercarsi qui le velleità populistiche e terminologiche di un noto esponente politico? Meglio che Presidente operaio sarebbe stato più corretto, filologicamente, parlare di Presidente muratore. O no?

Anche perché “nel 1778 le 310 logge del Grande Oriente rifiutano di accogliere nel Tempio gli operai, perché a essi non poteva riconoscersi la qualifica di uomini liberi 5.

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Fa specie imbattersi nella notizia che fra i componenti le logge risultino ruoli quali il segretario e il compagno. Un motivo per nutrire perplessità e dubbi sull’uso di un lessico logorato.

Massontopologia6, massontopografia7 sono i neologismi ancora da inventare per qualificare con precisione la specializzazione di Enea, l’assiduo Topone d’archivio.

Come tutti quelli che perseguono con tenacia e competenza l’itinere di un chiodo fisso, Enea può suggerire l’impressione di voler ridurre le vicende umane a un progetto satanico superiore. Di trovare in ciò le sole spiegazioni possibili. Il dizionario asserisce trattarsi di topofilia7.

Può darsi prospetti di sé talvolta l’idea di soggiacere agli abbacinanti schematismi della Scolastica e di non dominare a sufficienza i rudimenti della dialettica.

Nessuno è perfetto. Avercene di topi, pardon, di tipi come lui. Efficace e serenissimo mastino non molla la presa.

Enea è nel mirino di coloro che vorrebbero custodire i propri segreti nell’ombra. Abile nel non compromettersi riesce a eludere per anni eventuali propositi a suo pregiudizio, orditi da tramisti organici. L’immagine del topo, in araldica, raffigura l’uomo discreto e prudente.

Nondimeno, a furia di dai e dai, viene messa in atto una provocazione a suo danno a seguito della quale viene licenziato.

Novello Davide non teme Golia e ingaggia una battaglia legale senza protezioni e senza sostegno sindacale. Chi dovrebbe fornirglielo sembra comportarsi come se fosse invischiato e avvolto nelle spire di corposi e sinuosi interessi aziendali.

Perde il primo ricorso ma non recede. Perde il secondo ma non viene meno la sua speranza. Persevera nella sua controversia.

Enea è costretto a caricarsi sulle spalle un fardello più oneroso del vegliardo Anchise, una soma più gravosa di quell’eredità d’affetti. Anche la moglie soffre vicissitudini analoghe poiché, come è noto, le difficoltà non vengono mai sole. Insieme non si scoraggiano ma debbono inventarsi una nuova attività per tirare avanti.

Enea è un gramsciottimista. Non più in tenerissima età, mette al mondo una seconda figliola, a un grappolo di anni dalla nascita della primogenita, coadiuvato con naturalezza dalla sua adorata topona.

Cinque anni dopo il licenziamento, ottiene la meritata vittoria legale e i doverosi risarcimenti.

Enea continua a credere che il mondo possa essere cambiato, trasformato. È l’idea dell’orizzonte a reggerlo. Dell’Utopia9.

Non se ne sta alla finestra né con le mani in mano. L’inossidabile Inox non demorde. Si batte per renderlo migliore. Lui nobilita la politica, non ne fa un mestiere. Non è di quelli che fanno di tutto perché la gente se ne allontani10.

Niente a che vedere con il teatrino dei toksciò, delle scarpe da un milione e mezzo e degli yòkt. Ahi, se si potesse elidere tok dal neocomposto e fare del resto – usando una ramazza di saggia saggina – un bel sciò-sciò.

1 = Eduardo Galeano: Il libro degli abbracci – Sansoni Editore

2 = Compagno sembra ieri di Pino Masi

3 = luogo topico, argomento tipico di una dissertazione, portato a sostegno della propria tesi.

4 = complesso di informazioni testuali, contenute in un sistema informatico, unite fra loro da rimandi e collegamenti logici che consentono una consultazione secondo percorsi non sequenziali.

5 = La Massoneria – storia e iniziazione di Christian Jacq – Mursia

6 = Studio delle caratteristiche del suolo e del paesaggio.

7 = Tecnica per rappresentare graficamente, con segni convenzionali, la mappa di un territorio.

8 = Morboso attaccamento a un luogo, a un ambiente, a un argomento.

9 = “Lei è all’orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo, a camminare.

Un brano della letteratura latinoamericana superbamente raccontato da Eduardo Galeano a Gianni Minà nelle sue

indimenticabili interviste televisive (Storie vere). L’autore è Fernando Birri.

Galeano lo cita anche in Finestra sull’utopia nel suo libro “Parole in cammino”. La cosa oltremodo bella è stato vederla narrare da Pietro

(vulcanico ex manutentore Fiat) nello splendido film “Non mi basta mai” di Guido Chiesa e Daniele Vicari.

10 = “La politica è l’arte di impedire alla gente di mischiarsi in quello che lariguarda”. Paul Valery

Maurilio Riva, Il pallino di Eneaultima modifica: 2009-03-24T16:52:00+01:00da mangano1
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