Fabrizio Legger, Emilio Salgari cantore dei popoli oppressi

Emilio Salgari, il cantore dei popoli oppressi in lotta contro il colonialismo
di Fabrizio Legger – 22/06/2009

Fonte: Arianna Editrice
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Il veronese Emilio Salgàri (1862-1911), con l’accento sulla seconda a e non sulla prima, come molti erroneamente pronunciano, il grande Padre degli Eroi, l’infaticabile creatore di personaggi indimenticabili come Sandokan e il Corsaro Nero, continua a riscuotere un crescente interesse, a quasi un secolo dalla sua tragica scomparsa (si suicidò sventrandosi, in un boschetto sulla collina torinese, tormentato dalla nevrosi, oppresso dai debiti e prostrato dalla follia della moglie).
Recentemente, le case editrici Einaudi e Mondadori hanno riedito alcuni dei suoi romanzi più famosi, come Le Tigri di Mompracem e Il Corsaro Nero, mentre la Fabbri editori ha addirittura ripubblicato l’Opera omnia di Salgari (ad esclusione degli articoli giornalistici) per un totale di ben novanta volumi.
Ma perché tutto questo interesse per Emilio Salgari? Perché l’avventura è sempre di moda, verrebbe da rispondere, oppure, perché il pubblico dei “salgariani”, anche nell’era virtuale dei Pokemon e dei Power Rangers, è destinato a non estinguersi, data l’immortalità letteraria e cinematografica acquisita dai suoi personaggi.
Infatti, non bisogna dimenticare che i personaggi di Salgari hanno goduto di un’immensa fortuna anche nel campo del cinema: si pensi solo al grande successo popolare dello sceneggiato televisivo Sandokan, per la regia di Sergio Sollima, del 1976 (interpretato dal mitico attore indiano Kabir Bedi), o agli ancora più celebri film Il Corsaro Nero e Sandokan alla Riscossa,  sempre di Sollima, usciti sugli schermi cinematografici rispettivamente nel 1977 e nel 1978.
Perché, dunque, tanto interesse per Salgari e per la sua opera letteraria? Perché leggerlo? E come leggerlo? Come puro e semplice scrittore di avventura o, invece, cercando altre più profonde chiavi di lettura?
Le risposte date dagli studiosi e dai critici (spesso estremamente riduttivi nei confronti del Veronese e della sua Opera), non ultima quella di Bruno Traversetti, autore di una fondamentale Introduzione a Salgari, sono molteplici, anche se, in linea di massima, tutti concordano nel definire Salgari uno scrittore d’avventura, affascinato dall’esotismo e dall’orientalismo di fine Ottocento e inizio Novecento.
Io, invece, ritengo che Emilio Salgari sia ben più di un mero scrittore di avventura.
Egli, infatti, deve essere letto soprattutto per i suoi schietti empiti libertari (anche se un po’ tardoromantici) e per le sue appassionate critiche anticolonialistiche e antimperialistiche presenti come humus di fondo non solo nei suoi romanzi maggiori (Le Tigri di Mompracem, Il Corsaro Nero, I Pirati della Malesia, Le Due Tigri, La Favorita del Mahdi), ma soprattutto in certi suoi romanzi considerati “minori” da un punto di vista letterario ma importanti per l’appassionata difesa dei popoli in lotta contro l’oppressione coloniale (in particolare Le Stragi delle Filippine, La Costa d’Avorio, La Capitana del Yucatan, Gli Orrori della Siberia, Le Aquile della Steppa, La Scotennatrice e Le selve ardenti, solo per citarne alcuni tra i più significativi).
Io ritengo che leggere un romanzo di Emilio Salgari, oggi, con la coscienza e la consapevolezza di un uomo del Duemila, sia cosa diversissima dal leggere un qualsiasi altro romanzo di esotismo o di avventura.
Infatti, in Salgari, non si trova quella raffigurazione edificante del mondo coloniale che traspare, per esempio, da tante pagine di Kipling (che fu lo scrittore che celebrò i fasti dell’impero coloniale britannico), né troviamo in lui quella esaltazione fiduciosa e razionale della scienza e quel gusto per l’avventura prometeica che si riscontrano nei romanzi di Jules Verne.
Nei romanzi di Emilio Salgari, invece, troviamo eroi indigeni che combattono per la libertà dei loro popoli, pirati e corsari di nobili origini che diventano giustizieri dopo aver perso le loro famiglie sotto i colpi spietati dei pugnali di sicari al soldo delle potenze imperiali (l’Inghilterra nel caso del pirata malese Sandokan, la Spagna in quello del corsaro italiano Emilio di Ventimiglia), popolazioni che si battono strenuamente per la loro indipendenza, avventurieri disposti a sacrificare le loro baldanzose vite pur di mantenersi fedeli ad un ideale di vita eroico e sprezzante di ogni rischio o pericolo.
Dai romanzi salgariani si apprende ad amare tenacemente la libertà, si impara a difendere le cause dei popoli oppressi, sia acquista fiducia nelle forze dell’uomo e nella tenacia dei ribelli sempre pronti ad insorgere contro i soprusi dell’oppressione imperialistica e della cieca violenza dei tiranni.
