Che succede ?

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Non ci sono solo i mondiali di calcio e la marea nera, anche se vorrebbero farci credere il contrario. La notizia non ha avuto una grande diffusione, magari con la scusa che non è arrivata da fonti ufficiali. Però i tg sono pieni zeppi di notizie di dubbia fonte, sopratutto quando trattasi di fesserie da bar. Le bufale sono sempre dietro l’angolo, in questo caso non credo proprio si tratti di bufala; una flotta da guerra che passa nel Canale si Suez non passa certo inosservata.

Watch International
Segnali di guerra: flotta americano-israeliana verso il Golfo Persico
Lunedì 21 Giugno 2010  
In un momento in cui si parla solo di “peace flottilas”, di navi cariche di “rifiuti umanitari”, di “pacifisti armati” e di simili controsensi globali, è quasi passato inosservato il maestoso passaggio della flotta americano-israeliana nel Canale di Suez in direzione Golfo Persico.

Fonti militari egiziane fanno infatti sapere che venerdì scorso una imponente flotta da guerra guidata dalla portaerei Truman con i suoi 60 cacciabombardieri e i suoi 6000 marines, è transitata nel Canale di Suez in direzione del Golfo Persico. La novità sensazionale sta però nella presenza di almeno una nave israeliana anche se si suppone che le navi con la Stella di David siano di più, accompagnate da almeno un sommergibile nucleare che si va ad aggiungere a quello/i già presente di fronte alle coste iraniane.

Per molte ore le autorità egiziane hanno bloccato tutto il traffico commerciale per permettere il passaggio della flotta da guerra che non va nel Golfo Persico per avvicendare altre unità ma va a potenziare la struttura navale già presente. Nei giorni scorsi l’arrivo della Truman e della sua squadra di appoggio era stato visto come un potenziamento della VI flotta americana presente nel Mediterraneo e si era detto che la squadra navale della Truman si sarebbe posizionata di fronte alle coste del Libano. Evidentemente gli analisti si sbagliavano.

Come detto, desta stupore (ma nemmeno tanto) la presenza nella squadra d’attacco di unità israeliane. Sembra un segnale diretto a Teheran, un segnale forte e chiaro che non può essere interpretato.

Bocche cucite al comando della VI flotta di Napoli così come al comando generale della Marina Israeliana dove si nascondono dietro a un eloquente “no comment” sulla presenza di unità da guerra israeliane e sulle motivazioni di questo spiegamento di forse nel Golfo Persico. L’unica cosa che trapela dal Comando di Napoli è che, nell’ambito della stessa politica militare, unità della VI flotta si stanno dirigendo nelle acque antistanti il Libano ma senza specificare né il numero né la composizione, il che è tutto un dire.

Watch International
Verso  la guerra con l’Iran: ecco la strategia israeliana
Venerdì 25 Giugno 2010
Ruben Weizman

Analisi di Ruben Weizman, resp. Medio Oriente di Watch International – E’ solo di pochi giorni fa la notizia che navi da guerra americane e israeliane erano transitate per lo Stretto di Suez in direzione Golfo Persico <http://www.watchinternational.org/index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=250:2010-06-21-06-32-21&amp;catid=1:medio-oriente&amp;Itemid=16> , notizia che aveva seguito quelle secondo cui l’Arabia Saudita aveva concesso un corridoio all’aviazione israeliana <http://www.watchinternational.org/index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=246:2010-06-12-07-46-44&amp;catid=1:medio-oriente&amp;Itemid=16>  nel caso di un attacco alle centrali nucleari iraniane. Ma se la notizia diffusa ieri da Israeli Globes <http://www.globes.co.il/news/article.aspx?did=1000569045>  venisse confermata saremmo di fronte ad un vero e proprio accerchiamento dell’Iran.

Secondo l’autorevole giornale economico israeliano, ripreso anche da diversi siti specializzati e vicini all’intelligence israeliana, sarebbe in atto un importante concentramento di truppe israeliane e americane in Azerbaijan. La notizia sarebbe stata confermata indirettamente dalla Iranian Press TV Agency che ha riferito di un imponente spostamento di Guardie Rivoluzionarie Iraniane lungo il confine nord del Paese, in prossimità del confine con l’Azerbaijan, proprio per prevenire un attacco da nord.

