Roberto Bonuglia, Le radici europee del razzismo

da Khayyam’s Blog

Le Radici Europee Del Razzismo
mercoledì 20 maggio 2009, posted by roberto.bonuglia
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Il razzismo si originò in Europa durante il XVII secolo, quello dell’Illuminismo, quando cioè, un’elite di intellettuali cercò di combattere tutte le vecchie superstizioni del passato, ivi comprese quelle derivanti dalle tre religioni rivelate [Cristianesimo, Ebraismo, Islam]. Tra queste tre religioni, quella alla quale furono dirette le maggiori critiche fu senza dubbio la prima, considerata come un «sinonimo di antiche superstizioni». Va ad ogni modo ricordato che ciò non fu casuale: allora era il Cristianesimo la religione più diffusa in Europa, visto che le altre due religioni rivelate erano seguite nel vecchio continente da una considerevole minoranza [Ebrei e Musulmani sopravissuti alla politica delle conversioni forzate inaugurata con l’Inquisizione].
Contemporaneamente, però, quasi in reazione alla battaglia illumistica, si diffuse in Europa il Pietismo, un movimento che sottolineava la necessità di un «impegno cristiano di tipo emotivo» auspicando la formazione di una «vera comunità tra il concetto di fratellanza e quello della religione del cuore». Ma per realizzare questa fratellanza sarebbe stato necessario essere cristiani: ecco allora dove risiede l’origine del razzismo, o meglio, dove il pensiero razzista individuò un nuovo presupposto per il proprio sviluppo teorico. Inoltre, il Pietismo, rivalutando i caratteri del Cristianesimo in funzione anti-illumistica, finì per assumere anche una connotazione nazionale: esso si sviluppò, infatti, molto in Germania – alla stregua dell’evangelismo in Inghilterra – proprio in opposizione all’Illuminismo, questo considerato un «fenomeno» francese: in tal modo era ormai definitivamente comparsa sulla scena europea la questione della «nazionalità» ed i pietisti la materializzarono recuperando miti e simboli nazionali, i quali coinfluirono entrambi nell’idea di «patria» e di comunità nazionale in contrapposizione, non a caso, con il «cosmopolitismo illuminista». Anche altri fattori, però, contribuirono allo sviluppo del razzismo: in primis la riscoperta del classicismo, rivalutato dagli illuministi in virtù del fatto che allora – sia nell’antica Grecia sia nell’antica Roma – i popoli, liberi dai condizionamenti religiosi o, in altre parole, dalle superstizioni che sono insite nella pratica e nella teologia cristiana, avevano raggiunto i più alti livelli di espressività artistica. Per l’Illuminismo la «ragione» piuttosto che la «fede» doveva spiegare la Storia. Da ciò derivò un nuovo impulso dato alla scienza che fece sviluppare nuove discipline quali la frenologia e la fisognomica ed, allo stesso tempo, portò alla nascita di discipline nuove come testimonia il caso dell’antropologia. Tutto questo – indirettamente, quasi in modo involontario –, evidenziò una serie di differenze «naturali» tra i popoli che spinsero i teorici del razzismo a partire dalla considerazione di queste disuguaglianze tra le genti per elaborare le proprie teorie.
Non potendo fare a meno di «un Dio che ordinasse l’uomo, la moralità e l’universo in un unico grande disegno» l’Illuminismo individuò questo «Essere superiore» in un qualcosa di innato nella Natura e nell’Uomo [il cosiddetto Deismo] ciò spinse molti scienziati a cercare allora l’anello mancante nella prospettiva di sviluppo tra uomo e natura: questa esigenza fu la stessa che originò il Darwinismo, a suo modo poi, utilizzato dai razzisti per evidenziare la diversità tra gli uomini e, di conseguenza, la pretesa di superiorità delle razze che avevano raggiunto un livello più elevato in questo processo evoluzionista. In tal senso, ad esempio, l’uomo europeo poteva essere considerato in una fase più avanzata dei «popoli primitivi» che venivano, tra l’altro, scoperti proprio allora in seguito ai viaggi degli eploratori del 1600 e del successivo «risveglio coloniale» come nel caso dei negri dell’America Latina o dell’Africa. In questo ambito altri due fattori concorsero alla nascita del razzismo: il primo fu senza dubbio alcuno il contatto più frequente tra bianchi e negri conseguentemente ai viaggi degli esploratori, alle nuove scoperte geografiche ed alla successiva affermazione del colonialismo e dello schiavismo. In secondo fu la diffusione degli ebrei come minoranza emancipata grazie all’Illuminismo che, nella lotta a tutti i pregiudizi, promosse la necessità di superare anche quello che limitava gli ebrei a vivere nei ghetti, come stabilito nella metà del 1550 da una bolla papale di Paolo IV.

[L’immagine del post riproduce l’opera di Giacomo Franceso Cipper, detto il Todeschini, Autoritratto olio su tela ovale, 91×72, Vienna, collezione privata]

Roberto Bonuglia, Le radici europee del razzismoultima modifica: 2009-05-21T19:30:00+02:00da mangano1
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