Da che cosa sono animate, infatti, le esaltanti imprese di eroi come Sandokan e il Corsaro Nero, oppure del cinese Hang-Tu o del kirghiso Hossein, se non da una indomita e sfrenata brama di libertà e di vendetta (che, in Salgari, costituisce sempre l’azione conseguente ad un grave oltraggio alla libertà, dell’individuo o di un intero popolo, che viene fatto a monte delle vicende narrate)?
Nel caso di Sandokan e del Corsaro Nero, entrambi hanno come unico scopo delle loro esistenze la vendetta: ma contro chi, se non contro due sanguinari despoti (James Brooke e il duca di Van Guld) che li hanno privati dei loro affetti, dei loro averi e dei loro cari, costringendoli, per vivere, a darsi alla pirateria?
Ben più libertaria e anticolonialistica è la figura di Hang-Tu, capo dei ribelli di etnia cinese nel romanzo Le stragi delle Filippine, il quale non esita ad allearsi con il meticcio ribelle Romero Ruiz pur di liberare l’arcipelago dall’odiato e soffocante dominio degli imperialisti spagnoli.
E che dire dell’eroico Hossein, il kirghiso che si batte sia contro i predoni denominati le Aquile della Steppa (da cui il titolo del romanzo), sia contro i feroci cosacchi russi, che hanno invaso i territori dell’Asia centrale e conquistato l’antica Samarcanda, annettendola all’Impero Russo ma riducendola ad una distesa di rovine, dove la popolazione è sottomosse ad una brutale dominazione, anche qui, dai tratti decisamente colonialistici?
Ecco perché occorre leggere a fondo, e con occhio critico, i romanzi salgariani, sfrondandoli di tutti gli orpelli puramente esotici, tardoromantici, a tratti ingenuamente avventurosi, e cercando di comprenderli e di apprezzarli per quello che veramente sono: romanzi d’avventura sì, ma frementi di sdegno libertario, caratterizzati da invettive anti-tiranniche e da una dura denuncia del colonialismo, europeo in particolare, ma anche quello russo e quello dei tanti tiranni locali che mirano ad estendere i propri regni a spese della libertà e dell’indipendenza dei popoli vicini.
Emilio Salgari, il padre degli Eroi e delle avventure esotiche per eccellenza, è soprattutto, però, il cantore delle lotte dei popoli oppressi contro le violenze del colonialismo, contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e contro le prepotenze dei popoli più scientificamente e tecnologicamente progrediti nei confronti delle popolazioni ritenute sottosviluppate, barbare o addirittura arcaiche.
Non a caso egli esalta le lotte audaci, ma spesso prive di speranza, dei sudanesi, dei filippini, dei pellerossa, degli afgani, dei malesi e degli amerindi, nel disperato tentativo di riconquistare la perduta libertà e la perduta indipendenza.
E nonostante il suo stile sia un po’ sciatto, frettoloso e, a tratti, un po’ grossolano, la sua arte narrativa è estremamente efficace, colpisce nel segno, stimola la fantasia e l’immaginazione, riesce a fare passare concetti quali la libertà dell’individuo e il diritto dei popoli ad essere liberi, che oggi, all’inizio del Terzo Millennio dell’era cristiana, sono ormai divenuti patrimonio dell’intera umanità.
Per questo la narrativa di Emilio Salgari è così importante, per questo la sua opera non può (e non deve) essere ridotta a mera letteratura per l’adolescenza, perché tale non è, e perché ridurla a questo significa, oltre a sminuirla letterariamente, non averla affatto compresa nella sua interezza e nelle sue molteplici sfaccettature.
Ridurre l’Opera salgariana a libri scritti per l’infanzia, significa negare a un grande scrittore qual è Emilio Salgari, la dignità e il posto che gli spetta tra i grandi autori della nostra letteratura, e la schiettezza e la serietà da egli praticate nel diffondere a piene mani ideali eroici di lotta per la libertà e per l’indipendenza dei popoli oppressi devono dare bando ad ogni tentennamento e ad ogni perplessità, facendocelo considerare per quello che è stato realmente: uno scrittore che ha amato l’avventura e la libertà sopra ogni altra cosa, facendo viaggiare sui libri, con l’ausilio della sola fantasia, milioni di lettori che hanno imparato a conoscere da lui, dai suoi romanzi e dai suoi articoli per riviste e giornali, le realtà affascinanti di lontani paesi, viaggiando per terra e per mare sulle ali di una fantasia prodigiosa che ha davvero dell’incredibile. E scusate se è poco!

Fabrizio Legger, Emilio Salgari cantore dei popoli oppressiultima modifica: 2009-06-24T21:37:00+02:00da mangano1
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Un pensiero su “Fabrizio Legger, Emilio Salgari cantore dei popoli oppressi

  1. Finalmente una rivalutazione di Salgari, che è stato definito il “Padre degli Eroi”. Nessuno lo ricorda più, eppure è stato un grande autore dell’Italia umbertina e post-risorgimentale. Piaceva molto anche all’On. Spadolini, che era un appassionato salgariano.
    Complimenti all’autore dell’articolo per avere rivalutato Emilio Salgari.
    Eros Gnosi

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