Cinzia Fiori, “Gli incendiati” di Moresco

corriere della sera
Due disperati in cerca di un’ apocalisse (e di riscatto)

Origini Da due personaggi dei «Canti del Caos» nasce questa nuova storia

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U na ballata romantica e nera, a tratti eroica, persino sublime. Amore e morte, abbracci e spari. Ancora una volta Antonio Moresco ibrida i generi e cala i suoi personaggi in uno scenario apocalittico. Dopo le oltre mille pagine e i quindici anni dedicati ai Canti del Caos, ci consegna Gli incendiati (Mondadori), un romanzo di 182 pagine, scritto di getto, germinato da due personaggi dei Canti. Un nucleo di pensiero disperato genera il protagonista e, lontano da ogni nichilismo, si risolve nel fuoco di un’ esaltazione narrativa estrema. Lui è un killer che incontra lei ai margini della catastrofe della sua vita e di un incendio che accerchia il lungomare per famiglie dove si è rifugiato. Con quattro parole: «Vuoi bruciare con me» lei, prostituta circassa, lo accende di fervore restituendogli la vita. Così inizia la loro ballata – due contro il mondo intero – sostenuta da una straordinaria coerenza stilistica. Le doppiette di aggettivi, congruenti ma un po’ stupefacenti, danno alla prosa un’ impronta espressionista e ritmano le frasi di una prosa d’ azione, che qui si concede allitterazioni e persino qualche ripetizione a refrain. L’ effetto è vagamente pop, l’ atmosfera fumettara, dimostrando così che la narrazione di Moresco può essere seducente, ovunque ci conduca. E ci porterà oltre la morte, in una spaccatura dello spazio-tempo, dove i corpi continuano a vivere e ad agire. In quel mondo parallelo, che propone una notte senza fine – ossia l’ attimo del decesso dilatato – i protagonisti partono in macchina e vedono levarsi al loro passare le vittime delle nostre guerre recenti: Croazia, Bosnia, Serbia, Cecenia. Una folla di morti, eroica e muta, si riunisce sotto la guida di lei (e di lui indissolubile da lei) per andare armata delle armi rubate ai vivi all’ unica paradossale guerra giusta. È uno degli oltremondi di Moresco, ormai costante poetica di un autore che sfonda le nostre convenzioni di realtà perché le considera ciecamente limitate. Finché, con un nuovo (più confuso) sfondamento, l’ autore sconnette ciò che ha appena creato, mette a confronto morti e vivi che si sparano addosso morendo o ri-morendo, e fa ri-morire la coppia morta in un rogo romanticamente suicida che porta i corpi oltre al dolore, a una percezione selettiva del piacere che nasce dalla fusione assoluta. In un romanzo costellato da fughe nel buio, soccorsi armati, sparatorie, segnato dalla denuncia visionaria e allegorica delle nuove schiavitù, gli amplessi non si contano: perché la brama è urgenza di vita. Lo scopo è giungere «a toccare la radice unica del maschile e del femminile» per entrare nella stessa visione, per conoscere l’ amore, ardere insieme liberando una nuova energia. Il sesso diventa così una via mistica. La mistica dei quanti o, meglio, di quell’ antimateria che pare ispirare buona parte del racconto. Delle «radici sessuali che ci sono al centro della vita e della morte dei corpi», l’ autore scrive già all’ inizio. Ed è proprio il suo punto di vista sui corpi ad essere unico e caratteristico. Moresco non fa che descriverli. La sua è un’ osservazione anatomica, totalmente straniata. Come se quei corpi accessori, quegli ammassi di carne, che quasi non coincidono con il sé, fossero così ignoti da necessitare di essere raccontati ex novo. O forse per l’ ultima volta. C’ è un’ urgenza nell’ ossessività descrittiva, nell’ aggettivazione accuratamente degradata che fa pensare a Pasolini. Ai sui corpi come luogo della storia. Corpi denuncia, quindi, corpi ostentati per raccontare lo stato delle cose. Ossia corpi sulla soglia di un altro sfondamento, di un passaggio di specie che, Moresco ci avvisa, è dietro l’ angolo. Fiori Cinzia

Cinzia Fiori, “Gli incendiati” di Morescoultima modifica: 2010-06-22T19:20:32+02:00da mangano1
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