Femminismo a Sud, Ma è possibile vivere così’

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Storie di egemonie culturali e pretese uguaglianze. Dal margine: nel tempo in cui tutti dicevano di avere capito!

23.07.10
Come demolire il muro invisibile dell’indifferenza?

MA E’ POSSIBILE VIVERE COSI’?

Mi sveglio, in una calda notte d’estate, al frastuono di grida e pietre martellate sui pali della luce: mi affaccio alla finestra aperta chiedendomi cosa stia succedendo, e vedo, giù in strada, un gruppetto di persone che protesta di fronte all’alto muro di cinta grigio che si erge di fronte alla mia casa. Infastidita mi infilo qualcosa addosso e scendo –  ancora non mi è chiaro a cosa devo tutto quel clamore –  ma ho un solo scopo: tornare a dormire. Giù, in strada, vado decisa verso una delle persone accampate sotto al muro e le grido in faccia che devono smetterla, che io ho il diritto di dormire! E quella mi dice che stanno protestando contro il CIE, che stanno esprimendo ad un uomo, rannicchiato sopra un tetto con un telefono in mano, la disperazione sotto la pelle e la speranza nel cuore, la propria solidarietà … nell’unico modo possibile! Io chiedo cos’è un CIE: per me oltre quel muro di cinta non c’è mai stato niente, niente che mi riguardasse, niente che potesse in qualche misura entrare a far parte della quotidianità della mia vita.

Mi spiegano, come ad una bambina, di chi sono le vite rinchiuse in quelle mura così alte e così grigie: persone ree di cercare una nuova opportunità, persone scappate da paesi nei quali non esistevano prospettive, paesi dilaniati da guerre o povertà o dittatura. La loro colpa? Quella di voler vivere, e di voler vivere in maniera dignitosa.

Penso alla mia bella casa. Penso alla mia comoda macchina. Penso al mio frigorifero, sempre pieno. Penso alle mie preoccupazioni, dove andare in vacanza quest’estate, se comprare o meno quell’enorme televisore nuovo.

E realizzo che, a pochi metri da me, giusto oltre quell’alto muro grigio costruito per nascondere, ci sono persone in cerca di una vita che ancora non hanno, e alle quali viene negato persino il diritto ad averla. Ci sono persone colpevoli di scappare dalla povertà, dal dolore, dalla morte. E io non sono mai dovuta scappare, da nessuna di queste cose. Persone private della libertà per aver osato ribellarsi ad un infame destino … e io non sono mai stata costretta dietro un alto muro grigio, vittima di soprusi quotidiani e totalmente in balia di decisioni più grandi di me, volontà estranee che mi considerano solo un numero scomodo, un numero da cancellare velocemente tirando una riga sul foglio, e non pensarci più.

Quasi non mi sembra di essere io, quella che allunga la mano sul selciato per prendere un sasso spigoloso tra le dita. Ma non ho più sonno, ormai. Qualcosa dentro di me, nel profondo, si è svegliato una volta per tutte. E quel muro grigio non è più solo un muro grigio, ma è il confine che separa i miei sonni tranquilli dalla cancellazione dell’esistenza di altre persone come me, nate nel posto sbagliato e scappate in un posto ancora più sbagliato. Ora che so cosa c’è dietro il muro, non posso più dormire. Finché quel muro esisterà, io sarò complice di quel muro e di quello che avviene al suo interno. Finché quel muro esisterà, io avrò accettato di dividere il mondo in maniera arbitraria in vincitori e vinti, sapendo di far parte per diritto di nascita dei primi e non dei secondi. Finché quel muro esisterà, scegliere di ignorarlo e scegliere di ignorare cosa avviene al suo interno sarà come dormire su cataste di corpi dilaniati e putrescenti, cullati dal suono di pianti e grida e suppliche provenienti da file sterminate di donne e uomini, di bambini e vecchi mentre ottusi funzionari di governi autoritari li pungolano e spingono, disperati, al massacro.

MA E’ POSSIBILE VIVERE COSI’?

Questo si chiedono gli abitanti di Corso Brunelleschi nell’illuminante pezzo uscito oggi su La Stampa  e guarda caso la stessa domanda rivolgerei anche io a loro, in primis, e a tutti gli altri abitanti del nostro paese in seconda battuta. Perché la prima parte della storia è solo di fantasia purtroppo, mentre la realtà è ben altra. Tutti quelli che abitano di fronte a quel muro sanno cosa sono i CIE, ma non raccolgono pietre, né espongono striscioni. Si lamentano del clamore di poche persone che tentano di far sentire i prigionieri meno soli, e che forse con quel frastuono sperano di farsi sentire anche dalla generalità delle persone ormai cronicamente ammalate di indifferenza. E’ davvero possibile accettare in silenzio di affacciarsi ogni giorno di fronte ad un lager, e non esserne toccati? E’ davvero possibile, affermare credendoci “Ma noi, chi abita qui, non abbiamo colpa per quanto accade all’interno del Cie”… perché se è così vuol dire che non viviamo più in una democrazia rappresentativa, ma in una dittatura, alla quale però nessuno si ribella, e questo dà da pensare. Italia, paese di sudditi o paese di mandanti e di collusi?

Come far capire alla Signora Maria e al Signor Carlo che quel muro è lì e la cosa li riguarda, che quel muro è lì perché anche se non lo hanno costruito con le proprie mani hanno lasciato che quelli che si fanno a torto chiamare  “rappresentanti dei cittadini” lo costruissero e lo riempissero di povera gente, testimonianza scomoda di un mondo ben diverso da quello in cui viviamo e prosperiamo in barba a tutto il dolore e la sofferenza che ci circonda?

Signora Maria e Signor Carlo, voi che vivete di fronte al CIE, aprite gli occhi: i poliziotti non sono “poveri ragazzi”, i manifestanti non sono quelli violenti e voi non siete le vittime. Avete le idee un po’ confuse. Se ve la prendete con chi lotta per la solidarietà, siete parte attiva dell’oppressione. Se ve la prendete con chi lotta, scegliete di stare con il più forte di fronte al più debole ed inerme. Scegliete di chiudere gli occhi alle altrui sofferenze, di lavarvi le mani del sangue di innocenti, mentre la Domenica, come i migliori farisei, andate a Messa vedendovi tanto tanto buoni senza esserlo veramente.

Vi hanno insegnato che conta solo l’apparenza, ma non è così: che ve ne rendiate conto o meno, trapela dalle vostre parole troppo odio e fastidio e indifferenza. Voi subite oggi quel disagio perché siete parte di un sistema che erige muri per schiacciare i più deboli, perché anche voi respingete invece di accogliere, allontanate invece di abbracciare e consolare. Non conoscete nemmeno più la pietà. Voi non siete vittime, siete carnefici, e lo siamo tutte e tutti finché accettiamo in silenzio tutto questo.

Quel muro grigio si potrà forse un giorno anche demolire, ed è ciò che dovremmo augurarci con tutto il cuore… ma come demolire questo enorme, invalicabile e ormai endemico muro invisibile di indifferenza, quando non vero e proprio odio e manifesto razzismo?

Femminismo a Sud, Ma è possibile vivere così’ultima modifica: 2010-07-28T11:08:43+02:00da mangano1
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