Sempre in riferimento a preparativi di guerra, ieri un sito web islamico saudita, ripreso dall’agenzia iraniana Fars News, ha riportato la notizia che secondo diversi testimoni nei giorni scorsi aerei da trasporto C130 avrebbero scaricato materiali e truppe israeliane nella città saudita di Tabuk, a conferma degli accordi segreti tra Arabia Saudita e Israele per un attacco alle centrali nucleari iraniane.

Se è vero che non ci sono conferme da fonti ufficiali (come del resto è più che logico) è anche vero che tante voci tutte insieme confermano che qualcosa sta succedendo e che si sta andando verso un attacco militare alle centrali nucleari iraniane. I piani israeliani iniziano a farsi chiari. Se fosse confermato che aerei e militari israeliani fossero in Azerbaijan si sarebbe risolto il problema della lontananza dagli obbiettivi, mentre l’appoggio dato dall’Arabia Saudita (e indirettamente dall’Egitto) confermerebbe che anche i Paesi Arabi sono favorevoli ad un attacco militare all’Iran. Le navi militari nel Golfo Persico potrebbero lanciare salve di missili sulle centrali nucleari iraniane più lontane. In pochi minuti tutto sarebbe finito e il programma nucleare iraniano azzerato completamente. Nel caso, molto probabile, di una reazione iraniana le truppe e gli aerei presenti in Arabia Saudita e in Azerbaijan sarebbero sopra gli obbiettivi in pochi minuti. A completare la strategia israeliana c’è la notizia diffusa l’altro ieri dai comandi dell’IDF di un “importante” spostamento di truppe israeliane lungo i confini con il Libano, altro fronte caldo soprattutto in previsione di una reazione iraniana.

Man mano che passano i giorni sembra quindi delinearsi la strategia di attacco israeliano all’Iran. A Teheran sono sempre più nervosi e attraverso i loro media diffondono notizia che vorrebbero trasmettere sicurezza ma che, al contrario, denotano la paura del regime di ritrovarsi sotto attacco nelle prossime settimane. Quello che sembra chiaro è che l’operazione “attacco all’Iran” ha ormai preso il via e non sarà certo facile per nessuno fermarla.

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Attacco all’Iran: USA e Israele hanno obbiettivi diversi

Tutto fa pensare che nella vicenda del nucleare iraniano le vie diplomatiche siano finite e che si vada verso un attacco alle strutture nucleari iraniane. Il posizionamento delle truppe israeliane e americane, le dichiarazioni del capo della CIA, Leon Panetta, il movimento di navi verso il Golfo Persico. Le domande da porsi ora sono fondamentalmente due: 1 – cosa succederà dopo? 2 – Quali obbiettivi finali si pongono USA e Israele?

