Mauro Ilontra, Vivere in una bolla

da www.francamente

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VIVERE IN UNA BOLLA – RIFLESSIONE SUL NOSTRO RAPPORTO COL COMPUTER-
Post aggiunto da Mauro IlLontra il 24 Agosto 2010

Per questa chiacchierata tra amici al bar, partiamo da “Avatar”, il recente film di James Cameron.
Non entro nel merito della critica cinematografica, (a me non è dispiaciuto, un po’ “popcornoso” e un po’ troppo Pocahontas…ma ti crea un altro mondo WOW! Soffro di sindrome di Peter Pan e adoro i territori fantastici vergini!), ma rubo alla trama una METAFORA straordinaria.
Cameron è il primo regista, per quanto ne so io, che applica alla sceneggiatura filmica la dinamica psichica dell’utente di P.C. e di siti Web e il suo rapporto con la macchina informatica.
Come molti di voi sanno, Jack Sully, un ex-marine paraplegico, attraverso una speciale capsula Interfaccia, viene collegato tramite un Coma Onirico e il suo sistema nervoso, ad un corpo Avatar alto 3 metri; un essere azzurrognolo composto di una parte del suo DNA e di una parte di un indigeno della tribù dei Na’Vi, nativi del pianeta Pandora, dove è ambientato il plot.
L’allegoria è trasparente: quando Jack è in coma nella capsula Interfaccia, vive straordinarie avventure con i NA’Vi su Pandora; quando l’Avatar s’addormenta o sviene –i cattivoni di turno si daranno da fare, ovviamente!-rientra nel suo corpo e ritorna ad essere paralizzato e intrappolato nell’asfittica capsula metallica.
Cameron si dimostra uno psicologo geniale della nostra era informatica contemporanea, e noi ne sappiamo qualcosa.
Quando indossiamo l’elmo fatato del nostro Avatar cyberletterario e quando manovriamo la nostra mistica tastiera, ci sentiamo dei semidei e degli eroi splendidi e vitali; quando torniamo nei nostri corpi reali e spegniamo la nostra scatoletta magica, molto spesso-parlo per me, come sempre- ci sentiamo avviliti e con le gomme flosce.
Chiamo questa sindrome il VIVERE IN UNA BOLLA.

E’ tempo che qualcuno si cimenti nel descrivere i pericoli di questo modo di vita e lo farò con una premessa: quanto segue serve per usare il P.C. in modo più equilibrato, e non per gettarlo in un mucchio di letame e tornare a coltivare le barbabietole e ad accendere il fuoco sfregando due stecchini!
Essendo spesso anch’io un intossicato da computer, ritengo di potervi fornire dei pensieri utili e terapeutici. Andiamo.

L’eccesso di accesso al Web nuoce gravemente alla spontaneità.
L’essere umano è costituito dalla Natura per una vita in cui stimoli esterni e attività spontanee siano in EQUILIBRIO.
Gli organi di senso ricevono passivamente gli stimoli sensoriali; il cervello, la voce, le braccia e le gambe e i genitali sono destinati prevalentemente a dinamiche volontarie.
La nostra vita attuale vede un prevalere degli stimoli artificiali sugli andamenti autonomi.
Tutto questo è un grave segno di decadenza vitale.

Noi parliamo con le altre persone in carne e ossa molto meno di quello che facevano i nostri padri e i nostri nonni e diamo più importanza al linguaggio scritto che a quello PARLATO.
Oggi si pensa: ciò che io dico, posso anche scriverlo, e non soltanto sarà la stessa cosa, ma acquisterà grazie al P.C. un’importanza maggiore.
L’affidarsi completamente a questa mistificazione conduce le persone all’isolamento sociale.
L’essere umano attuale scrive i suoi pensieri e le sue poesie a si aspetta la gloria da parte di molti –un’illusione spettrale- o una risonanza almeno nei pochi.
Ma questi pochi o non leggono, o leggono l’autore quando è deceduto o è stato internato in un reparto psichiatrico –vedasi Alda Merini-.
Questo isolamento in parte è imposto dal Sistema Consumistico, per schiavizzarci con i suoi prodotti ma in parte scaturisce da un atteggiamento masochistico non consapevole dell’autore stesso.
Se parlasse invece di scrivere non sarebbe isolato e sarebbe libero, fuori dalla capsula Interfaccia e dal suo corpulento Avatar azzurro cielo!

L’ideale contemporaneo è: “Meno ci si sforza e meglio è.”
Vale a dire il culto della pigrizia psicosomatica totale.
Lo sviluppo delle macchine ha talmente moltiplicato gli stimoli e le informazioni esterne da ridurre drasticamente le vitalità autonome della persona.
I bimbi vengono educati ad aspettarsi che l’esterno vada a loro: tutto scontato e tutto ottenuto e che il loro apporto al vivere deve essere il minimo possibile, come il premere il pulsante di una tastiera.

Detto questo amici, siete scollegati dal vostro Avatar e vi ho tirato fuori dalla capsula Interfaccia.
Vi ho magari infastidito, lo so, e già qualcuno di voi si prepara a tirarmi una pedata negli stinchi.
Ma ora i vostri occhi sono aperti! Siete liberi!
Non vi ho fatto scoppiare la bolla per malignità, credetemi: il mio è un atto di profonda amicizia, un volervi stringere la mano per sentire il calore delle vostre vene che pompano il fiotto sanguigno della vita!
E se avete trovato il pezzo di vostro piacimento e di qualche utilità, scrivetemi solo un semplice grazie e andate a farvi una bella passeggiata e respirate l’aria a pieni polmoni!
Questo mi darebbe gioia!
Andate, le vostre catene sono spezzate e giacciono in frammenti, nella polvere; e dopo un’ora di buon passo ritornate su Francamente a postare la vostra vita.
E se mentre camminate sorridete, io sorrido con voi.

Mauro Ilontra, Vivere in una bollaultima modifica: 2010-08-26T19:08:49+02:00da mangano1
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