A.Giannuli, Pensione a 65 anni

da www.aldogiannuli.it

Pensione a 65 anni.

 

valentino marrajpg.jpgCome si sa, il Ministro Gelmini ha proposto di abbassare da 70 a 65 anni l’età pensionabile dei docenti universitari e la cosa ha suscitato una fierissima opposizione nel mondo accademico. Già: che strano; dappertutto i lavoratori protestano contro l’aumento dell’età pensionabile, c’è una sola categoria che se la vede anticipare e protesta! Chissà perchè.

Nella Sissco, l’associazione degli storici contemporanei di cui faccio parte, è partito un dibattito sulla questione con interventi durissimi contro questa proposta. Sono intervenuto e, siccome la mailing list della Sissco è accessibile solo dagli iscritti, mi è parso di fare cosa utile riproducendo il mio intervento in questa sede.

Cari amici,
credo di non essere molto d’accordo con le vostre valutazioni a proposito del pensionamento a 65 anni dei docenti. Proviamo a prendere in considerazione gli argomenti usati per contrastare questa proposta (che, vorrei ricordare, prima ancora di Giavazzi e della Gelmini, era stata avanzata dai giovani del Pd se la memoria non mi inganna).

1- “NON FACCIAMO QUESTIONE DI ETA’. CI SONO ANCHE  MOLTI ULTRASESSANTACINQUENNI CHE SONO NEL PIENO DELLA MATURITA’ ED ATTIVISSIMI CHE COSI’ L’UNIVERSITA’ PERDEREBBE”

A- Certo ci sono anche degli ultrasettantenni che sono ancora valenti e lucidi, anzi Karl Popper e Bertrabd Russell sono  stati attivi intellettualmente sino a 90 anni. Qualsiasi limite di età fissassimo potremmo lo stesso lamentare che così si perdono persone ancora in grado di dare qualcosa. Che facciamo: aboliamo la pensione? Dichiariamo la docenza a vita?
Certe norme hanno un valore proprio nella misura in cui fissano un termine astratto e impersonale che prescinde dai casi individuali.

B- E’ così anche per magistrati, militari, alta dirigenza statale ecc. : perchè non deve esserlo anche per i docenti universitari?

C- E se i docenti universitari sono diversi dagli altri perchè baciati in fronte dalla dea Minerva, qualcuno mi spiega perchè gli ordinari e gli associati vanno in pensione a 70 anni e i ricercatori –da sempre- a 65? Cos’è: non stavano in fila quando la Dea Minerva baciava in fronte  l’eletta schiera degli accademici?

2- “A SESSANTACINQUE  ANNI E’ TROPPO PRESTO PERCHE’ UNO STUDIOSO E’ ANCORA IN PIENA MATURITA’”

A- tralasciando l’argomento per cui se fra gli ultra settantenni ce ne sono di vigili ed operosi,  per la stessa ragione, anche fra i sessantenni ci sono fior di rimbambiti, per cui dovremmo decidere caso per caso;  mi spiegate perchè in tutta Europa il limite è a 65 o massimo 67 e solo in Italia è a 70? Forse che gli italiani hanno processi di senescenza ritardati?

B- Se iniziamo a distinguere caso per caso, per sceverare il grano dal loglio ed i Popper dai limoni spremuti, chi lo decide e sulla base di quali criteri? Sappiamo perfettamente che se lasciamo fare ai consigli di dipartimento o di facoltà, dopo un po’ la cosa sbraca e restare diventa un diritto acquisito di tutti. Dovremmo pensare a criteri un po’ più oggettivi ed ad organismi decisionali e procedure più affidabili: ci sono proposte?
Io ne faccio due, se proprio vogliamo mantenere in servizio le persone più valide, almeno fissiamo due criteri:
a- aver prodotto un certo livello di titoli negli ultimi 5 anni
b- aver ottenuto un giudizio sufficiente dagli studenti nella valutazione annuale (visto che si fa, che serva a qualcosa)

C- Nessuno proibisce, credo, ai docenti pensionati di continuare a fare ricerca anche dopo la pensione e in un settore disciplinare come il nostro la cosa è fattibilissima. Per quanto riguarda quei settori disciplinari che abbisognano di laboratori, attrezzature ecc, nulla impedisce che un pensionato possa essere occasionalmente associato ad un progetto specifico di ricerche.

3- “NON E’ VERO CHE  CI SAREBBE UN RISPARMIO MA UNA SEMPLICE  PARTITA DI GIRO DA UNA PARTITA ALL’ALTRA DEL BILANCIO STATALE”

Non è vero, innanzitutto da un punto di vista contabile: la pensione non supera (nel migliore dei casi) l’80% dell’ultimo livello retributivo ed, inoltre, non comporta il versamento degli oneri pensionistici che, invece, occorre versare per il personale in servizio. Inoltre, una parte significativa non raggiunge il massimo della pensione, per cui, è lecito stimare un risparmio del 25-30%.

Detto questo, credo che sarebbe il caso di metterci bene in mente alcune cose:

1- questo governo (e questo ministro in particolare) è quello che è ed è inutile ripetercelo una volta di più, ma cerchiamo di ricordarci che i tagli erano già partiti dal governo Prodi e che molte idee gloriose della riforma Gelmini erano già state avanzate da quell’altro genio di Mussi. Quindi, non si tratta solo della destra populista ed ignorante (che in effetti è tale) ma di un atteggiamento più generale di tutto il sistema politico verso l’Università

2- c’è una crisi finanziaria ed economica che ragionevolmente colpirà in particolare il debito pubblico, facendo salire i tassi di interesse, per cui, al di là della maggiore o minore cialtroneria del ceto politico, di soldi, effettivamente, non ce ne sono molti e i tagli non riguardano solo l’università. Non possiamo essere così corporativi da lamentarci solo per i tagli che ci toccano e non vedere cosa sta succedendo a proposito di cassa integrazione, pensioni sociali, assistenza sanitaria ecc.

3- gli ultra sessantacinquenni appartengono ad una generazione privilegiata che –mediamente- vinceva il concorso di assistente ordinario fra i 25 ed i 30 anni, aveva l’incarico fra i 30 ed i 35 e vinceva la cattedra  mediamente fra i 35 ed i 45. Ora abbiamo una schiera di precari un po’ sotto i 40 che vedono un concorso di ricercatore come un miraggio, dei ricercatori fra i 40 ed i 50, gli associati fra i 50 ed i 60 ed i  70. Vi sembra normale? Ormai l’università sta diventando un gerontocomio, per cui un bel taglio ci sta bene e la generazione “fortunata”, quella di cui si è detto, può anche alzarsi da tavola senza fare troppe storie.

4- Mi pare molto più urgente aprire il reclutamento per gli attuali precari che sono il vero scandalo di questa università e, se quel margine di risparmio che viene dal collocare in pensione i docenti fra i 65 ed i 70, serve a questo, direi che è cosa da fare ed anche alla svelta.

5- Molti dei pensionandi possono ancora dare tanto nella didattica per la quale nutrono una autentica passione? Benissimo siamo felici per questo: penso che nessuno abbia nulla in contrario a permettere loro di tenere corsi liberi e non retribuiti (se di passione si tratta, il vile denaro non conta) che arricchiscano l’offerta formativa.

Insomma, è bene che le nostre generazioni (non sono molto lontano dai 65) entrino nell’ordine di idee di farsi gradualmente da parte. E non è il caso di farne un dramma.

Cordialmente vostro

Aldo Giannuli, 29 luglio ‘10

A.Giannuli, Pensione a 65 anniultima modifica: 2010-08-03T10:08:25+02:00da mangano1
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