Sul cosa succederà dopo, purtroppo, ci sono pochi dubbi: l’Iran reagirà con ogni mezzo che ha. Probabilmente lancerà missili a lungo raggio su Israele, forse con testate chimiche. Sicuramente userà gli amici di Hezbollah per lanciare attacchi dal sud del Libano. Molto probabilmente ci saranno anche attacchi da parte di Hamas. Sono mesi che l’Iran si prepara a questa evenienza. L’incognita più grossa resta però il ruolo della Siria. Fino ad ora Damasco si è limitata a manovrare le fila da dietro il palcoscenico. Ha contribuito al massiccio riarmo di Hezbollah, ha facilitato i contatti tra Teheran e il gruppo terrorista libanese e si è adoperata per facilitare il passaggio di uomini e mezzi dall’Iran verso il Libano. Tuttavia non ha mai chiuso completamente i ponti con Gerusalemme e in segreto ha continuato a trattare per le Alture del Golan. Molto dipenderà da come uscirà l’Iran dal primo strike, che potrebbe essere devastante. In ogni caso la struttura militare iraniana, seppur di prim’ordine, non è certamente in grado di reggere l’impatto di un attacco multiplo, nonostante le roboanti dichiarazioni del regime. La cosa più probabile è che si concentrerà nel bloccare il traffico petrolifero del Golfo Persico, ma anche questa evenienza è stata studiata molto a fondo, soprattutto dagli americani.
Molti dubbi invece ci sono su quali obbiettivi finali si pongono Israele e Stati Uniti. Gerusalemme sembra molto più concentrata sull’obbiettivo di impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari piuttosto che su un cambio di regime a Teheran. Washington, di contro, sembra molto più interessata a raggiungere questo ultimo obbiettivo, cioè arrivare all’abbattimento del regime degli Ayatollah e all’instaurazione di un sistema democratico in Iran. Le due cose non divergono necessariamente, sono i tempi e le modalità che sono diverse. Mentre per bloccare il programma nucleare iraniano probabilmente saranno sufficienti una decina di raid sugli obbiettivi, per cambiare il regime ci vorrà più tempo e, sicuramente, una strategia che vada oltre il bombardamento delle centrali atomiche iraniane ma che coinvolga la dissidenza interna iraniana, elementi dell’esercito e delle Guardie della Rivoluzione. Probabilmente si dovrà coinvolgere anche qualche Ayatollah riformista. Non è così semplice e la cosa necessita di mesi e mesi di preparazione sotterranea, cosa che al momento non sembra essere stata fatta. E’ pur vero che il capo della CIA, Panetta, ha parlato di un lavoro per “cambiare l’Iran diplomaticamente, culturalmente e politicamente” facendo intendere che la diplomazia USA lavori a questo obbiettivo, ma un conto è farlo prima di un conflitto e una cosa è farlo dopo un attacco militare. Non è dato sapere, chiaramente, se e da quando gli USA lavorino a un cambio di regime a Teheran, ma se dietro le dichiarazioni di Panetta c’è un lavoro sotterraneo, magari iniziato da mesi, per coinvolgere alte personalità del regime contrarie ad Ahmadinejad e alla Guida Suprema, l’Ayatollah Khamenei, allora la cosa potrebbe essere fattibile. Ma se si vuole raggiungere un cambio di regime improvvisando con il susseguirsi degli eventi o sperando che a seguito di un attacco militare il popolo iraniano si sollevi, allora la vedo davvero brutta.
Gli USA hanno dimostrato negli ultimi mesi di non capire bene la mentalità iraniana. Non hanno supportato adeguatamente la dissidenza iraniana e, quando lo hanno fatto con dichiarazioni comunque tardive, hanno fatto più danno che bene dando l’impressione di finanziare il Movimento Verde iraniano rendendolo inviso anche a quelli che timidamente lo supportavano. Ahamdinejad sa benissimo che se c’è una cosa che unisce il popolo iraniano è la diffidenza verso gli Stati Uniti. L’odio anti-israeliano, più volte dimostrato dal dittatore persiano, non appartiene invece al popolo iraniano che, anzi, si ritrova con gli israeliani nell’eterno conflitto con gli arabi. Anche l’appoggio dato dagli USA e da diversi Stati Europei al PMOI è un altro fattore estremamente nocivo. Se c’è un movimento che in Iran è odiato da tutti (o quasi) almeno quanto gli Ayatollah, questo è proprio il PMOI. Anche in questo caso, quindi, la strategia americana (ed europea) non è stata certamente delle più felici (per non dire dannosa).
Dando per scontato che Ahmadinejad non rinuncerà mai al programma nucleare e che le trattative di cui parla Panetta altro non sono che fumo negli occhi, l’attacco alle strutture nucleari iraniane è quindi pressoché certo. Quello che non è chiaro è fino dove si vuol arrivare, o meglio, fino dove vuole arrivare Washington visto che per Gerusalemme la priorità è certamente impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari e non abbattere il regime . Personalmente penso che tentare di cambiare il regime iraniano con la forza sia un errore madornale. Si rischia di innescare un meccanismo contorto che potrebbe portare addirittura e paradossalmente ad un rafforzamento del regime stesso. Una cosa da evitare a tutti i costi. Si distruggano le centrali nucleari iraniane stando ben attenti a non fare vittime civili e poi si lavori ai fianchi del regime trovando i giusti interlocutori e non si cerchi, come in altre occasioni, di abbattere con la forza il dittatore. Piuttosto si aiuti fattivamente e senza clamori la dissidenza a fare il proprio percorso di democratizzazione. Si potrebbe scoprire che il regime è molto più debole di quanto ci si immagina e la spallata della distruzione del programma nucleare contribuirà a renderlo ancora più fragile. Si facciano le cose con calma e ragionando sulle conseguenze future. Il popolo iraniano è pronto per prendersi la responsabilità di agire da solo, ma non è pronto a essere forzato a farlo.
Franco Londei
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Che succede ?ultima modifica: 2010-07-01T20:23:02+02:00da mangano1
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