Riccardo Barenghi, Il Cavaliere senza avversari

da LA STAMPA 26 aprile 2009
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Anche, persino, financo, addirittura, infine… pure il 25 Aprile è diventato suo. La Festa della liberazione ieri si è trasformata nella festa di Berlusconi, nel suo ennesimo trionfo mediatico e politico. Dopo la vittoria elettorale dell’anno sorso, la pulizia di Napoli dai rifiuti, la gestione del terremoto con la sua presenza costante, gli applausi ricevuti dalle vittime del sisma (di solito i governanti venivano fischiati), dopo l’idea del G8 all’Aquila (riuscirà a portare Obama e gli altri leader del mondo tra i sinistrati), adesso anche una ricorrenza storicamente di sinistra, un appuntamento che nel ’94 segnò l’inizio della fine del suo breve governo, il primo con dentro ministri ex fascisti, adesso anche questa è diventata berlusconiana. Grazie a lui, ovviamente, che è stato finalmente – dopo 14 anni di colpevole assenza – presente sulla scena, e grazie anche al discorso che ha fatto. Intelligente, bisogna ammetterlo, capace di riconoscere addirittura (addirittura per lui) i meriti dei comunisti che tanto odia, in grado di distinguere tra chi combatteva dalla parte giusta e chi da quella sbagliata.

Evitando insomma di mettere tutti sullo stesso piano perché in quel caso – anche lui se n’è reso conto – non esistevano due ragioni e due torti. Ma anche grazie al suo antagonista politico: Franceschini gli ha lanciato un invito che assomigliava a una sfida e gli è tornato indietro un boomerang.

Ora, quanta strumentalità ci sia in questa mossa di Berlusconi lo vedremo nel futuro, intanto dovrebbe dar retta proprio a Franceschini che gli chiede di mettere il veto al progetto di legge che equipara partigiani e repubblichini. Vedremo se lo farà. Decisamente strumentale appare invece la sua proposta di cambiare nome alla festa, e non certo perché il concetto di libertà non sia adeguato, anzi semmai comprende in se stesso quello della liberazione. Ma perché si tratta con tutta evidenza di voler segnare, anche semanticamente, uno strappo col significato che finora ha avuto quest’appuntamento, un significato troppo di sinistra (per lui). E poi perché, diciamolo francamente, la libertà è diventata, almeno in teoria, la sua bandiera, il suo partito così si chiama, dunque suonerebbe male, diciamo che sarebbe insomma troppo smaccato rinominare il 25 Aprile a sua immagine e somiglianza.
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Ma si tratta di particolari, la sostanza è che l’epoca in cui viviamo è ormai scandita da lui, dalle sue iniziative, dalle sue vittorie, dalle sue trovate. Dicono che il suo prossimo obiettivo sia il Quirinale, tanto che il discorso di ieri a molti è suonato «presidenziale». Può darsi, ma può anche essere che invece lui non abbia alcuna intenzione di farsi rinchiudere al Colle senza poteri, quantomeno dovrebbe prima riuscire a cambiare la Costituzione per instaurare anche in Italia una sorta di presidenzialismo. Oppure, più facilmente, potrebbe puntare a cambiare la Costituzione nei fatti, a cominciare dalle elezioni europee: se ottenesse, come è probabile che accada, una sorta di plebiscito popolare (si presenta in tutte le circoscrizioni, saranno milioni e milioni le preferenze per lui), a quel punto diventerebbe più di un presidente del Consiglio, più di un capo di Stato, sarebbe in poche parole l’uomo solo al comando.

E tutto questo anche a causa dell’assenza o dell’incapacità dell’opposizione che c’è. La quale è costretta o a seguire l’antiberlusconismo di Di Pietro, che però ha una sua efficacia anche a sinistra (e lo si vedrà dai risultati elettorali), oppure ad affidarsi alle improvvisate e improvvide iniziative del segretario del Pd. Che per alcune settimane ha ripetuto come un disco rotto che Berlusconi non doveva candidarsi senza rendersi conto che agli italiani non gliene frega assolutamente nulla, poi è passato a battere sul tasto della data del referendum e suoi relativi costi, anche qui senza capire il disinteresse dell’opinione pubblica nonché il disastroso esito che avrebbe per il suo partito un’eventuale vittoria dei sì. Infine ha tirato fuori il coniglio del 25 Aprile, sfidando Berlusconi a partecipare alle celebrazioni. Geniale. Il premier ha colto la palla al balzo, ci è andato, anzi è andato tra le macerie di Onna, ha fatto un discorso equilibrato ed egemone, appunto presidenziale, si è assicurato i titoli dei telegiornali di ieri e dei giornali di oggi, oltre ovviamente all’apprezzamento degli italiani, anche di molti tra quelli che non lo amano. A questo punto, o Franceschini ripensa e cambia radicalmente la sua strategia, oppure va fino in fondo sulla strada imboccata: invita Berlusconi al Primo Maggio, convince gli elettori di centrosinistra a votare per lui e infine lo fa eleggere per acclamazione leader del Pd.

Riccardo Barenghi, Il Cavaliere senza avversariultima modifica: 2009-04-27T18:54:00+02:00da mangano1
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