Serena Danna,Spazi pubblici? Noi li usiamo

Spazi pubblici? Noi li usiamo
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di Serena Danna

Se è vero, come ha affermato su queste pagine lo scrittore Christian Raimo, che l’industria culturale italiana poco concede ai giovani di idee e di buona volontà; allo stesso modo, anche in Italia c’è chi, nonostante l’impasse e lo scoramento, uno spazio pubblico per fare cultura se l’è conquistato da solo. Storie di entusiasmo e di imprenditoria che sono diventate modelli di riferimento per chi vuole “fare cultura”. Oggi ve ne proponiamo alcune.
minimum fax

Per quanto ambiziosi e sognatori, Marco Cassini e Daniele Di Gennaro non avrebbero mai immaginato che da una rivista distribuita via fax, sarebbe nata una casa editrice, capace di avere un libro (“Acqua in bocca” di Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli) al primo posto in classifica per tutta l’estate del 2010.
È successo, e la casa editrice che conserva nel nome la storia delle sue origini 1.0, è riuscita in tredici anni a rosicchiare alle grandi casi editrici uno 0,5% di mercato destinato a crescere.
Cassini, che oggi ha 40 anni e ha accettato di essere definito un “imprenditore”, racconta che il punto di svolta, arrivato nel 1997, a tre anni dall’apertura, è stato l’acquisizione dei diritti dello scrittore Raymond Carver: «A quel punto abbiamo capito che era arrivato il momento di togliersi i calzoni corti». All’acquisto di Carver, «realizzato senza una lira in tasca», segue la scelta di affidarsi a un grande distributore, la Pde. «L’ostacolo maggiore nel panorama editoriale romano degli anni Novanta era costituito dall’accesso: oltre ai grandi, c’erano solo Editori Riuniti, Stampa Alternativa ed E/O a giocarsi le piccole quote di mercato che restavano». Cassino e Di Gennaro fanno scelte giuste: si concentrano su nomi stranieri underground, portano in Italia David Foster Wallace Lethem, Rick Moody, Dave Eggers; ripubblicano maestri intriganti spesso trascurati dal mainstream (da Carver a Bukowski), per passare poi al rischioso scouting di voci nuove nel panorama italiano.
Oggi minimum fax è una macchina culturale dove lavorano venti persone, che punta a chiudere il 2010 con un fatturato di oltre f 4 milioni di euro : u fn network che produce corsi di scrittura, di editoria e cinema, che ha una libreria, un blog letterario molto seguito, e promuove esperienze di lettura live .

Linda Di Pietro il sabato mattina si sveglia alle 7 per lavorare, scelta obbligata per chi vuole fare la rivoluzione culturale a Terni.
Cinque anni fa organizzava eventi come freelance tra la Toscana, dove ha studiato Comunicazione, e Milano, dove ha conosciuto Massimo Mancini che all’epoca dirigeva il Crt, una delle realtà più sperimentali del teatro in Italia. Oggi, a 32 anni, è amministratore unico di Indisciplinarte, una srl che gestisce il Caos, Centro Arti Opificio Siri: spazio di 6mila metri quadri dove lavorano 45 persone. E, di notte, sogna di fare di Terni la capitale della cultura europea nel 2019.

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Insieme a Massimo, nel 2006 torna nella provincia umbra che le ha dato i natali per organizzare il primo festival di arti performative Es.terni che, in un reperto di archeologia industriale, ospita 7mila persone durante la prima settimana. L’esperienza è così felice che un’ assessore alla cultura 40enne decide di scommettere sui ragazzi e di trasformare quello che era un deserto museo civico in «una cittadella della cultura». Oggi il Caos ha un museo di arte contemporanea, una sala teatrale di 900 posti, una libreria, laboratori per la letteratura, e fa network con le realtà più interessanti del paese: per esempio con il gruppo G-Arch, che riunisce architetti under 40, nel 2009 ha organizzato, in concomitanza con la quarta edizione di Es.terni, un festival dell’architettura in diversi luoghi della città. «Con le dismissioni delle acciaierie che hanno segnato per anni la sua identità, Terni sta cercando un nuovo volto, noi crediamo che la cultura possa essere una via per la ricerca».

Casa Sonica
Adesso che il progetto Casa Sonica non c’è più, il musicista e produttore Max Casacci, che dello studio di registrazione – che ha rivoluzionato il modo di pensare e fare musica – è stato anima e fondatore, fa i conti con la storia. Perché «se i Baustelle riescono a restare “indie” pur lavorando con la Warner e gli Afterhours possono andare a Sanremo senza per forza partecipare anche al Festivalbar, il merito è anche di quell’esperienza», afferma Casacci. Lo studio di registrazione riunisce, nei primi anni Novanta, alcuni dei musicisti più innovativi della scena torinese, dai Mao Mao agli Africa Unite: tra le sue pareti nascono i Subsonica (di cui Casacci è chitarrista e fondatore), un’etichetta discografica, la Mescal, che ancora produce realtà alternative (tra i recenti: Sikitikis, LNRipley, Postal_m@rket) e la consapevolezza che, «sfidando le logiche classiche del mercato discografico, decide di scommettere sulle esibizioni live». In meno di dieci anni, uno spazio nato per «registrare senza fretta e tra intenditori la propria musica», si occupa di produzione, ricerca e management di gruppi musicali. Si rompe per “tensioni interne” ma dimostra che, anche prima di internet, si potevano creare nuovi percorsi discografici.

Nero Magazine
Agli inizi del 2000 il 24enne Francesco de Figueiredo era uno dei ragazzi più corteggiati della Sapienza di Roma ma, proprio in quegli anni, decide con Luca Lo Pinto, Valerio Mannucci e Lorenzo Micheli Gigotti di fondare una rivista gratuita che raccogliesse «contenuti culturali underground» con un occhio alla musica e un altro all’arte.
Nel 2004 Nero Magazine, una delle realtà editoriali più consolidate a livello europeo, nasce così: quattro universitari, 48 pagine in bianco e nero e una tiratura di 10mila copie. De Figueiredo racconta che per i primi tre anni il gruppo ha lavorato molto sui contenuti della rivista, «facendo un grande lavoro di scouting» e affidando le cover e servizi del magazine ad artisti, via via più importanti, come il gallese Cerith Wyn Evans e la trevigiana Lara Favaretto. «Dopo tre anni abbiamo capito che era impossibile sopravvivere solo con la pubblicità, quindi abbiamo deciso di usare Nero come biglietto da visita e proporci come consulenti e produttori». L’operazione è riuscita, visto che attualmente il gruppo (che ha imbarcato altre persone negli anni) fa consulenza per il Festival Dissonanze di Roma, il Museo Macro, e produce cataloghi di arte. Intanto “il biglietto da visita” è arrivato a 80mila copie distribuite in tutto il mondo.

serena.danna@ilsole24ore.com
twitter@24people

Serena Danna,Spazi pubblici? Noi li usiamoultima modifica: 2010-10-19T15:24:05+02:00da mangano1
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