Marco Belpoliti, L’inconscio in borsetta

minima da LA STAMPA 4 MAGGIO 2009
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Invenzione anonima o progetto di un ignoto designer? Difficile dirlo. Certo è che da un anno, o poco più, quando si va al ristorante, se la donna che è in nostra compagnia possiede una borsetta, appena seduta estrae dalla medesima un piccolo oggetto dotato di ciondolo e gancio. Con quest’aggeggio l’appende al tavolo. Pare che si stia diffondendo anche negli uffici, e persino nelle scuole; regge sino a 13 chilogrammi, ma raramente le borse femminili arrivano a quel peso. Nei bar e ristoranti non è mai stato facile sistemare la borsa. Se non c’è il guardaroba, sempre più raro, si ricorre a un’altra sedia. Ma nei tavoli a due posti, non è possibile. Allora la si appende allo schienale usando i legacci: una soluzione non molto elegante. Spesso il cameriere, o il capo sala, s’avvicina e con garbo chiede di toglierla. Allora non resta che metterla per terra. Con quel che costa una borsa di Prada o di Gucci, non è proprio il caso. Adesso l’appendi borse da tavolo, in vendita a 7,90 euro, risolve il problema. C’è in due versioni standard: color acciaio e dorato. Ma ci si sbizzarrisce anche con decorazioni di ceramica nella parte superiore del gancio, che raffigurano fiori, frutti, piccoli paesaggi. Così costano di più e si trovano nei negozi di lusso.

La borsa femminile non è mai uscita di moda. Negli ultimi anni, al pari degli occhiali, è diventato uno degli accessori più richiesti; la maggior parte delle griffe di moda possiede una linea di borsette da giorno. E pensare che la borsa equivale alle tasche dell’abbigliamento maschile, e solo lentamente è diventata un complemento indispensabile dell’abbigliamento femminile. Ogni anno il materiale con cui è fabbricata, la sua forma e la sua dimensione cambiano seguendo non più le linee degli abiti, bensì un proprio stile. Quest’anno vanno le borse di vernice, lucide e capienti.

Nel Medioevo, racconta l’Enciclopedia illustrata della moda (Bruno Mondadori), gli oggetti erano custoditi in un sacchetto di pelle appeso alla cintura, una sorta di borsellino un po’ più grande. Nel tardo gotico s’impose la moda dei tintinnanti borsellini di diversa grandezza, sempre appesi alla cintura, consuetudine che continuò nel Rinascimento. Le prime borsette femminili appaiono nel periodo rococò: lavorate a uncinetto, ricamate, e riccamente ornate. La Rivoluzione francese impose la borsetta appesa a un lungo legaccio, più austera e forse anche più pratica, da rivoluzionaria. Nel periodo Biedermeier ritornò il borsellino per l’uomo, e le borsette decorate: la restaurazione. Le borse attuali nascono lì, dallo stile Impero e dal Biedermeier, ma erano pur sempre flosce e non rigide. Quella rigida compare all’inizio del ’900. In Italia riappaiono nel cosiddetto periodo umbertino, come risposta borghese: dove mettere le cose dal momento che negli abiti femminili scompaiono le tasche? Rosita Levi Pisetsky nel classico Il costume e la moda nella società italiana (Einaudi) sostiene che le borse s’affermano quando le tasche vengono escluse per timore di deformare la linea dei vestiti femminili. Oggi cosa c’è nelle borse femminili? Trucchi, borsellino e cellulare. Soprattutto il cellulare che squilla, e non si trova mai. Uno psicoanalista ha detto una volta che la borsetta è il vero inconscio femminile. Forse, per questo, è meglio appenderla al tavolo.

Marco Belpoliti, L’inconscio in borsettaultima modifica: 2009-05-05T18:08:00+02:00da mangano1
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