Marco Belpoliti, La battaglia persa dei lacci

da LA STAMPA

lacci .jpgI lacci hanno perso la loro battaglia. Le scarpe, anche quelle che solitamente si allacciano, ad esempio, le scarpe da ginnastica, oggi si portano con i lacci aperti. È il trionfo della ciabatta, opposto e simmetrico al dominio dello stivale, l’altra calzatura che va per la maggiore, in particolare tra le donne.

Le ciabatte e gli stivali oggi s’indossano quasi tutto l’anno, sancendo un binomio curioso: la pantofola, calzatura casalinga portata ovunque, e lo stivale, calzatura militare indossata anche d’estate. In campo femminile c’era stata un’anticipazione di questa moda negli anni Sessanta: lo stivale alto abbinato alla minigonna. E i lacci? Sono destinati al tramonto? Mai dire mai, soprattutto nella moda; tuttavia, ora se ne legano sempre meno. Un tempo diventare adulti, almeno nel mondo maschile, significava saper fare il nodo ai lacci delle scarpe. Era un’abilità sancita da un premio; in verità, si trattava di una capacità frutto naturale dell’accresciuta raffinatezza del gesto. Il mondo femminile era escluso dall’uso dei lacci, almeno da quelli delle scarpe (sino alla fine dell’Ottocento, quando lo stivaletto femminile allacciato diventò un oggetto consueto).

Questo in Occidente, mentre in Oriente i lacci erano quasi assenti; è da lì che viene la parola ciabatta, d’etimologia incerta, o babbuccia, di derivazione turca. Il laccio è un po’ come la forchetta e il coltello nel mondo giapponese, dove invece si usano, come ricorda Roland Barthes, i bastoncini, che non recidono né feriscono. Non ci sono lacci senza nodi, e i nodi non sono facili da fare, e anche da disfare. Forse la moda della ciabatta si fonda proprio sulla necessità di non fare più nodi, almeno alle scarpe. In generale, in Occidente come in Oriente, la nostra vita si è complicata, e di nodi da stringere, o da sciogliere, ce ne sono tanti ogni giorno.

Giorgio Manganelli, il grande scrittore, scomparso giusto vent’anni fa, una volta rispondendo a un’inchiesta di «Libération» sul perché si scrive, disse che da ragazzo non riusciva ad annodarsi i lacci delle scarpe; e se lo faceva le stringhe si scioglievano immancabilmente. Ragione per cui si è era detto: «Non so allacciarmi le scarpe? Bene scriverò libri». Oggi tutti scrittori? Probabilmente sì.

Marco Belpoliti, La battaglia persa dei lacciultima modifica: 2010-06-25T16:23:50+02:00da mangano1
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