j.Gardella, “ARCHITETTI ITALIANI DEL NOVECENTO” DI GUIDO CANELLA

da ARCIPELAGO MILANO

 

 

 

 

arte.jpg“ARCHITETTI ITALIANI DEL NOVECENTO” DI GUIDO CANELLA
8-6-2010 by Jacopo Gardella
E’ uscito in questi giorni l’ultimo libro dell’arch. Guido Canella “Architetti italiani del novecento”, a cura di Enrico Bordogna per l’editore Christian Marinotti, ed è stato presentato ufficialmente sia presso l’Ordine degli Architetti di Milano, sia presso la Fondazione Piero Portaluppi. Il libro, già pronto prima che Canella ci lasciasse improvvisamente, quasi un anno fa, è contemporaneamente una storia dell’architettura italiana, durante il corso del secolo XIX, e una galleria di ritratti di alcuni architetti italiani, visti da Canella con particolare simpatia.
Nella chiara e illuminante introduzione al libro, scritta da Enrico Bordogna, che di Canella è stato a lungo amico e collaboratore, si dice che il libro non è opera di uno storico dell’architettura, ma da un professionista dell’architettura: non ha quindi l’obiettività che è richiesta a chi espone fatti e idee di un determinato periodo, ma ha la passionalità e l’entusiasmo di chi è partecipe e direttamente protagonista di quel periodo. Questo carattere del libro si avverte subito osservando la disposizione degli argomenti trattati: la prima parte dà un quadro generale delle vicende attraverso cui è passata l’architettura nel novecento; la seconda parte allinea quattordici quadri biografici dei principali attori di quell’architettura, scelti da Canella secondo la sua particolare ottica di critico militante e contemporaneamente di architetto progettista.
Nell’elenco delle biografie, più che i nomi esposti e commentati, incuriosisce la lista dei nomi non inclusi e accantonati. Già nell’introduzione si fa notare l’assenza di Vittoriano Viganò, di cui forse si poteva mostrare qualche analogia con Canella, nella forte accentuazione espressiva del linguaggio. A quest’assenza se ne aggiungono altre, non sempre facili da giustificare. Mancano infatti, pur essendo tutti nominati nella prima parte del libro, i seguenti architetti: Piero Bottoni, al quale si poteva riconoscere una vicinanza ideologica con quella di Canella; Saverio Muratori, che presentava punti di affinità con lo storicismo di Giovanni Muzio, per il quale invece Canella esprime grande considerazione fra i quattordici personaggi selezionati. Infine tra i ritratti selezionati mancano le figure di Mino Fiocchi, di Gio Ponti, di Luigi Moretti, di Adalberto Libera, di Ferdinando Reggiori, di Asnago e Vender, di Luigi Caccia Dominioni, di Vico Magistretti, di Marco Zanuso, e di molti altri: tutti protagonisti di primo piano dell’architettura italiana del Novecento, seppure con successo e con rinomanza non sempre uguale. Ovviamente la selezione non è casuale; le assenze non sono fortuite ma intenzionali; non sono dimenticanze ma deliberate esclusioni.
Cercare di comprendere i criteri della selezione non è semplice: e forse non è neppure utile, né per una maggiore comprensione del libro, né per una migliore interpretazione dei giudizi che dà l’autore. La apparente asistematicità delle scelte conferma tuttavia il carattere del libro, che si pone non tanto come libro di storia, quanto come pagine di un diario e raccolta di valutazioni personali. Come tale il libro diventa una chiave illuminante per capire la personalità di Canella, e una conferma della sua prensile intelligenza: curiosa di tutte le manifestazioni culturali e creative, aperta a tutte le esperienze di vita e di costume, attinte dal passato e aperte al futuro.
Sotto questo aspetto il suo intelletto può definirsi eclettico, nel senso di attenzione rivolta alle più disparate manifestazioni artistiche, pur conservando una sicura capacità di scelta e una lucida intuizione nell’esprimere le proprie preferenze. Eclettico, quindi, inteso come carattere opposto a dogmatico. Eclettico inteso come disponibile a indagare ogni fenomeno degno di interesse, pur evitando di omologare le diverse esperienze e di appiattirle tutte su di una stessa graduatoria di valori. Eclettico anche nelle sue creazioni architettoniche che spaziavano da composizioni esuberanti e dinamiche, come il Municipio di Segrate, a opere monumentali e composte, come la Scuola nel Comune di Opera. Eclettico infine come personalità contrapposta a quella dell’amico-rivale Aldo Rossi, con il quale condivideva la battaglia contro il professionismo commerciale e agnostico, contro i banali esempi di International Style, contro l’esasperato e antistorico tecnicismo, ma dal quale divergeva radicalmente nelle scelte compositive e linguistiche.
Una sua qualità, oggi sempre più rara, era la partecipazione emotiva, immediata, sincera, a quanto attirava la sua attenzione. La capacità di giudizio immediato e istintivo. La totale assenza di calcoli opportunistici sul piano morale, e di elucubrazioni mentali, sul piano intellettuale. Da queste sue qualità nasceva la capacità di affezionarsi e di difendere personalità diverse e anche opposte, come gli architetti elencati nel libro, molto dissimili tra loro, a volte molto lontani e quasi ignari gli uni degli altri.
Nelle preferenze, nelle affinità, nelle simpatie di cui sapeva fare dono non compariva la sola ragione, ma interveniva anche la passione; quella stessa che oggi sembra sempre più flebile e spenta. Un episodio vale a dimostrare la sua autonomia di giudizio e nello stesso tempo il suo sincero trasporto emotivo. Durante un suo intervento commemorativo, in occasione di una mostra dedicata all’architetto Piero Portaluppi, davanti ad un pubblico alquanto diffidente, se non addirittura ostile nei confronti del noto professionista milanese, gratificato da grandi successi ma giudicato estraneo, anzi contrario all’Avanguardia Razionalista, Canella esprimeva, senza reticenze né riserve, una valutazione positiva dell’architetto commemorato, e ribaltava la diffusa tendenza a considerarlo soltanto un personaggio brillante e di spicco, ma poco allineato con il Movimento Moderno; e quindi di peso storico e di valore culturale soltanto secondari e marginali.
Ciò che affascinava Canella non era soltanto la capacità di raccogliere vaste e approfondite documentazioni storiche, di cui Portaluppi aveva dato serie e autorevoli prove negli studi sulla chiesa di Santa Maria delle Grazie, smentendo in tal modo le invidiose accuse di superficialità; ciò che attirava la simpatia di Canella era anche lo spiccato gusto di protagonismo, innato in Portaluppi, il suo conversare disinvolto e vivace, la sua indiscussa abilità nel primeggiare e dominare la scena, sia sul lavoro che in società, sia nei cantieri che nei salotti.
Delle persone di valore che veniva a conoscere Canella aveva la capacità di dare un giudizio globale: non avaro, non piccino, non invidioso. Una capacità che richiede coraggio; e di coraggio egli ne aveva molto.

Jacopo Gardella

j.Gardella, “ARCHITETTI ITALIANI DEL NOVECENTO” DI GUIDO CANELLAultima modifica: 2010-06-08T15:29:06+02:00da mangano1
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